Il paradigma indiziario

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"Quando procedo verso l’uscita di una stanza stò già lì e non potrei andarci se già non ci fossi."
[M.Heiddeger, "Saggi e discorsi"]


Secondo K. Lynch "l’immagine ambientale funziona essenzialmente da incitamento ad una mobilità determinata da uno scopo, e il terrore di perdersi in un organismo mobile dipende dalla necessità di orientarsi nel suo ambiente" (nota 1). In altre parole la mobilità presuppone una immagine strutturata dell’ambiente, cioè un sistema relativamente stabile fatto di schemi percettivi o di immagini.
Descrivere dettagliatamente questa particolare struttura, significa occuparsi di due aspetti, uno "astratto" che consiste negli schemi più generici di tipo topologico o geometrico, ed uno "concreto" che riguarda invece la presa di possesso di elementi e caratteri ambientali quali il paesaggio, l’ambiente urbano, gli edifici e le cose fisiche.
Gli psicologi hanno dimostrato che le strutture elementari sono interpersonali e che lo sviluppo degli schemi segue un corso normale.
Lo spazio del bambino ad esempio può essere descritto come una "collezione" di spazi separati, ognuno interamente concentrato su un’attività singola. Le prime relazioni, che mettono ordine tra questi spazi, hanno una natura topologica e sono prestabilite ancor prima della costanza di forma e misura.
La topologia non tratta di distanze permanenti, angoli, aree, ma si basa su rapporti di vicinanza, separazione, successione, recinzione (dentro - fuori) e continuità (nota 2). Agli inizi gli schemi topologici sono legati alle cose stesse. L’ordine più elementare ottenuto è basato sul rapporto di vicinanza, ma la "collezione" così stabilita si evolve ben presto in totalità più strutturate, caratterizzate da continuità e recinzione (nota 3) .

Queste relazioni topologiche necessarie all’individuo per orientarsi, sono divenute per noi la metafora del primo paradigma indiziario ossia dell’ipotesi soggettiva di organizzazione di tutti gli elementi per la costruzione della nostra logica progettuale.

Inizialmente abbiamo operato costruendo concettualmente sequenze di eventi primari che strutturano la transizione da un punto all’altro dello spazio ambientale, cercando di definire le modalità di come ci si avvicina ad una destinazione e come si passa da uno spazio ad un altro.
Per questo abbiamo riconosciuto e successivamente definito quattro unità elementari come elementi costituenti la nostra struttura spaziale, intese come schemi organizzativi topologici semplici.
Gli elementi del paradigma indiziario sono stati identificati evidenziandone i caratteri di riconoscibilità come PORTA - PERCORSO - INTERFACCIA - META successivamente letti in sequenza.
Siamo arrivati alla determinazione della "successione di elementi" o "matrici topologiche" per identificare uno strumento di controllo che ci fornisse una sorta di "regola" per il riscontro di come procedere nelle fasi successive del progetto.
Per questo abbiamo analizzato tre esempi tratti dal nostro primo immaginario operando per ognuno una lettura per sequenze di spazi/eventi. La scelta degli esempi è stata operata sulla base del tutto soggettiva delle influenze suscitate dall’immaginario di riferimento, con il solo criterio di individuare e di dimostrare l’esistenza di differenti relazioni topologiche all’interno degli stessi.
Il concetto di sequenza è stato inoltre utilizzato a posteriori nell’interpretazione del racconto di Siddharta, dal quale abbiamo tratto una sequenza ordinatrice per orientare secondo un determinato ordine i diversi elementi del nostro percorso.




Gli eventi che strutturano lo spazio esistenziale/architettonico: porta, percorso, interfaccia, meta.

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"L’universo sembra essere costituito di un insieme di sistemi, ciascuno dei quali è contenuto in un sistema maggiore,.....Un sistema è un insieme di parti interconnesse....Ma ciascuna parte pùo essere considerata come un sistema in se stessa.....e l’intero sistema può essere considerato come parte di un sistema più esteso...."
[Stafford Beer , "Cybernetics and Management" (nota 1) ]



"Pianta di Campo del Sole sul lago Trasimeno."


