CAPITOLO III
L'IMMAGINARIO SOGGETTIVO DI RIFERIMENTO

3.1-Leonardo da Vinci "L'ultima Cena".
(rapporto centro di proiezione e soggetto rappresentato)

"L'ultima Cena" rappresenta un esempio di utilizzo della prospettiva davvero eccezionale.
Con quest'opera Leonardo riesce infatti a dimostrare come non sia possibile ridurre la rappresentazione pittorica ad una semplice composizione di linee e piani, cioè ad una rappresentazione perfettamente geometrica dello spazio visivamente percepibile.
Da qui la nuova importanza attribuita dall'autore a tutti quegli elementi che interagiscono con la composizione: la collocazione dell'opera, il punto da cui viene osservata, le caratteristiche spaziali dell'ambiente in cui è inserita, nonché le caratteristiche degli spazi architettonici rappresentati nel dipinto.
"Leonardo, che aveva fatto della corrispondenza tra il centro di proiezione e il punto di osservazione una regola, nella 'Ultima Cena' non applica questa direttiva" .Il centro di proiezione si trova all'altezza dell'orizzonte, cioè a MT. 4.60 sopra il pavimento attuale; mentre il punto di distanza (supponendo i cassettoni del soffitto di forma quadrata) è a 10 MT circa dal punto di fuga che corrisponde a 1/3 della lunghezza del refettorio.Questo fa sì che nessuna persona in condizioni normali sia in grado di osservare il dipinto dal centro di proiezione essendo questo troppo elevato.
L'idea di Leonardo per ovviare alle distorsioni delle viste spostate rispetto al centro di proiezione, fu quella di creare uno spazio che suggeriva una continuità architettonica tra il refettorio e la scena rappresentata, creando un particolare effetto di proiezione all'interno della scena da parte dell'osservatore.
Se si osserva il bordo superiore degli arazzi presenti nel dipinto, essi risultano perfettamente allineati con la decorazione a forma di finta balaustra presente sulla parete del refettorio e posta alla base delle nervature che scandiscono le dieci campate. Leonardo, quindi, oltre a definire un punto d'osservazione molto elevato, fece in modo che lo sfondo architettonico rappresentato nel dipinto "si armonizzasse con il refettorio in modo tale che il dipinto produrrebbe il suo effetto illusionistico solo qualora fosse visto all'altezza del suo inaccessibile centro di proiezione" .In tal modo si viene a creare una tensione, tra il punto di osservazione e il centro di proiezione, che, unita alla ricercata continuità tra l'architettura reale e quella virtuale, tende a spingere l'osservatore lontano dal punto di osservazione e verso l'alto nel tentativo di risolvere questa tensione. Il motivo di una tale scelta può anche essere interpretato tenendo presente che, essendo il dipinto sulla parete di un refettorio dove gli abituali osservatori, i monaci, ora in piedi ora seduti, erano dislocati in posti diversi l'uno dall'altro, "scegliere un punto di vista ad altezza d'uomo significava favorire una sola visione del dipinto, mentre collocarlo più in alto, significava porre gli spettatori, qualunque fosse la loro posizione, sempre nella medesima condizione" .L'altezza del dipinto e di conseguenza quella del punto di fuga consentono infatti allo spettatore, in qualsiasi posizione della sala si trovi, di vedere interamente il campo della pittura senza interferenze.La rappresentazione frontale degli elementi architettonici e dei personaggi, nonché la loro perfetta simmetria unita alla continuità tra lo spazio rappresentato e quello reale, riescono a creare una effetto spaziale che rimane invariato qualunque sia la posizione all'interno del refettorio.
Appare quindi evidente che Leonardo "abbia voluto dare a tutti gli spettatori la sensazione di partecipare alla scena, sensazione del resto confermata ed accentuata dalle figure degli apostoli che seppur lontani ed in alto, sembrano partecipare allo spazio del refettorio".Un ulteriore elemento di deduzione è stato l'uso della prospettiva applicato in questo dipinto; infatti il punto di fuga centrale si trova nel volto del Cristo, poco sotto l'occhio destro: in questo modo l'attenzione dell'osservatore cade in primo luogo sulla figura del Cristo che rappresenta il personaggio più importante della composizione.La volontà di evidenziare questo punto è sottolineata anche dalla presenza di numerosi elementi, sia nell'architettura della stanza (si veda ad esempio la particolare costruzione del soffitto a cassettoni che ricopre la stanza dove avviene l'ultima cena), sia nella particolare posizione dei personaggi rappresentati in modo simmetrico e raggruppati in gruppi di tre a "simboleggiare la Trinità Divina" .La scelta di porre il punto di fuga centrale in quel particolare punto è quindi un metodo efficace per dare importanza ad un elemento della rappresentazione, che diversamente verrebbe letto secondariamente.Anche le braccia aperte del Cristo, che sono la naturale continuazione delle linee del pavimento, sono un ulteriore elemento attraverso il quale Leonardo evidenzia il soggetto principale del dipinto.


