LA LUNA
Da Luciano a Keplero
Tutto era cominciato tanti tanti secoli prima, quando cioè l'uomo guardò per la prima volta il cielo stellato. La curiosità, il bisogno di spiegare i fenomeni naturali divennero subito le sue preoccupazioni predominanti. Quelle migliaia di corpi splendenti stimolavano la sua immaginazione, ne sollecitavano l'intelligenza e suscitavano in lui il desiderio di raggiungerle. Ma la nozione di un viaggio interplanetario si sviluppò molto lentamente. Una tale avventura, anche se immaginaria, doveva avere come presupposto la certezza che altri mondi simili al nostro esistevano nei grandi spazi e che era possibile visitarli. Nell'antichità, al contrario, l'universo era concepito solo sotto un aspetto puramente mitologico. Come vedremo meglio in seguito, i Babilonesi vedevano negli astri la dimora degli dei, mentre gli Egizi, per esempio, credevano che una dea sostenesse la volta stellata. Comunque, per tutti la Terra era piatta. Certi popoli dOriente, poi, per spiegare le fasi lunari immaginavano che un enorme cinghiale, nascosto tra le nuvole, si divertiva a mordicchiare il nostro satellite naturale, mangiandoselo addirittura interamente in caso di eclissi. Un clima di questo genere, come si può facilmente immaginare, non era molto favorevole alla messa a punto di viaggi spaziali. Fu necessario attendere che lastronomia greca scoprisse che esistevano nello spazio degli altri mondi simili al nostro perché la fantasia umana cominciasse ad immaginare dei viaggi verso l'etere infinito. Plutarco dichiarò, nella sua opera "De facie in orbe Lunae", che la Luna era un mondo come il nostro, più piccolo però, abitato da dei diavoli e interamente ricoperto di grandi caverne. Solo centoventanni dopo la nascita di Cristo, Luciano, il noto umorista greco, scrisse i primi racconti di viaggi lunari. In una delle sue due avventure spaziali leroe è trasportato sulla Luna da un turbine; nellaltra invece si munisce deliberatamente dali di uccello per arrivarvi: sulla spalla destra lala duno sparviero e sulla sinistra quella di unaquila. Fu nel 1600 che Keplero incominciò a scrivere lopera che doveva preferire tra tutto quanto aveva scritto: il "Somnium", il sogno di un viaggio sulla Luna. Il"Somnium" fu la prima opera di fantascienza, nel senso moderno della parola, opponendosi quindi ai generi convenzionali di utopie fantastiche come quelle di Luciano o di Campanella. La sua opera fu considerevole per tutti gli autori di storie di viaggi interplanetari, da Wilkins e More sino a Butler, Verne e Wells.
Galileo e i suoi successi E a Galileo che dobbiamo la descrizione più accurata del
nostro satellite.
" ... Parliamo innanzitutto della faccia
della Luna che si offre al nostro sguardo. Per facilitarne la comprensione, si distinguono
due parti, una più chiara, l'altra più scura. La più chiara sembra circondare e
riempire tutto l'emisfero, mentre la più scura lo nasconde e lo ricopre di macchie. Le
più scure e le più estese furono osservate da sempre e ciascuno le può vedere: per
questo le chiameremo grandi e antiche, per distinguerle dalle altre macchie, minori di
estensione, ma talmente numerose che possono ricoprire la superficie totale della Luna,
soprattutto nella sua zona più luminosa. La loro osservazione, sovente ripetuta, ci ha
convinti che la superficie della Luna non è assolutamente unita, uniforme ed esattamente
sferica, come un gran numero di pensatori hanno creduto, e non solo per la Luna, ma
ineguale, accidentata, piena di cavità e prominenze proprio come la superficie stessa
della Terra, e sormontata da montagne e solcata da profonde vallate"
" ...Le apparenze che mi hanno permesso
di giungere a queste conclusioni sono le seguenti. II quarto e il quinto giorno dopo la
congiunzione, quando la Luna offre al nostro sguardo dei corni splendenti, la linea che
separa la parte scura dalla parte chiara non si stende secondo una curva uniforme, come
capiterebbe su un solido perfettamente sferico, ma è tracciata in modo irregolare.