Lo spazio esistenziale i cui elementi ci accingiamo a definire , si presenta su parecchi livelli gerarchici determinati dall’ambiente e dalla costituzione dell’individuo, i maggiori riguardano la geografia, il paesaggio, il livello urbano, la casa. In termini più generali, lo spazio esistenziale può essere descritto come una totalità simultanea.
Le "mete" possono stare una dentro l’altra, come quando si pensa a diversi luoghi noti della città che in quanto totalità funziona essa stessa da centro in un contesto più ampio, o come quando si considerano i vari "luoghi" e "fulcri" di una casa. Ciò significa che i livelli si contengono reciprocamente. Ad ogni livello le "mete" sono connesse mediante percorsi, i domini dunque possono contenere dei sottodomini , oltre alle mete e ai percorsi.
In generale possiamo dire che lo spazio esistenziale è formato da vari sistemi che si sovrappongono, si penetrano e interagiscono a vicenda .

L’elemento che fa’ da "supporto", alle figure più pronunciate della porta, dei percorsi, delle interfacce e delle mete, e che quindi si presenta come un territorio relativamente strutturato, può essere definito "dominio" . Più in generale , possiamo dire che "i percorsi" dividono l’ambiente dell’uomo in aree più o meno conosciute. I domini conosciuti sono circondati da un mondo relativamente sconosciuto.
Sotto un certo aspetto i domini sono "mete", in quanto, e lo vedremo più avanti, definiti da chiusure o da prossimità e dalle analogie degli elementi costitutivi. Comunque la distinzione fra meta e dominio è utile, dato che l’immagine ambientale dell’uomo comprende anche aree cui egli non appartiene e che non funzionano da mete.
Quando pensiamo al nostro paese o alla terra in genere, intendiamo anzitutto come domini i deserti, le montagne, o i laghi, che formano un mosaico continuo. Questi domini "naturali" si combinano con quelli politici ed economici, creando dei "patterns" più complessi. Per le loro caratteristiche generali, i domini operano come luoghi potenziali di attività umane. La presa di possesso dell’ambiente implica la strutturazione in domini, mediante percorsi e mete. I domini possono essere definiti in modi diversi, talvolta sono delimitati da forti elementi naturali, come spiagge, fiumi, colline, quelli che Kevin Lynch definisce "margini".
"I margini sono degli elementi lineari, non considerati percorsi, che in genere, costituiscono il confine tra due tipi di aree"(nota 2) .
Talvolta i domini vengono definiti da particolari attività umane, svolte in aree, quali la coltura dei campi o l’abitazione, che nello stesso tempo si prestano a creare una certa "tessitura". Anche le condizioni sociali possono determinare il carattere di un dominio, come dimostra la distinzione tra quartieri di molte città. Spesso fattori diversi contribuiscono a rinforzare l’immagine di domini differenziati. E’ quindi evidente che l’immagine del dominio è influenzata da fattori sociali e culturali, ossia dagli elementi fondamentali dell’orientamento dell’uomo.
Possiamo concludere dicendo che il dominio ha funzione unificatrice nello spazio esistenziale.




LA PORTA
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"Qui terminava la Via Elfica proveniente dall’Agrifogliere. L’agrifoglio era il simbolo del popolo di quella contrada, ed essi lo piantarono qui per indicare la fine del loro territorio."

