CAPITOLO V
IL PROGETTO DI SPECIE

5.1-Caratteri generali

Quando si fa riferimento ad una "specie", si intende un aggruppamento di individui aventi talune caratteristiche comuni, ma caratterizzati da una impronta di individualità tale da diversificarli all'interno del gruppo e renderli elementi unici, anche se facenti parte di una stessa specie.
Questi individui virtuali, risulteranno sempre diversi tra loro, ma manterranno una sorta di DNA in grado di farli identificare come appartenenti ad una stessa specie, quella scelta nel "progetto di specie".
Il "progetto di specie" è rivolto, quindi, a costruire una sorta di sistema dinamico in evoluzione in grado di generare individui, nel nostro caso ambienti, sempre diversi e sempre identificabili con l' "immaginario di riferimento" soggettivo. Il risultato di questa ricerca è un modello imprevedibile di sviluppo, raggiungibile attraverso un incremento di complessità, non staticamente predeterminato.
Il nostro obiettivo, è quello di costruire un "codice morfogenetico" dell'ambiente con un elevato grado di complessità .Il modello dinamico che sarà risultato dall'esercitazione, dovrà anche contenere alcune eccezioni, che potremmo definire "eventi eccezionali", in grado di aumentare la complessità globale del progetto e di dare una risposta più efficace e più mirata alle sue esigenze di qualità.
Non bisogna però pensare che l'itinerario logico da noi seguito faccia riferimento ad una casualità astratta; la casualità da noi considerata è invece mirata a definire una "sequenza morfogenetica", che è caratteristica di tutti gli iter progettuali, ma che offre in più, la possibilità di verificare le scelte progettuali soggettive.
La forma finale con cui si sceglierà di configurare il progetto sarà, quindi solo un evento fra gli innumerevoli altri possibili, collocato in un preciso spazio ed in un determinato periodo di tempo.
Il rischio maggiore, quando si segue un iter come questo, è rappresentato dal fatto di non riuscire a raggiungere la complessità necessaria ad elevare qualitativamente il progetto e a connetterlo nel modo migliore con le esigenze ambientali del contesto.

5.2-Formalizzazione delle logiche progettuali.

Per riuscire ad innescare una dinamica progettuale attraverso la quale cambiare di "stato" e cioè passare "da uno stato di equilibrio ad una dinamica evolutiva" , bisogna concretizzare gli obiettivi del progetto attraverso la formalizzazione di logiche.Queste logiche rappresentano gli strumenti di controllo necessari a caratterizzare il nostro "paradigma indiziario", e al tempo stesso lo strumento attraverso il quale ogni progettista caratterizza il progetto.Siccome alcune delle logiche si rifanno a matrici di tipo geometrico, queste diventano, senza dubbio, lo strumento più efficace per capire come cresce una struttura complessa; esse, infatti, hanno il vantaggio di essere indipendenti dalla scala, o maglio, di poter essere utilizzate come controllo nei passaggi progressivi da una scala all'altra, cioè dalla totalità alla forma dei singoli componenti.
Presentiamo qui di seguito le logiche da noi formulate.

5.3-Logica della "tripartizione"

Una delle logiche utilizzate nel nostro progetto è stata quella della tripartizione dell'area.
Attraverso questa logica, dedotta dallo "immaginario di riferimento" (vedi le deduzioni relative al Campidoglio cap III), abbiamo creato tre aree all'interno del nostro progetto, la cui profondità non è la stessa per tutti e tre i casi: nella prima (evidenziata con il colore verde nella planimetria di progetto) la profondità, infatti, è di 30 MT, mentre nella seconda e nella terza (evidenziate rispettivamente con i colori giallo e viola) è di 40 MT. La tripartizione ci ha inoltre offerto la possibilità di suddividere funzionalmente le tre aree risultanti, creando due piazze: una di arrivo e una di partenza, interfacciate da una terza avente funzione di collegamento.

5.4-Logica della "convergenza delle linee prospettiche"

La logica della "convergenza delle linee prospettiche" dedotta dall'analisi del dipinto di Leonardo (vedi capIII) ha rappresentato uno degli strumenti più efficaci per il raggiungimento di un elevato standard qualitativo del progetto. Attraverso l'uso del computer, lungo il percorso del nostro progetto, abbiamo ricostruito particolari viste prospettiche impostate all'inizio di ciascuna area sia in andata che al ritorno.
Abbiamo quindi tracciato delle linee che, viste in prospettiva, andavano a convergere in particolari punti da noi ritenuti importanti all'interno del progetto, mettendo in tal modo in atto le deduzioni fatte nello "immaginario di riferimento". L'obiettivo di questa logica è quindi quello di sfruttare la convergenza delle linee prospettiche per evidenziare i "soggetti" della composizione. Nel percorso di andata le linee convergono nel punto in cui verrà inserito l'elemento di interfaccia tra il nostro progetto e la scala esistente.
Nel percorso di ritorno , invece, le linee convergono verso due punti posizionati sull'asse di simmetria del prospetto nord della villa in corrispondenza del balcone e del portone di ingresso.

