Il viaggio alla ricerca dell'immortalità 
"Gilgamesh piangeva amaramente per l'amico Enkidu, vagava per le lande come un cacciatore, andava ramingo per le pianure. Gridava nella sua amarezza: "Come posso riposare? Come posso avere pace? La disperazione è nel mio cuore. Ciò che è mio fratello ora, lo sarò io quando sarò morto. Poichè ho paura della morte farò del mio meglio per trovare Utanapistim, colui che chiamano il Lontano; egli infatti è entrato nel consesso degli dei". Fu così che Gilgamesh attraversò le lande, vagò per le praterie, un lungo viaggio alla ricerca di Uta-Napistim, colui che gli dei avevano preso con se dopo il Diluvio (...). 
Così, col tempo, Gilgamesh giunse a Masu, ai grandi monti di cui tante cose aveva udito, posti a guardia del sole che sorge e che cala. I suoi picchi gemelli sono alti quanto il muro del cielo, i suoi poggi scendono giù sino agli Inferi. Alle sue porte fanno la guardia gli Scorpioni, metà uomini e metà draghi; terrificante è la loro gloria, il loro sguardo colpisce gli uomini a morte (...).. 
L'Uomo-Scorpione aprì la bocca, parlò a Gilgamesh e disse: "Nessun uomo nato da donna ha mai compiuto ciò che tu chiedi, nessun mortale è mai andato alla montagna; la sua lunghezza è dodici leghe di tenebra; in essa non vi è luce ma il cuore è oppresso dal buio. 
Dal sorgere del sole fino al calare del sole non vi è luce alcuna". Rispose Gilgamesh: "Quand'anche io debba andare afflitto dal dolore, con sospiri e pianti, io debbo andare comunque. Apri la porta della montagna". E l'Uomo-Scorpione: "Và, Gilgamesh, ti permetto di attraversare il monte Masu e le altre catene. Possano i tuoi piedi riportarti a casa salvo. La porta della montagna è aperta".  
Quando Gilgamesh udì queste parole fece come aveva detto l'Uomo-Scorpione, traversò la montagna seguendo il cammino del Sole verso levante. Quando ebbe percorso una lega, l'oscurità si fece fitta intorno a lui, poiché non c'era luce alcuna, e nulla poteva vedere né davanti nè dietro di sè. Dopo due leghe, l'oscurità era fitta intorno a lui e non c'era luce alcuna, nulla poteva vedere né davanti nè dietro di sè. Dopo tre leghe, l'oscurità era fitta intorno a lui e non c'era luce alcuna, nulla poteva vedere né davanti nè dietro di sè. Dopo quattro leghe [...]  Quando ebbe percorso otto leghe, Gilgamesh diede un gran grido, perché l'oscurità era fitta e non c'era luce alcuna, nulla poteva vedere né davanti nè dietro di sè. Dopo la nona lega sentì il vento del nord sul suo viso, ma l'oscurità era fitta e non c'era luce alcuna, nulla poteva vedere né davanti né dietro di sè. Dopo dieci leghe la fine era vicina."