"Egli avanzò verso la parete. Nello spazio tra le due ombre degli alberi, vi era un posto liscio ove fece scorrere le proprie mani avanti e indietro.... Quindi indietreggiò d’un passo......, poi d’un tratto balzò in piedi,.. dicendo con voce limpida "mellon". Silenziosamente apparvero i contorni di una grande porta, di cui prima non era visibile alcuna fessura . Si divise lentamente nel mezzo, e sempre lentamente si aprì verso l’esterno, finchè i due battenti poggiarono contro la rupe. Dall’apertura si poteva intravedere una scala buia arrampicarsi ripida; ma oltre i primi gradini l’oscurità era più profonda della notte. La Compagnia guardava allibita."
[Tolkien J. R. R., "Il Signore degli anelli"]


La transizione da un dominio all’altro si concretizza attraverso l’elemento porta. In natura essa compare sotto forma di uno stretto o di un passo, e a livello urbano come la porta cittadina, simbolo della transizione appunto dalla natura alla civiltà.
"Giunsero infine ad un bianco ponte, al di là del quale si aprivano le porte della città, poste tra due bracci delle mura che in quel punto si prolungavano affacciandosi, in modo che tra essi si formava un corridoio. I viaggiatori entrarono, e le porte si chiusero alle loro spalle. Percorsero un viale incassato fra i bracci delle mura, ed entrarono in città" (nota 3).
La storia dell’architettura illustra la necessità dell’uomo, sia fisica che psichica di definire il suo ambiente come un "agglomerato" di domini, e la scienza della geografia deriva gran parte del suo contenuto dalla stessa origine.
Anticamente, il passaggio attraverso questo varco costituiva di per sé un atto religioso. La porta era un insieme di elementi (volta, imposte, cardini, battenti, soglia), ciascuno dei quali era posto sotto la protezione di una specifica divinità.
Questa schiera divina era capeggiata da Giano, che della porta era la personificazione e che era anche il Dio di ogni inizio o apertura. Poiché le aperture entro le mura e i confini collegano due spazi, quello interno e quello esterno, Giano aveva due facce, ma era anche bifronte in quanto era contemporaneamente benevolo e infesto.
La natura mostruosa di questo Dio bifronte, che è al tempo stesso vecchio e giovane, custode della guerra e della pace, anziana divinità benevola e demone spaventoso dal volto di grifo o di leone, lo apparenta ad altri mostri della mitologia classica, come le sfingi, le arpie o il Minotauro. Il suo tempio ha la forma , del tutto peculiare, di un "corridoio" (probabilmente coperto a volta) (nota 4) che si apre verso due direzioni opposte, in quanto rappresenta il passaggio da una condizione a un’altra: dall’interno all’esterno.
Le porte delle città e delle fortezze - come quelle del mondo sotterraneo - erano spesso custodite da mostri e da esseri favolosi, rappresentati in sculture o rilievi: leoni, grifi, tori, uomini - scorpione, uomini dalla testa leonina o taurina, donne - leonessa. Queste ultime talvolta alate, corrispondono al tipo della sfinge egizia.
In essa il rapporto tra mostruosità e normalità è invertito rispetto a Giano, in quanto è umana la testa mentre sono mostruose le altre parti.
Ancora una volta siamo d fronte a una forma ricorrente della mitologia e della religione arcaica: un essere mostruoso che è alla guardia di una porta e propone un enigma.
"Il sentiero percorreva una striscia orizzontale ai piedi di una bassa rupe,.... all’improvviso due alti pali bianchi giganteggiarono sulla loro destra..... nella parete rocciosa si apriva una porta: si fermarono tutti". (nota 5)




IL PERCORSO
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"A Gandalf, i ricordi lontani di un viaggio fatto molto tempo addietro erano adesso di poco aiuto, ma persino nelle tenebre, e malgrado le curve del sentiero, egli sapeva dove desiderava andare, e non esitava un attimo, finché vi era una strada che conducesse verso la sua meta."
[Tolkien J. R. R., "Il Signore degli anelli"]



Leonardo Eulero, "Problema dei ponti di Konigsberg."