3.2-Simone Martini " Il bambino azzannato dal lupo ".
(Differenti stereometrie tutte pertinenti alla trama del disegno)

Nella tempera di Simone Martini del 1328 viene rappresentata una città cinta da mura, che fa da sfondo alla scena del bambino azzannato dal lupo.
Se si prova ad individuare il punto di fuga degli edifici presenti nella rappresentazione, ci si rende conto che non è possibile individuarlo in modo univoco, infatti le linee di fuga degli edifici convergono in punti diversi .E' possibile invece ottenere una sequenze di punti di vista plausibili, con stereometrie accettabili.I punti di vista risultano disposti in sequenza lungo una linea; ciò fa pensare che la scelta di Simone Martini non sia stata casuale, ma abbia voluto creare una sorta di percorso di lettura del dipinto."Lo slittamento progressivo dei punti di vista all'interno della rappresentazione" può quindi essere letto come una intenzionalità di lettura dinamica dello spazio voluta da Simone Martini.Si possono quindi ipotizzare differenti stereometrie tutte pertinenti alla trama del disegno originale.La possibilità di giungere alla ricostruzione di volumi aventi differenti stereometrie è dovuta alle allusioni contenute nel disegno, come ad esempio nelle porte leggermente più inclinate rispetto all'orizzontale che rendono possibile la presenza simultanea di diversi punti di vista plausibili.
E' possibile quindi attraverso la distorsione di alcuni elementi ottenere differenti punti di fuga plausibili all'interno di una rappresentazione prospettica.
Seguendo l'esempio di Simone Martini, è possibile applicare questo metodo alle architetture in modo da creare diversi allineamenti geometrici convergenti in particolari punti della composizione.
Nel caso della sperimentazione effettuata su "Rezzato", le adduzioni fatte sul quadro di Simone Martini ci sono servite a creare degli allineamenti convergenti nei punti di maggior interesse del progetto.

3.3- Piero della Francesca "La Flagellazione".
(metodo di diversificazione degli spazi rappresentati)