5.5-Logica della "simmetria della vista prospettica"

L'obiettivo di ottenere una restituzione prospettica percepita come simmetrica è maturato come deduzione dal dipinto "La città ideale" (vedi capIII).
Sfruttando la simmetria, nell'interno dell'immagine prospettica, abbiamo voluto suscitare in chi "vede" un profondo senso di ordine e di bellezza, sensazione da noi percepita vedendo la tavola di Urbino.
La scelta poi di mantenere una simmetria soltanto di tipo prospettico e non di tipo planimetrico ci ha dato la possibilità di rispettare le esigenze percettive legate alla visione simmetrica e, al tempo stesso, di dare una maggior flessibilità nel posizionamento in pianta.
La simmetria della percezione prospettica è quindi un mezzo per elevare la complessità del progetto e una garanzia sulla qualità del risultato finale.

5.6-Logica della "ambiguità interpretativa dello spazio"

Secondo quanto dedotto dall'analisi fatta sul dipinto di Paul Klee (vedi cap III)
ci siamo resi conto che l'interpretazione dello spazio, così come viene percepito nell'immagine prospettica, è suscettibile di errori o di interpretazioni errate o quantomeno ambigue.
Una restituzione prospettica di modelli tridimensionali può infatti rimanere inalterata nonostante la stereometria dei solidi sia diversa.
Di fronte, quindi, alla stessa immagine prospettica raffigurante modelli tridimensionali, ognuno di noi può attribuire a questi stereometrie diverse.
Questa logica ci permette di configurare una serie infinita di possibili stereometrie riconducibili tutte alla stessa immagine prospettica.
Pertanto, fermo restando il punto di vista, è possibile svincolare il risultato prospettico dalla configurazione stereometrica .
5.7-Logica della "percezione della profondità"

Come già dedotto dall'analisi della Galleria prospettica di Palazzo Spada (vedi cap III), è possibile creare attraverso la modifica degli elementi presenti nel progetto un effetto di profondità diversa da quella reale e, quindi, gestire la percezione di profondità dello spazio agendo sugli allineamenti e sugli elementi della composizione.
Il nostro progetto è caratterizzato dalla presenza di tre aree di dimensioni differenti: mentre la prima ha una profondità di circa 30 MT., la seconda e la terza ne hanno una di circa 40 MT. Se confrontiamo l'area "1" con l'area "2" rileviamo che la vista prospettica restituisce la medesima sensazione di profondità spaziale pur avendo le due aree differente profondità .
Invece, pur essendo l'area "2" e l'area "3" di uguale profondità, dal loro confronto si deduce una notevole differenza nella percezione di profondità spaziale.
Questo effetto é dovuto all'appiattimento delle linee prospettiche dell'area "3".




5.8-Logica della "diversificazione delle percezione"

Dall'analisi del dipinto "La Flagellazione" di Piero della Francesca (vedi cap III), abbiamo dedotto un metodo di diversificazione delle scene con lo scopo di evidenziare significati differenti.
A seguito di questa deduzione abbiamo deciso di applicare anche nel nostro progetto questa metodologia creando due differenti sensazioni percettive legate al percorso di scoperta del progetto: una, in cui il percorso centrale assume un effetto prospettico di tipo "dinamico" (area 1 e area 2 ), l'altra, in cui il percorso assume un effetto prospettico di tipo "statico".
La scelta di dare una duplice percezione all'interno del percorso di andata ci ha dato la possibilità di caratterizzare maggiormente il progetto con un conseguente aumento della qualità del risultato finale.

5.9-Logica della "restituzione prospettica dell'immagine anamorfica"

Attraverso le analisi del corridoio con l'anamorfosi di E Maignan a Trinità dei Monti e del campanile di Giotto a Firenze (vedi capIII) siamo giunti alla formalizzazione della logica che abbiamo definito della "restituzione prospettica dell'immagine anamorfica".
L'obiettivo che volevamo raggiungere era quello di ottenere una restituzione prospettica controllata, non soggetta quindi alle distorsioni tipiche delle viste prospettiche, caratterizzate dal rimpicciolimento degli elementi più lontani dall'osservatore.
Dal punto di vista operativo, abbiamo studiato la geometria del percorso e della sua pavimentazione in funzione del punto di vista, annullando, attraverso l'applicazione del metodo dedotto dallo "immaginario di riferimento", la deformazione progressiva del reticolo ortogonale della pavimentazione.

5.10-Logica della "assialità".