La presa di possesso dell’ambiente significa sempre, per l’individuo, un allontanamento dalla dimora d’origine ed un percorso nella direzione determinata dal suo scopo e dall’immagine che egli ha dell’ambiente. L’individuo "avanza" o "indietreggia".
Il termine "avanti" rappresenta così la direzione dell’attività dell’uomo, mentre "indietro" sta ad indicare la distanza da lui percorsa. Talvolta il cammino lo conduce verso una meta sconosciuta, o indica solo una direzione preferenziale, che gradualmente si dissolve in una distanza sconosciuta.
"Il percorso costituisce perciò una caratteristica fondamentale dell’esistenza umana ed è uno dei grandi simboli delle origini" (nota 6). I movimenti dell’individuo vanno anche a ritroso e il percorso contiene quindi sempre una tensione fra il noto e l’ignoto.
Sia come percezione che come schema, ogni percorso è caratterizzato dalla continuità ed è inteso come successione lineare.
Anzitutto si presenta come direzione da perseguire per raggiungere la meta, poi durante il cammino si producono degli avvenimenti ed esso viene sperimentato anche in rapporto ai suoi caratteri particolari.
"La via è anche il luogo di micro-avvenimenti, che allontanano, attraverso minuscole sollecitazioni, l’individuo dalla sua linea di universo"(nota 7). Quel che accade "lungo" la via va ad aggiungersi alla tensione creata dalla meta da perseguire e dal retrostante punto di partenza(nota 8).
"Seguirono il viottolo per un certo tempo, ma procedevano cautamente, e la loro ansietà crebbe quando si inoltrarono nei boschi scuri, dove il sentiero divenne più ampio e piano. Poi, di punto in bianco, all’uscita da una fascia d’abeti, lo videro scendere ripidamente in una scarpata e girare bruscamente a sinistra, aggirando una sporgenza rocciosa del colle" (nota 9).
L’architettura dell’antico Oriente, per esempio, si basa su movimenti circolari, che piuttosto che formare dei percorsi veri e propri, rinforzano l’aspirazione predominante per i luoghi statici.
Il carattere di un percorso può anche essere determinato dal rapporto che intrattiene con i luoghi: può condurre a una meta lontana dal punto di partenza oppure può formare un anello intorno al luogo, esprimendo "la rotondità dell’esistenza".
"Il sentiero smise di salire, proseguendo in pianura per un certo tratto. Gli alberi cupi si distanziarono e la strada continuò quasi dritta. A una certa distanza, più innanzi, si ergeva una collina verde e senza alberi. Il sentiero si sprofondò, ma riprese a salire, conducendoli infine ai piedi delle ripide falde del colle. Si inerpicarono su per innumerevoli giravolte, giungendo infine alla sommità" (nota 10).
La forma spaziale di tipo longitudinale, caratterizza anche le strade vecchie di alcuni centri storici. Mentre la chiesa sta a rappresentare un movimento ideale e presenta quindi una struttura geometrica, la strada è un percorso reale che serve alle azioni fisiche e sociali dell’uomo, meglio interpretate in termini di relazioni topologiche, nelle città del passato, angoli obliqui e linee curve creavano una prospettiva chiusa che ne ravvivava l’aspetto.




L'INTERFACCIA
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"Voltarono un gomito del fiume, ed un cigno maestoso apparve, scivolando sulle acque verso di loro."
[Tolkien J. R. R., "Il Signore degli anelli"]


Dalla combinazione del percorso con la meta, si crea un’area di transizione che nello specifico definiamo "apertura", ma che in generale riconosciamo come l’elemento interfaccia. La tensione tra le caratteristiche proprie degli elementi "longitudinalità" e "centralizzazione", fa sì che la meta in quanto forma chiusa, con l’introduzione della direzione che unisce interno-esterno, si protenda verso l’esterno e a sua volta l’esterno ne penetri il margine.
"Avevano camminato tanto che non potevano più proseguire senza un breve riposo, e stavano tutti pensando ad un posto adatto per dormire, quando improvvisamente le pareti sulla destra e sulla sinistra scomparvero. Vi era una forte corrente di aria più calda alle loro spalle , e davanti l’oscurità era fredda sul viso. Si fermarono, radunandosi preoccupati.... avanti a loro e da ambedue le parti si estendeva un immenso salone" (nota 11).