Il dipinto di Piero della Francesca, conservato al Palazzo Ducale di Urbino rappresenta una delle migliori opere del Rinascimento; esso riesce a trasmettere un profondo senso di controllo geometrico sia dei volumi architettonici che degli spazi.
La rappresentazione suscita un forte effetto creando una sensazione di spazialità davvero eccezionale.
Il dipinto infatti è costituito da due parti in cui si svolgono due scene ben distinte: una, all'esterno del loggiato, con in primo piano tre personaggi che sembrano discutere, e una all'interno del loggiato dove avviene il supplizio di Cristo .Per accentuare l'effetto di profondità del punto in cui avviene la Flagellazione di Cristo, Piero della Francesca ha rappresentato un loggiato con tutta una serie di linee orizzontali rappresentate dalle travi del soffitto a cassettoni che scandiscono ritmicamente tutta la profondità del loggiato.
Anche la posizione dei personaggi è stata studiata in modo da ottenere un effetto spaziale; il prolungamento della frusta tenuta in mano dal personaggio alla destra di Cristo, infatti, "converge anch'essa nel punto di fuga ed è connessa con il sistema di ortogonali che si allontanano". Da notare è anche la particolare posizione del personaggio a sinistra dei tre che stanno discutendo; questi è posto sulla linea di fuga dove sono posizionate anche le colonne che sostengono il porticato, estendendo in tal modo il ritmo di scansione del porticato anche nella piazza. Anche la pavimentazione contribuisce a rafforzare la diversificazione tra interno ed esterno; infatti il pavimento dove si svolge il supplizio di Cristo è realizzato in marmo policromo mentre, dove vi sono i tre personaggi che discutono, è realizzato in mattoni.
"Il disegno del pavimento del loggiato del palazzo di Pilato sembra quasi fatto a caso nel suo scorcio fortemente compresso; ma se si effettua un'attenta analisi esso rivela una grande coerenza nella sua forma: la figura di Cristo si trova infatti al centro di un cerchio verde iscritto in un quadrato che costituisce il modulo dell'intera composizione" .I due moduli davanti e dietro a quello dove si trova Cristo sono composti secondo una sofisticata formula geometrica, in cui le diagonali dei quadrati più piccoli forniscono la lunghezza dei lati dei quadrati d'angolo.La trama della pavimentazione esterna al loggiato è basata invece su una semplice divisione aritmetica in otto parti.
Si crea quindi un rapporto contrastante tra lo schema della pavimentazione del loggiato, molto complesso, e quello molto semplice dell'esterno dove si trovano i tre personaggi.
Questo contrasto è stato utilizzato per diversificare le scene, per evidenziare, quindi, la differenza spirituale tra il loggiato santificato dalla sofferenza di Cristo e lo spazio esterno.
La pavimentazione e la geometria del loggiato rappresentano, quindi, gli strumenti attraverso i quali Piero della Francesca riesce a creare una tensione tra la scena principale, quella della Flagellazione, e lo spazio esterno dominato dalle tre figure in primo piano.
Si viene quindi a creare un senso di stretto collegamento tra forme vicine e lontane, che si stagliano nello spazio invece di farne parte; questo rapporto tra le scene rappresenta uno degli effetti più sorprendenti della pittura di Piero della Francesca.
Il metodo adottato in questa pittura da Piero della Francesca per diversificare le scene sui vari piani utilizzando la pavimentazione e gli elementi architettonici, è stato per noi un ulteriore strumento per arricchire e caratterizzare la nostra sperimentazione progettuale.

3.4-Paul Klee "Non composto nello spazio".
(Ambiguità interpretativa dello spazio)

Il dipinto di Paul Klee, anche se a prima vista può sfuggire, racchiude la possibilità di compiere "due letture entrambi plausibili" che si integrano nella stessa composizione, ma che sono l'una il contrario dell'altra: la prima basata su una interpretazione dei volumi come se fossero appoggiati su di un piano orizzontale, la seconda come si i volumi fossero visti dall'alto.
"Questa doppia chiave di lettura del dipinto risulta chiaramente ricercata da Klee" , infatti egli utilizza dei segni all'interno del quadro, come la figura umana e le bandiere, che sono a sostegno rispettivamente dell'una e dell'altra interpretazione.L'analisi al dipinto di Klee ci ha dato un notevole impulso nella composizione del nostro progetto a Rezzato, questo perchè ci siamo resi conto che la lettura dei volumi, anche architettonici, può essere modificata fino a renderla ambigua.
Nel nostro progetto abbiamo creato edifici che anche se posti in modo ortogonale all'osservatore danno una restituzione prospettica come se fossero posti parallelamente all'osservatore.

