IL METAPROGETTO DI SPECIE


"Il metaprogetto di specie è un metaprogetto soggettivo, cioè un progetto che mette in luce , definisce e controlla le procedure soggettive di approccio alla complessità . Avendo come obiettivo la capacità di risposta dell’ ambiente costruito alle esigenze intersoggettive dell’ uomo. L’ oggettività/ottimizzazione delle soluzioni( mai dell’ approccio ) è solo plausibile e probabile." (C. Soddu, E. Colabella - Il progetto ambientale di Morfogenesi - codici genetici dell’artificiale - Progetto Leonardo, 1992 Bologna).

 
L’ obiettivo che con maggiore impeto ho perseguito durante i miei anni di studente è stata la ricomposizione della frattura tra arte e scienza, della quale si avverte la pressante esigenza soprattutto da parte degli architetti, costretti da sempre ad operare in un ambito limite, che spesso vede antagonisti creatività e rigore scientifico.
  Se infatti la scienza garantisce, con il metodo sperimentale, un rigore assoluto ed una verificabilità illimitata delle procedure, per contro, proprio per il suo carattere pseudo-oggettivo, tende a cristallizzare i rapporti causali individuati in natura e contemporaneamente a negare l’ assiomaticità dei suoi costrutti. Se l’ inadeguatezza della scienza positiva ad interpretare e soddisfare le esigenze più intime dell’ animo umano, complesse e mutevoli è da sempre risaputa ( La stessa psicanalisi, nata con tale fine,viene fortemente criticata se non osteggiata dalle cosiddette "scienze esatte" ), la nascita della Fisica post-quantistica e la Teoria delle catastrofi ne minano l’ oggettività anche nell’ ambito della natura e ne impongono una profonda ristrutturazione.
  Ma, essendo franchi, anche il rapporto tra la progettualità dell’ architetto e l’ opera dell’ artista, esteticamente sublime, ma difficilmente coglibile , proprio perché nata atraverso un gesto impulsivo ed arbitrario, si rivela spesso ruvido e travagliato.
  L’ approccio metaprogettuale all’ architettura proposto in questi anni dai professori Soddu e Colabella risolve la supposta dicotomia fra arte e scienza, conciliando i modi operandi di entrambe. Se infatti è l’ architetto ad indicare le proprie finalità-esigenze soggettive ( superando in ciò le richieste del possibile committente ) e contemporaneamente ad individuare l’ immaginario ideale più adeguato a soddisfarle, spetta poi a lui medesimo il compito di individuare le procedure morfogenetiche rigorosissime necessarie a trasformare tale immaginario in architettura, oltrechè l’ onere, o il piacere, di verificare la congruenza della propria opera con gli obiettivi stabiliti all’ inizio dell’ intero processo. 
  Il contenuto delle pagine seguenti tenterà di descrivere tale processo morfogenetico, relativamente ad una occasione progettuale scelta dall’ autore.


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