Un'altra logica applicata nel nostro progetto è stata quella dell'assialità.
Dall'analisi storica del contesto urbano di Rezzato è emersa, infatti, la presenza di un asse organizzativo del progetto originario che, partendo dal cancello d'ingresso della villa, si estendeva attraverso la scalinata sulla collina di Bacco. Questo asse, che con la costruzione dell'ala ovest della villa ha assunto ancor più un'importanza compositiva, ha rappresentato per noi una presenza storica cui fare riferimento per organizzare lo spazio nell'area di progetto.
La scelta di dare una continuità a quest'asse anche nella parte di tessuto urbano adiacente al lato Nord della villa è divenuta, quindi, una logica organizzativa.
Dal punto di vista operativo, abbiamo generato una sequenza di spazi organizzati in modo simmetrico attorno al nostro asse, che trova la sua continuità nell'orditura della pavimentazione.


5.11-Il paradigma indiziario.


Il "paradigma indiziario" è l'ipotesi di organizzazione soggettiva e di formalizzazione sia del reale che degli elementi del progetto.
I paradigmi che possono anche essere, più di uno, nel nostro caso rappresenteranno la sequenza evolutiva del progetto, caratterizzata da fasi stazionarie e da momenti di salto.
Per utilizzare al meglio un paradigma bisogna essere pronti a gestire la complessità cui lo sviluppo può arrivare, ma allo stesso tempo bisogna essere pronti ad abbandonarlo, qualora si deteriorino le sue possibilità di rispondere all'evolversi delle richieste generate dal progetto.
Esso è sostanzialmente un metodo di controllo, i cui strumenti si devono però limitare al controllo degli eventi, senza entrare nella sfera dei condizionamenti troppo restrittivi.
La cosa più importante è di non limitare le possibilità di incremento di complessità senza prima averne valutato le potenzialità.
I "paradigmi indiziari" da noi adottati sono sostanzialmente di tipo geometrico e assolvono la funzione di verificare il processo formativo del progetto, il modo di aggregazione degli eventi e l'evoluzione delle forme possibili. Essi svolgono una duplice funzione: di stimolo e di controllo delle esigenze concettuali, sempre correlate con l'immaginario soggettivo di riferimento.
Questa fase costituisce il progetto stesso o, quantomeno, rappresenta l'innesco fondamentale.
Nel caso specifico del nostro progetto, abbiamo proceduto, attraverso le logiche precedentemente formulate, alla rielaborazione delle deduzioni tratte dal nostro "immaginario di riferimento" e dal contesto ambientale, con l'obiettivo di raggiungere una complessità organizzata, segno distintivo del raggiungimento di una qualità di progetto elevata. Un'ulteriore struttura di relazioni, importante nella caratterizzazione del "paradigma indiziario", è il rapporto norma/eccezione.
Essa struttura l'ordine del progetto, intendendo per ordine non certo la "staticità" della struttura progettuale, ma l'organizzazione di possibili chiavi di lettura del progetto stesso e dell'artificiale che si intende realizzare. Nell'ambiente l' "ordine" è caratterizzato dalla presenza di riferimenti riconoscibili e dall'individuazione di possibili e differenti modalità di individualizzazione degli spazi attraverso elementi sempre unici.
L'ordine del progetto è anche la possibilità, che viene offerta a chi utilizzerà gli spazi progettati, di poter comprendere facilmente l'organizzazione totale, offrendo al tempo stesso elementi caratterizzanti, unici e sorprendenti. Le "eccezioni" sono quindi, a nostro avviso, necessarie ad elevare la qualità di un progetto e devono quindi entrare a far parte del paradigma indiziario.
Passiamo ora ad analizzare la dinamica progettuale per verificare se l'obbiettivo di qualità che rappresenta punto di partenza della nostra sperimentazione è stato raggiunto in modo ottimale.

5.12-Analisi della dinamica progettuale

Nei paragrafi precedenti abbiamo focalizzato l'attenzione sullo "immaginario di riferimento", il "progetto di specie", le "logiche progettuali", che erano caratterizzate dalla deduzione, seguita dalla costruzione di modelli basati sulla lettura soggettiva seguita dalla formalizzazione di logiche poi organizzate attraverso il paradigma indiziario.
In questa fase eseguiremo una elaborazione dei modelli mediante un aumento progressivo della complessità, al fine di avere una verifica del raggiungimento della qualità ottimale, che rappresenta l'obiettivo finale di tutta la sperimentazione.
Questo modo di procedere consente di evitare una sorta di equilibrio nel progetto, cosa che non rientra nei nostri obiettivi.
Per riuscire a evitare questa posizione di stasi del progetto, è necessario ampliare la sua complessità cercando di lavorare allo stesso tempo sul singolo elemento, che sulla globalità dei componenti. Dal punto di vista operativo, nell'area di Rezzato, abbiamo ipotizzato configurazioni diverse, ma tutte caratterizzate dalla rispondenza alle esigenze formulate attraverso le logiche precedentemente esposte.