3.5- Giotto. Il campanile di S. Maria del Fiore a Firenze
(l'anamorfosi applicata all'architettura)

Giotto, nominato capomastro dell'opera Santa Reparata progettò, iniziò, ma non concluse la costruzione del campanile di Santa Maria del Fiore. Sembra, infatti, che alla morte dell'artista la costruzione fosse giunta alla prima cornice.
L'opera fu poi continuata da Andrea Pisano e terminata nel 1357 da Francesco Talenti e Neri di Fioravante i quali abolirono la cuspide piramidale che l'avrebbe, forse, completata alla sommità.
Il campanile di 85 MT, è diviso in sei piani la cui altezza si assottiglia dall'alto verso il basso.
L'idea di assottigliare l'altezza delle campate, per correggere le distorsioni dovute alla visione dal basso rappresenta un'eccezionale testimonianza del fatto che, anche in passato, il punto di vista e l'effettivo risultato prospettico influenzavano le scelte progettuali.Anche le decorazioni presenti nelle campate e nei contrafforti presentano notevoli differenze tra loro, infatti si passa dalle notevoli divisioni orizzontali presenti nei piani bassi, alle doppie finestre bifore, fino alle monofore della campata più alta. Questo tipo di architettura, molto attenta alla ricerca delle dimensioni idonee alla corretta restituzione prospettica, oltre ad averci molto affascinato, ha influenzato le nostre scelte progettuali; infatti uno degli obiettivi che ci siamo prefissati è stato proprio quello di effettuare sempre una rigorosa verifica di quella che sarebbe stata la restituzione prospettica degli elementi progettati.

3.6-Francesco Borromini. Galleria prospettica di palazzo Spada.
(la percezione di profondità nello spazio)

La galleria prospettica che si trova nell'edificio costruito a Roma per conto del cardinale Girolamo Capo di Ferro nel 1540 su progetto di Girolamo da Carpi, è stata progettata dal Borromini nel 1634 su incarico del cardinale B. Spada, occupa il piano terreno dell'edificio e venne realizzata con lo scopo, di creare una profondità fittizia maggiore di quella reale. Per fare ciò il Borromini fece coincidere l'asse di simmetria del cortile con l'asse ottico principale della galleria. Il punto di vista scelto dal Borromini per impostare la costruzione fu collocato nel cortile principale, a cui si perviene attraverso l'androne di ingresso posto sulla piazza Capo di Ferro.
"La galleria è lunga otto metri e quarantotto centimetri ed ha i lati molto convergenti, tanto che il motivo dell'arco e delle colonne di misura reale" passa, da un'altezza di 4.10 MT per una larghezza di 2.95 MT all'ingresso, a un'altezza di 2.45 MT per una larghezza di 1 MT circa al termine del percorso."Il pavimento ,che sale verso il piccolo cortile che conclude la galleria" dove si trova una statua di dimensioni anch'essa ridotte, è a pianta trapezoidale.Tutti gli elementi presenti nella galleria sono stati dimensionati seguendo con precisione le regole geometriche al fine di ottenere una visione prospettica il più veritiera possibile.Anche la presenza di un così elevato numero di colonne a nostro avviso non rappresenta una casualità, ma bensì un modo per meglio scandire ritmicamente la profondità dello spazio. Se si effettua una ricostruzione grafica, nell'ipotesi che il punto di vista progettuale venga posto al centro del cortile principale, è possibile verificare che la profondità dell'ambiente corrispondente a quello fittizio pari a 40 MT circa.Dalla costruzione geometrica alla percezione visiva bisogna però tenere ben presente che, come dimostrato a sperimentazioni effettuate dal danese Martin Joansen sulla galleria prospettica di Palazzo Spada, vi possono essere notevoli differenze.Tenuto conto di queste imprecisioni possiamo comunque affermare che è possibile progettare in modo tale che la profondità percettiva sia notevolmente diversa da quella geometrica.
Questa deduzione ci ha dato la possibilità all'interno della nostra sperimentazione progettuale effettuata a Rezzato di creare spazi visivamente identici, anche se geometricamente differenti e allo stesso modo di annullare la percezione di profondità divergendo gli allineamenti che segnalano la profondità.