Individuiamo l’elemento interfaccia laddove si verifica un evento che implica un passaggio di stato, dalla cupa ombra alla grande luce, o come succede quando due percorsi si incontrano, dando luogo ad una biforcazione o un incrocio, che, "dettando pronunciate implicazioni esistenziali" (nota 12) , determinano un evento "la scelta".
"Stavano camminando da parecchie ore, quando Gandalf ebbe il primo serio scacco. Innanzi a lui un ampio arco buio dava su tre corridoi che conducevano tutti nella stessa direzione, verso est; ma il corridoio sulla sinistra si tuffava in basso, mentre quello a destra si arrampicava in su, e quello centrale pareva continuare dritto, liscio e pianeggiante ma estremamente stretto" (nota 13).


lo stesso principio vale per tutti quegli avvenimenti che si producono durante il cammino, e che individuiamo come caratteri particolari del percorso , cambi di direzione,
"Sam camminava al suo fianco, silenzioso, e guardava di tanto in tanto, con stupore negli occhi, le alte vette ad oriente. A una svolta incontrarono, seduti su un sedile intagliato nella pietra, Bilbo e Gandalf immersi in una conversazione" (nota 14)
cambi di livello, ostacoli lungo la via,
"Di là partiva però anche, sulla destra, un sentiero che serpeggiava poi tra le vecchie querce di un bosco. Non lontano dall’incrocio, l’enorme carcassa di un albero sbarrò loro la strada ; era vuoto, ed una grossa fenditura dal lato opposto alla strada facilitava l’ingresso. Vi strisciarono dentro , e si sedettero, riposarono e consumarono un pasto leggero" (nota 15)
o elementi forti che catturando l’attenzione, sono capaci di interromperne la direzionalità. Intervenendo anche per un solo istante a modificare lo stato originario, rompono l’unità dell’elemento, e ricavano dalla divisione l’area interstiziale definita interfaccia . Così, un breve tratto pianeggiante lungo una salita , si comporta come il pianerottolo di una scala , che interrompendo il movimento ascendente o discendente, offre una pausa, che può indurre alla riflessione o alla sosta.
"L’ampia scalinata era solida e intatta. Contarono duecento gradini, bassi e larghi, in cima ai quali trovarono un’entrata ad arco con pavimento pianeggiante che conduceva nel buio. "Sediamoci a riposare, e mangiamo qualcosa qui sul pianerottolo" (nota 16).




LA META
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"La luce aumentava man mano che avanzavano. Improvvisamente sbucarono fuori dagli alberi in un ampio spazio circolare. Guardarono con una certa sorpresa sulle loro teste il cielo limpido ed azzurro."
[Tolkien J. R. R., "Il Signore degli anelli"]



