Mi
sono reso conto che il primo scenario era il risultato di una generazione
troppo libera, nella quale il paradigma si limitava ad essere un semplice
strumento di scansione temporale di progetto. Si poteva arrivare ad infinite
soluzioni ma non tutte riconducibili alla medesima idea di "ombrello
di Ulisse". Occorreva un incremento di complessita' ed una restrizione
del campo d'azione della prima fase generativa.
Ulisse non ha fretta di andare,
lotta contro il destino per giungere alla sua Itaca ma il desiderio di
mettersi alla prova e superare i propri limiti e' piu' grande. Il suo ombrello
non e' spiccio e superficiale ma un compagno di viaggio con cui condividere
profonde avventure, esperienze ma non momenti di "felicita' provvisoria".
Formulando regole generali di base, ho concluso che l'ombrello finale poteva essere "di Ulisse" se: - soddisfava contemporaneamente i miei obiettivi, anche se molto contrastanti. A tale scopo doveva avere una copertura resistente e protettiva (concreto) ma allo stesso tempo adattabile ad una struttura completamente modellabile, plasmabile, sempre aggiornabile tale da stimolare la fantasia del suo portatore (sognatore - "mare delle continue possibilita'); - soddisfava la mia identita' come poetica, pertanto doveva permettere ad altri telai di attaccarsi sfruttando la modularita' della struttura o ricorrendo ad eventi che le attribuivano tale caratteristica; - lasciava aperte varie interpretazioni e permetteva plurime combinazioni, non solo formali ma anche anche scalari; - una volta decisa la combinazione, era pratico nella sua peculiare modularita' e modellabilita'. |