3.7- E. Maignan. L'anamorfosi di San Francesco di Paola a Trinità dei Monti.
(rapporto tra rappresentazione su piano inclinato e asse di percorrenza dell'osservatore)

L'immagine anamorfica realizzata da E. Maignan nel chiostro di Trinità dei Monti a Roma rappresenta per la sua bellezza un esempio perfetto per verificare l'efficacia percettiva delle immagini anamorfiche.
La precisione con cui è stata ricostruita in modo anamorfico l'immagine e la particolare conformazione planimetrica del corridoio riescono a creare un particolare effetto percettivo unico nel suo genere.
L'immagine del Santo in atteggiamento di preghiera è stato dipinto su una lunga parete al piano superiore del chiostro con l'obiettivo di dare, a chi si trova all'inizio del percorso, un immagine del Santo come se fosse visto frontalmente. L'osservatore che entra nella galleria si trova di fronte ad una parete fortemente inclinata rispetto al suo punto di vista; questo fa sì che la visione del Santo in modo anamorfico risulti del tutto inaspettata.
Procedendo verso il centro della galleria l'immagine tende ad allungarsi fino a confondersi con un paesaggio montano di selve e di boschi.
La deformazione è progressiva e i contorni della figura del Santo si perdono piano piano creando un particolare effetto di dissolvenza.
Il sistema utilizzato per questa anamorfosi consiste in una proiezione per punti tramite l'ausilio di un filo, il cui prolungamento, percorrendo il perimetro dell'immagine presa frontalmente del santo in preghiera, traccia sulla parete obliqua della galleria la corrispondente immagine.
Questo sistema consente di deformare l'immagine punto per punto senza applicare regole prospettiche .La deformazione anamorfica avviene quindi in due fasi distinte: prima ritraendo in modo prospettico l'immagine e poi proiettando questa su di un piano obliquo.Dall'analisi dell'anamorfosi di E. Mangian abbiamo formulato una nostra interpretazione soggettiva dell'anamorfosi e l'abbiamo poi applicata ai volumi architettonici e alla pavimentazione delle piazze.Nella sperimentazione l'obiettivo è stato duplice: da un lato abbiamo creato degli edifici che indipendentemente dal loro orientamento planimetrico presentavano una stessa restituzione prospettica, dall'altro abbiamo creato delle orditure a scacchiera sulla pavimentazione delle piazze in modo tale che la restituzione prospettica pervenisse all'osservatore in modo corretto.
Nel caso della pavimentazione, infatti, se avessimo costruito una scacchiera con le maglie a pianta ortogonale, la restituzione prospettica si sarebbe deformata e le linee sarebbero andate a convergere verso un punto.
Per ovviare a questo inconveniente è stato quindi necessario ricostruire la scacchiera in modo anamorfico, aumentando la dimensione dei quadrati in modo progressivo in rapporto alla distanza dall'osservatore e facendo convergere verso il punto di vista le linee dirette secondo l'asse visivo.
Deve comunque essere ricordato che l'esatta restituzione dell'immagine si può ottenere soltanto in punti particolare, oltre ai quale si dissolve l'effetto.

3.8-Galleria Nazionale delle Marche "La Città Ideale" .
(La città rinascimentale come modello organizzativo dello spazio urbano)