"Le mete sono "centri" o "fulcri" dove l’individuo sperimenta gli eventi significativi della sua esistenza"(nota 17) , ma sono altresì punti di partenza verso l’orientamento e la presa di possesso dell’ambiente. La frase "prender possesso" si riferisce anche ai luoghi che ci si aspetta di trovare o di scoprire per caso. Fin dall’inizio quindi, il centro rappresenta per l’individuo il conosciuto rassicurante, in contrasto con l’ignoto e il minaccioso che lo circondano, "è’ il punto in cui l’uomo prende posizione come essere razionale nello spazio, il punto in cui si sofferma e abita nello spazio" (nota 18).
Per definizione quindi, il luogo ha bisogno di un limite o di un confine marcato ed è inteso come un "interno" in contrasto con un "esterno" che lo circonda.
La dimensione limitata dei luoghi noti si confà spontaneamente ad una dimensione centralizzata. La forma centralizzata significa soprattutto "concentrazione", perciò un luogo è fondamentalmente "rotondo".
"Quando gli occhi di Frodo furono a loro volta scoperti, egli levò lo sguardo e rimase senza fiato. Si trovavano in una radura. Alla loro sinistra una grossa montagnola era ricoperta di verde, in cima, in una doppia corona crescevano due cerchi di alberi : al centro giganteggiava un albero" (nota 19).
La forma circolare consta di due elementi: un centro ed un circolo che lo circonda. Rudolf Schwarz ha descritto il carattere esistenziale di questi elementi: "... il circolo unisce l’uomo attraverso l’infinita catena delle mani. L’individuo è assorbito da una forma superiore che gli conferisce maggiore energia. Quando gli uomini si trovano d’accordo formano un circolo come per una legge segreta. Il circolo non ha né inizio né fine, comincia e termina dappertutto. Ricurvo in se stesso, è la figura più sincera, più forte e la più concorde. Con la mano nella mano gli uomini sono uniti dal circolo, anche se questo rapporto comune non li assorbe completamente. Gli occhi sono liberi. Dagli occhi emana la vita per poi ritornare satura di realtà. Gli occhi sono attratti dal centro che è il fulcro comune. La società assume così una forma più serrata. Ciascuno è ancora aperto verso l’interno, ma è completamente aperto solo verso il punto centrale. In questo centro gli individui sono uniti, non in maniera solitaria, poiché ogni essere sa che la vera strada verso il cuore degli altri passa per il centro. L’incontro diventa così un ritrovo nel centro comune di intesa: tra il centro e il cerchio si forma una stella attraverso cui gli uomini trasmettono la loro esistenza al mondo circostante"(nota 20).
Le nozioni di prossimità, centralizzazione e chiusura cooperano quindi a formare un concetto esistenziale più concreto, quello di meta, e le mete sono gli elementi primari dello spazio esistenziale.
Una questione di primaria importanza è la definizione architettonica di "centro". Abbiamo già dimostrato che centro significa la creazione di un luogo, o secondo la terminologia di Lynch, di un "nodo". Infatti egli dice: "i nodi sono quei fulcri strategici cui l’osservatore può accedere, che corrispondono a concentrazioni di particolare rilievo".
La prossimità determina un raggruppamento di elementi, ossia una concentrazione di masse. Infatti in tutta la storia dell’architettura è sempre presente la tendenza a sottolineare un luogo, per mezzo di una preponderanza di massa. La chiusura invece determina la distinzione di uno spazio dall’ambiente circostante. Spazi di questo genere esistono anche in natura, come le grotte. I riti di iniziazione dei Dogon si svolgono entro le grotte e il centro simbolico è ulteriormente accentuato da una massa all’interno: una pietra eretta a carattere fallico. In questo caso appaiono contemporaneamente i due simboli architettonici originari di luogo.
"A grande altezza da terra giunse infine su un ampio Talan, pari al ponte di una nave. Egli vi entrò e si trovò in una stanza ovale al centro della quale cresceva il fusto del grande albero"(nota 21).
D. Frey tratta estesamente del Mal - Motiv o "centro plastico". Egli spiega che l’elemento - massa esprime la condizione di essere in un luogo, a differenza del movimento centripeto o centrifugo, e che lo spazio risulta centralizzato dall’erezione di uno dei suddetti Mal. "Il motivo della figura eretta, ha con la rappresentazione scultorea del corpo umano, un rapporto equivalente a quello del Mal (meta) con la conformazione dello spazio architettonico.
In questo centro statuario o in questa meta, lo spazio stesso è sistematizzato come forma stazionaria" (nota 22).
"I loro piedi disturbarono un profondo strato di polvere sul pavimento, e inciamparono su alcuni oggetti giacenti sulla soglia, la stanza era illuminata da un grande pozzo che si apriva nella parte superiore della parete . La bocca del pozzo era inclinata verso l’alto, ed essi potevano scorgere, lontano lassù, un piccolo quadrato di cielo azzurro. La luce cadeva dritta su di un tavolo al centro della stanza : un unico blocco oblungo, alto circa mezzo metro, su cui posava una grande lastra di pietra bianca. Sulla lastra erano profondamente incise delle rune" (nota 23).
La capacità di una massa di servire da "centro", può essere illustrata dal termine "concentrazione". La concentrazione è una funzione della forma principale, come pure il trattamento dei dettagli. In genere la concentrazione è rafforzata da una superficie di delimitazione e dalla simmetria. La sfera possiede quindi la massima concentrazione. La concentrazione aumenta ancora con l’isolamento: quando una massa viene innalzata in rapporto all’ambiente circostante, si implica l’esistenza di un asse verticale, che catalizza l’organizzazione dello spazio.
Un luogo comunque non diventa un centro solo in quanto funziona da meta nello spazio esistenziale. Si è visto infatti come sia altrettanto importante considerarlo un "punto di partenza". La tensione tra forze centripete e centrifughe costituisce perciò l’essenza di ogni luogo.
"Ecco! disse, indicando col bastone il centro del pavimento. Innanzi ai suoi piedi videro un grande foro circolare, simile alla bocca di un pozzo.... vi erano molte nicchie scavate nella roccia delle pareti"(nota 24).
In tutti gli esempi summenzionati, il luogo è definito da proprietà topologiche. Bisognerà anche tener presente che in alcuni casi il fatto che il luogo sia decisamente dissimile dall’ambiente circostante, contribuisce a definirlo. Questo è valido tanto per gli insediamenti ad opera d’uomo, quanto per i luoghi "naturali". Alcune volte si assiste alla combinazione di un carattere particolare, con una decisa definizione topologica, nel qual caso si viene a creare quel che Lynch ha chiamato " un luogo distinto e indimenticabile".







