Boccioni, Carra’, Russolo, Balla, Severini

La pittura futurista
Manifesto tecnico
11 aprile 1910

(…) La nostra brama di verita’ non puo’ piu’ essere appagata dalla Forma ne’ dal Colore tradizionali!
Il gesto per noi, non sara’ piu’ un momento fermato del dinamismo universale: sara’, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale.
Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non e’ mai stabile davanti a noi ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza dell’immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Cosi’ un cavallo in corsa non ha quattro gambe: ne ha venti e i loro movimenti sono triangolari.
Tutto in arte e’ convenzione, e le verita’ di ieri sono oggi, per noi, pure menzogne.
Affermiamo ancora una volta che il ritratto, per essere un’opera d’arte, non puo’ ne’ deve assomigliare al suo modello, e che il pittore ha in se’ i paesaggi che vuole produrre. Per dipingere una figura non bisogna farla: bisogna farne l’atmosfera.
Lo spazio non esiste piu’: una strada bagnata dalla pioggia e illuminata da globi elettrici s’inabissa fino al centro della terra. Il Sole dista da noi migliaia di chilometri; ma la casa che ci sta davanti non ci appare forse incastonata dal disco solare? Chi puo’ credere ancora all’opacita’ dei corpi, mentre la nostra acuita e moltiplicata sensibilita’ ci fa intuire le oscure manifestazioni dei fenomeni medianici? Perche’ si deve continuare a creare senza tener conto della nostra potenza visiva che puo’ dare risultati analoghi a quelli dei raggi X? Innumerevoli sono gli esempi che danno una sanzione positiva alle nostre affermazioni.
Le sedici persone che avete intorno a voi in un tram che corre sono una, dieci, quattro, tre; stanno ferme e si muovono; vanno e vengono, rimbalzano sulla strada, divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli persistenti della vibrazione universale. E, talvolta sulla guancia della persona con cui parliamo nella via noi vediamo il cavallo che passa lontano. I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, cosi’ come il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano.
La costruzione dei quadri e’ stupidamente tradizionale. I pittori ci hanno sempre mostrato cose e persone poste davanti a noi. Noi porremo lo spettatore nel centro del quadro.
Come in tutti i campi del pensiero umano alle immobili oscurita’ del dogma e’ subentrata la illuminata ricerca individuale, cosi’ bisogna che nell’arte nostra sia sostituita alla tradizione accademica una vivificante corrente di liberta’ individuale.
Noi vogliamo rientrare nella vita. La scienza d’oggi, negando il suo passato, risponde ai bisogni materiali del nostro tempo; ugualmente, l’arte, negando il suo passato, deve rispondere ai bisogni intellettuali del nostro tempo.
La nostra nuova coscienza non ci fa piu’ considerare l’uomo come centro della vita universale. Il dolore di un uomo e’ interessante, per noi, quanto quello di una lampada elettrica, che soffre, e spasima, e grida con le piu’ strazianti espressioni di dolore; e la musicalita’ delle linee e delle pieghe di un vestito moderno ha per noi una potenza emotiva e simbolica uguale a quella che il nudo ebbe per gli antichi.
Per concepire e comprendere le bellezze nuove di un quadro moderno bisogna che l’anima ridiventi pura; che l’occhio si liberi dal velo di cui l’hanno coperto l’atavismo e la cultura e consideri come solo controllo la Natura non gia’ il Museo!
Allora tutti si accorgeranno che sotto la nostra epidermide non serpeggia il bruno, ma che vi splende il giallo, che il rosso vi fiammeggia, e che il verde, l’azzurro e il violetto vi danzano, voluttuosi e carezzevoli!
Come si puo’ ancora vedere roseo un volto umano, mentre la nostra vita si e’ innegabilmente sdoppiata nel nottambulismo? Il volto umano e’ giallo, e’ rosso, e’ verde, e’ azzurro, e’ violetto. Il pallore di una donna che guarda la vetrina di un gioielliere e’ piu’ iridescente di tutti i prismi dei gioielli che l’affascinano.
Le nostre sensazioni pittoriche non possono essere mormorate. Noi le facciamo cantare e urlare nelle nostre tele che squillano fanfare assordanti e trionfali.
I vostri occhi abituati alla penombra si apriranno alle piu’ radiose visioni di luce. Le ombre che dipingeremo saranno piu’ luminose delle luci dei nostri predecessori, e i nostri quadri, a confronto di quelli immagazzinati nei musei, saranno il giorno piu’ fulgido contrapposto alla notte piu’ cupa.
Questo ci porta naturalmente a concludere che non puo’ sussistere pittura senza divisionismo. Il divisionismo, tuttavia, non e’ nel nostro concetto un mezzo tecnico che si possa metodicamente imparare ed applicare. Il divisionismo, nel pittore moderno, deve essere un complementarismo congenito, da noi giudicato essenziale e fatale.
E in fine respingiamo fin d’ora la facile accusa di barocchismo con la quale ci si vorra’ colpire. Le idee che abbiamo esposte qui derivano unicamente dalla nostra sensibilita’ acuita. Mentre barocchismo significa artifici, virtuosismo maniaco e smidollato, l’Arte, che noi preconizziamo e’ tutta di spontaneita’ e di potenza.

NOI PROCLAMIAMO:

1. Che il complementarismo congenito e’ una necessita’ assoluta nella pittura, come il verso libero nella poesia e come la polifonia nella musica;
2. Che il dinamismo universale deve essere reso come sensazione dinamica;
3. Che nell’interpretazione della natura occorrono sincerita’ e verginita’;
4. Che il moto e la luce distruggono la materialita’ dei corpi.

NOI COMBATTIAMO:

1. Contro il patinume e la velatura dei falsi antichi;
2. Contro l’arcaismo superficiale ed elementare a base di tinte piatte che riduce la pittura ad una impotente sintesi infantile e grottesca;
3. Contro il falso avvenirismo dei secessionisti e degli indipendenti, nuovi accademici d’ogni paese;
4. Contro il nudo in pittura, altrettanto stucchevole ed opprimente quanto l’adulterio nella  letteratura.

Voi ci credete pazzi. Noi siamo invece i Primitivi di una nuova sensibilita’ completamente trasformata.
Fuori dall’atmosfera in cui viviamo noi, non sono che tenebre. Noi futuristi ascendiamo verso le vette piu’ eccelse e piu’ radiose, e ci proclamiamo Signori della Luce, poiche’ gia’ beviamo alle vive fonti del Sole.