Il progetto ambientale di morfogenesi
Il sacro e il profano
Pali e segni di confine
C. Norberg-Schultz
Lo spazio esistenziale
Sull'amorfismo
Norberg-Schultz sul centro
Cromlech
Henge ed hinge
Stonhenge complete
Sarsens
J. Aubrey
Heel stone
Sulla datazione
Slaughter stone
Lintel
Altar stone
Modelli tridimensionali
Temenos
Fiabe e percorso
Oralita' e scrittura
Tholos e santa Cristina
Chiesa e basilica
santa Costanza
Misteri medievali
La cerimonia del te'
C. Soddu - E. Colabella, Il progetto ambientale di morfogenesi,
C. Soddu - E. Colabella, op. cit. pag.9
C. Soddu - E. Colabella, op. cit. pag.190
C. Soddu - E. Colabella, op. cit. pag.192
Mircea Eliade ritiene che le ierofanie
siano la prima manifestazione specificatamente spaziale del sacro.
Nella loro varieta', dall'avvistamento di un'aquila alla caduta di
un fulmine ad un decesso, le ierofanie attribuiscono comunque un
carattere unico di ieraticita' al luogo: creano un punto nello spazio.
Creando il punto, e la sua area di influenza con esso, si crea per
contrapposizione anche l'altro da esso, lo spazio profano.
Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino 1967
Un primo esempio di questo processo puo' essere dato da alcune
procedure della comunita' tribale australiana degli Arunta.
Riportiamo da "Terminus", di G. Piccaluga. Gli Arunta consacrano il
loro territorio con un semplice palo. Degno di nota e' che questo
palo e' mobile e viene innalzato in accordo con lo spostarsi dei
territori di raccolta e di caccia: segue la comunita' e offre sempre
la sicurezza dell'abitabilita' del territorio circostante, agendo
come asse cosmico in perenne mutazione.
E' un segno, questo del
palo, di un immagine cosmologica molto diffusa: il pilastro della
realta' che sostiene il cielo stesso e' presente sia tra le
popolazioni della Gallia preromana che nell'India vedica che tra i
nativi americani, con un ampio variare delle forme materiali in cui
viene manifestato. Un palo sacro con una funzione maggiormente
legata alla stabilizzazione nel tempo era presente tra le
popolazioni che abitavano la valle del Nilo.
Il pilastro Djed,
questo era il nome, assicurava la ciclicita' dei versamenti alluvionali
delle acque, agendo di conseguenza anche come stabilizzatore
nello spazio, garantendo il possesso di quelle terre che il fiume
scopriva per il periodo del raccolto.
C. Norberg-Schultz, Esistenza spazio e architettura, Officina
edizioni, Roma 1982
Per l'uomo, dice ancora Eliade , "la rivelazione di un luogo
sacro ha valore esistenziale. Nulla puo' avere inizio,nulla puo'
realizzarsi senza la premessa di un orientamento, ed ogni
orientamento implica l'acquisizione di un punto fisso".
Raggiungere un centro, un punto fisso, significa quindi arrivare ad una
consacrazione, una iniziazione e la ricerca di un centro diventa
percio' in quest'ottica fondamentale nella esistenza dell'uomo.
L'amorfismo, la mancanza di significato dello spazio suscitano
apprensione, in quanto la non misurabilita' e la conseguente mancanza
di controllo esaltano il senso di disorientamento, ed espongono
l'uomo a tutti i rischi, fisici e magici, dell'ignoto.
C'e' un bisogno primario di un luogo sicuro, spazio apotropaico e sacro.
Il concetto di centro e' sviluppato ampiamente anche da Christian
Norberg-Schultz, e viene da questi ricondotta al modo eminentemente
soggettivo in cui l'uomo esperisce il mondo.
Lo spazio dell'esistenza
umana e' uno spazio radiante, e la stessa dimensione limitata del
noto si adatta alla centralizzazione: questo significa che da un
punto di vista percettivo un luogo e' e resta per Norberg-Schultz
fondamentalmente rotondo.
Solo successivamente gli schemi
topologici elementari dello spazio esistenziale evolvono, sempre
secondo Norberg-Schultz, dal semplice rapporto di vicinanza ad un
modello piu' strutturato caratterizzato da continuita' e recinzione.
La topologia, ancora secondo Norberg-Schultz, non tratta di distanze
permanenti, o di angoli ed aree, ma di rapporti di vicinanza tra
spazi ed oggetti, separazione, successione, recinzione e continuita'.
Allo stesso modo la direzione verticale, l'ascendere e il
precipitare, assumono particolari accezioni in questo modello.