Atomium, Città Proibita, Niaux : schede di lettura per sequenze di spazi/eventi.

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* Atomium museum

* Città Proibita

* Niaux, museo archeologico



Atomium Museum, Bruxelles (Belgio).

Progetto: Andrè Waterkeyn, A. Polak.
Tempi : costruito nel 1958 in occasione dell’ Expo come struttura permanente.

Descrizione
Costruzione in acciaio rivestita in alluminio che rappresenta una molecola di ferro ingrandita 165 miliardi di volte.
L’Atomium, alto 102 mt., è composto da 9 sfere, ognuna di 18 mt. di diametro, collegate da cilindri larghi 3 mt. provvisti di scale mobili e di un ascensore centrale. L’entrata e l’uscita coincidono nel cilindro posto sotto la sfera a livello terra.
Nelle sale attorno a quella centrale che è adibita ad auditorium, è allestita la mostra permanente ‘Biogenium’ sulla ricerca biologica. Dalla sfera più alta si ha una veduta panoramica della città di Bruxelles.

Lettura soggettiva
PORTA : l’ingresso, a sezione cilindrica, è posto alla base della struttura e funziona come elemento centrale di appoggio della "molecola". La struttura genera un itinerario che si sviluppa nello spazio e si compone di collegamenti costituiti da tubi cilindrici indifferenziati, i PERCORSI, che conducono verso centri di interesse, LUOGHI, dove si allestiscono le mostre, e si comportano oltre che come spazi della sosta contrapposti a quelli della circolazione, anche come incroci.
La connessione tra i due elementi che a livello strutturale avviene attraverso un collare che avvolge il cilindro, l’abbiano definita INTERFACCIA. E’ interessante notare l’analogia a livello formale con l’elemento porta anch’esso elemento di congiunzione in quanto "transizione tra domini diversi".



A. Wterkeyn, A. Polak, "Atomium Museum, vista frontale", Bruxelles 1958.

A. Wterkeyn, A. Polak, "Atomium Museum, prospetto retro", Bruxelles 1958.












Città Proibita, Pechino (Cina).

Descrizione
Orientata perfettamente su un asse nord-sud la Città Proibita, chiamata anche Città Proibita di porpora, racchiude il Palazzo Imperiale, ed è il nucleo centrale di forma rettangolare della città Imperiale (Pechino). Il color porpora, che simboleggia per i cinesi la stella polare, stava ad indicare che il palazzo era il centro cosmico o il centro dell’Impero, identificandosi l’imperium con la Cina e l’intero orbe terracqueo. L’orientamento della planimetria è in accordo con i punti cardinali che sono in numero di cinque perchè in Cina anche il centro (luogo del Palazzo Imperiale) è considerato un punto cardinale. Le mura che la circondano hanno la forma di un rettangolo Vi si accede da sud dalla Porta della Pace Celeste, a cui si arriva superando uno dei cinque piccoli ponti in marmo, e seguendo l’itinerario che prevede un percorso assiale lungo la direttrice sud-nord, sono posti i più importanti monumenti religiosi (templi, tombe).
E’ possibile attraversare la Città Proibita anche lugo gli assi laterali, paralleli a quello principale.