5.13- Morfogenesi degli elementi di progetto

Nel mettere a punto il nostro "progetto di morfogenesi" noi abbiamo definito il "codice genetico dell'artificiale" e le modalità di evoluzione della forma attraverso una morfogensi degli elementi di progetto.
Dal punto di vista operativo, il tipo di progettazione da noi adottato rende possibile la produzione di una serie di scenari urbani tutti diversi, ma tutti riconoscibili da una comune matrice compositiva.
Gli obiettivi che ci siamo posti col nostro progetto di morfogenesi, si sono formulati in base alle deduzione tratte dall'immaginario di riferimento, rielaborate attraverso le logiche progettuali.
Tra gli obiettivi presi in considerazione non potevano certo mancare le esigenze di tipo urbanistico, legate ai bisogni del vivere umano.
Lo"immaginario di riferimento" è divenuto, in questa fase, lo strumento per la verifica della qualità del risultato progettuale.
Dal punto di vista delle priorità, nel progetto, abbiamo dato importanza soprattutto ai risultati prospettici, che ogni configurazione implicava, ma senza per questo dimenticarci di altri aspetti altrettanto importanti, come quello viabilistico o quello urbanistico.
Lo scopo del nostro progetto, pur rimanendo essenzialmente sperimentale, è la verifica della molteplicità di stereometrie, legate alla logica compositiva di tipo prospettico.
E' possibile infatti definire attraverso un'equazione il rapporto tra l'angolo di rotazione azimutale di un solido attorno ad uno dei vertici di base e la variazione di dimensione necessaria a configurare una restituzione prospettica invariata. Essendo possibile variare l'angolo di rotazione dei volumi di progetto da 0° a 90° con infiniti intervalli ed, essendo il progetto composto di 6 variabili come questa, è altrettanto possibile ottenere un numero infinito di configurazioni.

5.14-I catalizzatori

I "catalizzatori" rappresentano l'occasione capace di stimolare la formalizzazione delle richieste di un progetto; in altre parole, qualunque cosa capace di avviare il motore creativo del progettista. Questi catalizzatori ci sono serviti ad innescare la progettazione anche se, nel risultato finale del nostro progetto, si sono formalizzati in modo differente da queste immagini.
Deve comunque essere premesso che il catalizzatore non viene utilizzato come una sorta di soluzione precostituita, ma come un'occasione per generare un nuovo pregresso evolutivo del progetto.
Vedendo queste immagini si ha una forte sensazione di dinamicità e di movimento; da qui è nata la volontà di ricreare nel nostro progetto la stessa sensazione riproducendo sulla scalinata di Bacco una cascata di acqua. La cosa che più ci ha colpito nelle immagini di seguito riportate, è stata la capacità scenografica dell'acqua di colpire l'interesse di ognuno di noi, e di suscitare una sensazione di dinamismo.
Questo ci ha dato la possibilità di riqualificare la scalinata di Bacco, in modo tale da aumentare il suo effetto scenografico e la sua percezione all'interno del contesto di Rezzato La nostra scelta ha fortemente influenzato tutto l'iter formativo e procedurale del progetto che si è conformato sulla "scala di Bacco" ormai divenuta uno dei catalizzatori.

5.15-Le matrici formali

Le forme da noi utilizzate nella sperimentazione progettuale attuata nel territorio rezzatese sono state generate attraverso lo studio, sia dall'immaginario di riferimento, che dal contesto ambientale; le singole deduzioni sono poi state rielaborate al fine di ottenere un risultato formale ad elevata complessità. Lo scopo dichiarato della nostra sperimentazione è quello di creare forme finali di configurazione sempre imprevedibili, ma sempre riconducibili al medesimo "progetto di specie".
Il risultato in termini di immagine dipende, quindi, dal processo evolutivo che ha portato a quel risultato. Le forme da noi adottate nella sperimentazione progettuale non si pongono come necessarie; scegliendo, infatti, tra innumerevoli forme congruenti è fattibile la loro sostituzione.
Fermo restando lo scopo, si possono cambiare le modalità per il suo raggiungimento.
Non ci devono però essere dubbi sul fatto che le scelte formali adottate nel nostro progetto abbiano portato a risultati ben precisi che se realizzati, diventerebbero tracce irreversibili nello spazio e nel tempo. Ferma restando la riconoscibilità intesa come caratterizzazione di specie, è chiaro il fatto che le nostre scelte formali, (vedi capitolo successivo), sono soltanto alcune tra le infinite possibili e che sono state scelte da noi per dare una ipotesi soggettiva di progetto.
L'intercambiabilità delle forme, correlata alle logiche evolutive progettuali, garantisce quindi che il progetto rimanga estraneo alla scala, ma legato ad una precisa identità compositiva, chiaramente leggibile nella specie.