LA CULTURA DELLA LUCE

L’utilizzazione dell’energia elettrica, già ampiamente sperimentata nel corso dell’Ottocento, anche se con connotazioni molto diverse da quelle del nostro tempo, e la successiva straordinaria possibilità di un agevole distribuzione in rete, grazie soprattutto a Thomas Alva Edison, sono due momenti determinanti della rivoluzione industriale. La tipologia degli apparecchi illuminanti non si discostò, formalmente, dai precedenti lumi a gas o a cera, in particolare nel primo trentennio del secolo, sostanzialmente legato allo sviluppo tecnologico della lampadina ad incandescenza. Costituirono un’eccezione gli apparecchi destinati a svolgere compiti e funzioni tecniche specifici. L’Esercito e la Marina studiarono, infatti, ottiche abbastanza sofisticate per potenziare e controllare il flusso emesso dalla sorgente. I primi proiettori con caratteristiche funzionali e di buona efficienza sono frutto dello studio degli uffici tecnici militari. La produzione destinata ad un pubblico più vasto e popolare ripropone, per anni ed anni, la forma della lanterna e del candelabro, con o senza appliques o abat-jour .La novità più rilevante consiste, forse, nell’utilizzo della lampadina nuda a sospensione con un piccolo riflettore in metallo, posizionato superiormente, con lo scopo di inviare il flusso luminoso verso il basso. Gli apparecchi a fiamma libera (cera, gas, petroli) non potevano essere dotati, infatti, di elementi riflettori tali da controllare e proiettare il fascio di luce per cui, normalmente, venivano posizionati a tavolo, parete o sospensione senza alcun accessorio destinato al controllo del flusso luminoso dato il calore prodotto per combustione della sorgente. Più interessante, in questi primi decenni del secolo, ci sembra d’essere la tipologia degli apparecchi destinati agli ambienti di lavoro. Uffici, laboratori, manifatture ed industrie utilizzano, infatti, apparecchi dove la cura formale viene presa in considerazione limitatamente e lo sforzo progettuale si riduce alla pura ricerca dell’efficienza luminosa e al tentativo di agevolare lo svolgimento di compiti visivi ben precisi, il contenimento dei costi di produzione e di gestione degli apparecchi stessi. Gli archetipi tipologici della maggior parte degli apparecchi a tutt’oggi in uso nascono, di fatto, in questo periodo ed hanno come destinazione proprio i luoghi di lavoro: le grandi e le piccole sospensioni, le plafoniere, le lampade da lavoro e da parete più o meno snodabili, con base o con morsetto, sono il risultato della richiesta di precisi compiti illuminotecnica . L’affermazione del pensiero razionalista e la formulazione del concetto che la funzione può determinare la forma , trovano qui i fondamenti e le istanze del loro essere. La produzione colta, rappresentata da lampade quali quelle prodotte da Tifano, Galle, Lalique, Sabino e destinata alle classi più abbienti, inserisce in forme elaboratissime e di grande suggestione (fitomorfe, zoomorfe, antropomorfe, ecc.) la neonata lampada ad incandescenza ed utilizza materiali preziosi e ricercati come l’alabastro, la madreperla, il vetro colorato, il bronzo e l’ottone, ricorrendo inoltre alle tecniche della doratura, cromatura, argentatura per impreziosirne maggiormente l’aspetto. Si creano, così, vere e proprie opere d’arte, attualmente oggetti di culto per collezionisti raffinati, di chiara derivazione pittorica o plastica e decisamente legati al gusto dell’epoca, che contribuiscono a creare atmosfere irreali e di grande emotivo e che poco sembrano associabili alla attuale concezione dell’apparecchio illuminante. Anche la funzione del paralume viene ribaltata, nell’intento di proiettare la luce sul soffitto e di diffonderla soffusamente tutt’intorno. Scrive Desny nel 1929 in "Lux" : "E’ sbagliato pensare che un locale sia ben illuminato soltanto perché abbagliato da una luce intensa. L’essenziale, al contrario, è che non ci sia un punto luminoso specifico a infastidire l’occhio". Si incominciano a mescolare varie forme di illuminazione e la luce non è più un punto indifferenziato, ma viene pilotata : diretta, semidiretta, mista, indiretta. Mentre la lampada, dunque, continua ad essere considerata come un oggetto d’arte, avanzano sempre più le tecniche di ingegneria dell’illuminazione, per la quale si formano veri e propri specialisti. L’illuminotecnica si occupa prevalentemente di ambienti pubblici ,dove talvolta vengono realizzate colossali composizioni, come nel Radio City Music Hall di New York (1933), nello Strand Palace Hotel a Londra (1930), e su transatlantici come il "Normandie", "Lle de France", "L’Atlantique", "Empresso of Britain", e altri ancora. La rivista "Lux" si fa portavoce dei progressi nel campo dell’illuminazione e promotrice della scienza fotometrica. "Toni di luce e intensità furono rivalutati. Si ebbero così angoli di riflessione e coefficienti di trasmissione di luce. Inoltre, venne presa in considerazione anche la misura delle immagini retinali, Questo nuovo interesse alla fotometria, diede luogo a un nuovo indirizzo professionale : l’ingegneria dell’illuminotecnica". Negli ultimi decenni del secolo scorso, con l’incremento dell’industrializzazione cresce anche l’attività terziaria e impiegatizia, che soprattutto negli Statu Uniti si sviluppa vertiginosamente, fino a produrre il fenomeno dell’alta concentrazione di questo tipo di lavoro e il relativo sviluppo di una nuova tipologia architettonica ad uso commerciale, ovvero il grattacielo. L’edificio alto quando viene costruito in zone di affastellamento edilizio, come avviene nel "Loop" di Chicago o a Manhattan, produce molteplici problemi di tipo spaziale, di aria e di luce, di cui uno dei più contingenti è quello dell’illuminazione interna, L’organizzazione del posto di lavoro si prospetta come un fatto nuovo, e alle teorie del taylorismo si cominciano a contrapporre gli studi di ergonomia e le leggi della moderna fisiologia. La lampada da lavoro nella produzione di serie, e in modo più specifico da scrivania, non nasce per merito di qualcuno dei grandi protagonisti della storia del design, anche se in loro vanno ricercate le premesse del funzionalismo tecnologico. La lampada da lavoro intesa come strumento o accessorio tecnico, decisamente svincolata dall’idea di "objet d’art", trova invece la sua naturale collocazione nel filone del mobile dell’ingegnere, del mobile brevettato e, per molti versi, del design anonimo. Ed è proprio nel nord d’Europa che viene formulata nel giro di qualche anno una soluzione tipologica rivoluzionaria, che più tardi entrerà nei mercati di tutto il mondo come un oggetto tecnico comune, ma prodotto in milioni di esemplari, Negli anni del secondo dopoguerra, dalla Norvegia viene diffusa una lampada snodata a morsetto di produzione nazionale, dalla paternità allora incerta, comunque frutto del genio di un operatore tecnico che si può considerare come la lampada funzionale per eccellenza paragonabile nell’invenzione, alla sedia Thonet :il noto modello Luxo.

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