Nel dipinto viene riprodotta una città o meglio un luogo, "rappresentato utilizzando un ventaglio di linee di fuga" convergenti sull'edificio centrale.Nel dipinto viene rappresentata una piazza deserta, di forma rettangolare, con la pavimentazione di marmo policromo, fiancheggiata da palazzi e case borghesi.
Al centro della piazza si trova un edificio a pianta circolare, composto da due ordini sovrapposti di colonne e con un tetto conico.
Si tratta di una tipica veduta di architetture del Rinascimento, ma con una particolarità: lo sguardo dell'osservatore, malgrado la semplicità apparente di una costruzione soggetta a un punto di fuga unico, posto sull'asse mediano del quadro, non riesce a trovare una sua collocazione fissa, ma "deve spostarsi, senza che se ne capisca subito il motivo" .Infatti lo sguardo è rinviato in continuazione dal cento ai lati ed è limitato nei suoi movimenti dall'angolo di osservazione molto aperto che sembra imposto dalla forma allungata della tavola 239.5 x 67.5 cm e dalla struttura scenica.La presenza di due costruzioni di forma cubica la cui facciata è parallela al piano del quadro, contende l'importanza al volume centrale, che è collocato leggermente arretrato in modo da far scivolare lo sguardo da entrambe le parti della piazza.
Questa rappresentazione di città ideale non sembra avere esempi nella realtà di rinascimentale; ciò fa pensare che la città sia stata pensata come una scena teatrale.
L'impressione di teatralità è confermata sia dalla morfologia del luogo, con le sue due ali laterali, a imitazione delle costruzioni adibite agli spettacoli, sia dall'assenza di ogni presenza umana.
Nella città nonostante non siano rappresentate figure umane, sono però presenti numerose allusioni, a cominciare dalla "ricorrenza continua del motivo della porta o della finestra, aperta chiusa, o solo socchiusa" .La perfetta geometria della pavimentazione, la precisione degli allineamenti, la simmetria, e la corrispondenza dell'orditura della piazza con la base dell'edificio circolare riescono a suscitare nell'osservatore un piacevole senso di bellezza, di ordine e di precisione.La deduzione principale che abbiamo tratto da questo dipinto è stata la sensazione di precisione che quest'opera suscita in chi la guarda, sensazione che abbiamo voluto ricreare nello scenario urbano dove abbiamo effettuato la nostra sperimentazione, costruendo un reticolo attraverso il quale abbiamo posizionato tutti gli edifici.
3.9-Michelangelo B. Piazza del Campidoglio a Roma
(Il campidoglio come modello di organizzazione dello spazio urbano posto a quote differenti)

Il Campidoglio che ha rappresentato il centro della città, il simbolo dell'antica grandezza di Roma, si è configurato nella sua forma attuale su progetto di Michelangelo, anche se il suo completamento fu portato a termine da altri architetti dopo la sua morte.
Planimetricamente il Campidoglio è caratterizzato da una piazza di forma trapezoidale dai cui vertici partono quattro strade e una scalinata che collega il Campidoglio con la parte posta alla quota più bassa Dal punto di vista planimetrico, salendo la scalinata, ci si trova di fronte il Palazzo Senatorio sormontato dalla Torre, a destra il Palazzo dei Conservatori, a sinistra il Palazzo del Museo. L'intervento di ridisegno della piazza attuato da Michelangelo non aveva l'obiettivo di dare una nuova forma alla piazza capitolina, ma invece quello di conferirle un diverso carattere.
La scalinata i cui lati, salendo, divergono per aprirsi sulla piazza, venne progettata da Michelangelo, ma venne poi modificata verso il 1578 da Giacomo della Porta.
Questa scala riesce a ottenere grazie alla particolare conformazione degli scalini, simili ad una sequenza di piazze poste a diversi livelli, il risultato di essere facilmente fruibile e al tempo stesso di poter essere utilizzata come spazio di sosta.
La principale deduzione che abbiamo tratto dal complesso capitolino è rappresentato dalla logica organizzativa dello spazio urbano, utilizzata per superare il notevole dislivello.
Questa logica, impostata sulla tripartizione dello spazio urbano attraverso la creazione di due piazze poste a quote differenti e interfacciate da un elemento di collegamento, la scala, caratterizzato dal fatto di poter essere utilizzato anch'esso come spazio di sosta, si è trasformata nel nostro progetto in una logica organizzativa del "paradigma indiziario".