Lettura soggettiva
Un insieme di spazi conchiusi, recintati, posti uno dentro l’altro, a determinare lungo il precorso primario, assiale (da sud a nord), una successione di prospettive centrali. Varcando la porta di un recinto si trova uno spazio nuovo, più piccolo ma più interessante, che ci si lascia dietro per entrare in un altro spazio ancora più piccolo e più interessante. La gerarchia dei valori seleziona via via gli spazi nel tempo, cucendoli insieme in una precisa sequenza dosata e ritmata.



Pianta della Città Proibita, Pechino, (Cina).

Kevin Lynch, "Sviluppo del percorso nella Città Proibita." (nota 1).













Museo archeologico, Niaux (Francia)

Progetto: Massimiliano Fuksas, Jean Louis Fulcrand, Guy Jordan, J. Capia, Franco Zagari.
Tempi : 1988-’93

Descrizione
La grotta di Niaux, museo archeologico e naturale ospita importanti graffiti d’epoca preistorica. Lungo il pendio della montagna, nel dipartimento della Ariège sul confine occidentale tra Francia e Spagna esce a sbalzo con la forza del costruito una acuta forma aperta in acciaio trattato. Il percorso e il profilo seguono l’andamento naturale e, dopo la parte esterna a imbuto che si confonde in parte con una terrazza panoramica, si insinuano attraverso una lunga passerella sospesa fino all’interno della grotta.
Il metallo, al quale un procedimento autossidante ha conferito l’aspetto rugginoso, è infiammato e disposto a grandi e alti pannelli composti da elementi verticali intelaiati e montati lungo il doppio profilo del percorso in modo da lasciare tra loro uno spazio a taglio per traguardare il paesaggio. La struttura a ponte regge su plinti in c.a. e pilotis su cui poggia il piano di calpestio della passerella rivestita in legno.

Lettura soggettiva
Accesso al museo, PORTA. Si salgono dei gradini, costrizione psicomotoria, pausa, preparazione.PERCORSO di collegamento scomposto dai cambi di direzione, che si comportano da innesto tra elementi generando un campo che riconosciamo come INTERFACCIA.
La divisione viene accentuata, anche dal punto di vista materico, con la separazione delle pavimentazioni. Il ritmo di percorrenza viene scandito dalle quinte laterali discontinue che accompagnano il visitatore come in una sorta di percorso di iniziazione. Il campo dello sguardo non riesce ad inglobare l’intera struttura. Non c’è visione globale, per conoscere le "aperture" deviazioni bisogna seguirlo. L’angoscia è attenuata e calcolata in modo tale da mantenere il visitatore dentro un comportamento esplorativo che lo spinga verso la scoperta del luogo. Uno spazio semichiuso-semiaperto che rivela e nasconde allo stesso tempo (spazio del circolare).
META, sosta, (spazio del fermarsi).
PORTA , uscita metaforica (terrazzo panoramico) sull’infinito. Porta della conoscenza. Tema mitologico della figura alata custode della porta. Giano bifronte, Dio degli inizi a rappresentare il passaggio da una condizione ad un’altra, interno-esterno. (Essere mostruoso, che è a guardia di una porta e propone un enigma).



M. Fuksas, "Museo archeologico, vista esterna", Niaux (Francia) 1988-’93.

M. Fuksas, "Museo archeologico, prospetto, sezione, pianta", Niaux (Francia) 1988-’93.









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Questa pagina è stata progettata da Claudia Dalmino e Luigi Lattanzi (a.a. 1995-'96)
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