La verticale infatti, da sempre considerata l a dimensione sacra dello
spazio, rappresenta il percorso verso una realta' diversa da quella
della quotidianita'. L'axis mundi non e' solo il centro della terra:
rappresenta anche il piu' importante nesso tra le zone cosmiche della
esistenza. Assieme al centro, il percorso costituisce una
caratteristica fondamentale dell'esperienza umana e rappresenta uno
dei grandi simboli delle origini.
Altri esempi conosciuti sono il Devil's Den, nei pressi di
Avebury, Silbury Hill, i Durrington Walls, la Robin Hood's Ball. Di
questi Stonehenge e' quello che ha richiesto piu' ore di lavoro per la
realizzazione, circa 30.000.000 a cavallo del tardo Neolitico.
In
generale tutta l'area del Wessex meridionale, in un quadrato ideale
di non piu' di sessanta chilometri di lato, conserva tracce
importanti di lavori di stabilizzazione.
Il significato di "henge", o "hinge", nell'inglese medievale era
quello di un grande recinto circolare aperto ma con fossato,
contenente all'interno una o diverse costruzioni in legno a
pianta circolare, con struttura portante costituita da piu' file
concentriche di grossi pali verticali.
Questi edifici erano
generalemente coperti da uno o piu' tetti anulari ed avevano un
diametro che poteva arrivare ad una quarantina di metri.
Stonehenge, l' "henge" di pietra, era all'epoca considerato
luogo costruito ed infestato dagli antichi spiriti pagani della
zona, nonch‚ per buona misura "pascolo del demonio". Un'altro
possibile significato del termine "henge" e' riportato da C.
Chippindale in Stonehenge complete, e richiama invece il verbo
"to hang", appendere, sospendere.
Il luogo megalitico sarebbe
secondo questa lettura il posto delle "hanging stones", le
pietre sospese, identificate con i triliti esterni.
C. Chippindale, Stonehenge complete, Thames & Hudson, London 1994
C. Chippindale, op. cit. pagg. 182 e seg.
Il termine "sarsen", peraltro non citato dal Collins Vocabulary,
sta ad indicare un particolare tipo di pietra arenaria di colore
grigio rossastro. Qui indica anche i singoli monoliti del
complesso.
Piu' avanti si e' deciso di non tradurre del pari il
termine "bluestones", per l'impossibilita' di identificare
univocamente in italiano il tipo di roccia.
John Aubrey, 1626-c.1692. Autore di una delle prime ricerche
documentate, svolta in loco, su Stonehenge. Riportata nei Monumenta
e poi inclusa nella Britannia di E. Gibson, 1695.
Letteralmente "pietra del tallone". I nomi risalgono per la
maggior parte alla fine del XVIII e all'inizio del XIX secolo, e
sono adottati per convenzione.
Lo stesso Chippindale, op. cit., cap.17, rileva come nella
stesura delle fasi, diversi posizionamenti e crolonologie
riguardanti le station stones e alcuni dei triliti esterni sono
alquanto arbitrarie. Le indicazioni sono quindi di massima e
variano in accuratezza.
La "pietra del macello", a causa del forte colorito rossastro di
alcune risalite superficiali di sali ferrosi.
"Lintel" deriva secondo Chippindale dal latino "limen", proprio
per la valenza di soglia, confine, che l'orizzontamento assume.
Ovviamente la "pietra dell'altare".
Dettagliatamente documentato alla pagina "La costruzione dei modelli
tridimensionali"
J. Le Goff, Tempo della chiesa e tempo del mercante, Einaudi Torino 1984
Si tratta di fiabe del disorientamento spaziale, di cui non
mancano esempi cospicui nemmeno nella tradizione araba ed orientale,
e che incominciano a venir meno mano a mano che la invenzione del
tempo meccanico si afferma: Cenerentola, fabula piu' tarda, e' un
racconto in cui il solo elemento temporale e' importante ai fini
dell'evento drammatico.
W. Ong, Oralita' e scrittura, Il mulino Bologna 1986
Come invece si ha nel complesso ipogeo di Santa Cristina in Sardegna.
La differenziazione sta nel come viene interpretato lo spazio
del luogo sacro. Se la basilica e' comunque una rivisitazione della
strada forense romana, sostanzialmente indifferenziata, la chiesa e'
uno spazio orientato e gerarchizzato, ordinato per eventi.
Come nel cerchio sacro di Santa Costanza a Roma, ad esempio.
A. Nicoll, Lo spazio scenico, Bulzoni Editore Roma 1971
K. Komparu, The Noh Theater, Weather Hill New York, Tokio, 1983