Infatti numerose protuberanze luminose penetrano, al di là dei loro limiti, nella zona
dell'oscurità e, inversamente, delle particelle oscure si introducono nella parte
illuminata. A volte, un gran numero di macchie nere, interamente separate dalla zona
oscura, sono seminate su tutta la zona già illuminata dal Sole, senza parlare della zona
dove si trovano le grandi e antiche macchie. Inoltre, abbiamo notato che le piccole
macchie hanno questo in comune: che dirigono tutte e sempre la loro parte più scura verso
il Sole; di rimando, nella parte opposta al Sole, le macchie nere sono illuminate alle
loro estremità e coronate da cime smaglianti. E uno spettacolo in ogni punto simile
a quello che abbiamo sulla Terra al sorgere del Sole: le vallate sono ancora immerse
nell'oscurità, mentre si illuminano le montagne che le circondano e precisamente dal lato
opposto al Sole; e come le ombre delle cavità terrestri si restringono man mano che il
Sole si alza allorizzonte, così le piccole macchie lunari perdono le loro zone
oscure mentre aumentano la loro parte luminosa".
I cicli lunari
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La luna era molto importante per gli
almanacchi di Regiomontano e Stoffler pubblicati nel 1492 e 1499, modelli di quelli
francesi del Cinquecento, semplici tavole in cui erano calcolati giorno per giorno gli
spostamenti dei due astri maggiori e di tutti i pianeti. Ambroise Parè, anch'egli assiduo
frequentatore della famiglia reale di Enrico II, conosciuto poi soprattutto come il padre
della chirurgia moderna verso la metà del Cinquecento, si occupò di fasi lunari, questa
volta per mettere in rilievo la loro influenza sulla meteorologia; egli sosteneva che
"quando la luna è rossa porta vento, pallida porta la pioggia, chiara bel
tempo". Astrologi, astronomi e medici che non potevano prescindere nell'esercizio
della loro professione dalla conoscenza dei movimenti celesti, oltre a riformatori
religiosi anchessi membri della piccola elite degli alfabetizzati, non furono i soli
a fare attenzione ai moti del nostro satellite. Districarsi tra luna crescente o calante,
nuova, piena, di un quarto era una necessità per tutti. La credenza nella luna rossa era
condivisa in Francia anche dai contadini benestanti nella prima metà del Cinquecento che
recitavano un proverbio diverso nella forma ma analogo nella sostanza a quello usato da
Amboise Parè. Nelle campagne, inoltre, il primo martedì della luna nuova era considerato
un giorno cruciale perché se sereno tutto il mese sarebbe stato soleggiato, viceversa se
pioveva ci si dovevano aspettare continui rovesci fino alla luna successiva
". Un legame più esplicito tra la luna e lagricoltura è proposto
da alcuni almanacchi cinquecenteschi, come quello di Jean de Lespine, dottore in medicina,
pubblicato a Le Mans nel 1534. Dalle fasi lunari e dal momento esatto in cui il satellite
si trovava in opposizione e in quadratura con il sole, dipendevano le "elezioni", tra le
quali i momenti in cui era consigliato piantare e concimare simbolizzati con un trifoglio,
o la sigla "SP" che significava "bon semer et planter ", ma il principio restava lo
stesso. Un proverbio comune suggeriva di seminare con la luna calante in modo che la
pianta crescesse più rigogliosa. Se la luna nel Cinquecento si fosse limitata ad
aiutare i contadini nelle previsioni del tempo o a orientare i buongustai nella
consumazione di ostriche non saremmo di fronte a una situazione radicalmente diversa
rispetto a quella odierna perché da un punto di vista qualitativo è abbastanza simile
badare alle sue fasi per tagliare la legna come si faceva allora o per costruire
unatmosfera romantica come si continua a fare oggi. Ma la luna non fu solo il segno
per considerare più o meno propizie certe attività, ebbe anche un ruolo essenziale per
orientarsi nel corso dellanno e misurare il tempo.
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Nel 1524 l'astronomo tedesco Peter
Bienewitz, detto Apiano, suggerì di stabilire con il moto lunare la differenza di
longitudine, un problema particolarmente scottante dopo le grandi scoperte geografiche
perché, a differenza della latitudine, non poteva essere risolto con l'osservazione delle
stelle fisse. "Lo scarabeo nell'ultimo giorno della luna fa una pallina di stereo di
vacca, [...] sotterra la pallina in una fossetta dove la lascia per 28 giorni, durante i
quali la luna fa il giro dei dodici segni dello zodiaco [ poi] torna alla pallina la
dissotterra e ci trova un piccolo scarabeo formato, animate e con la luna nato e
rinnovato". La luna, oltre a essere il simbolo della rinascita e della
rigenerazione, funge anche da unità di misura temporale: il suo ciclo di ventotto giorni
è lunico metro che lo scarabeo conosca. Gli astronomi e gli scarabei non
furono i soli a misurare con la luna lo scorrere del tempo, anche le sei vecchiette che
raccontavano credenze popolari delle Fiandre e della Piccardia, diffuse negli ultimi anni
del Quattrocento, suggerivano alle giovani mogli di aspettare una lunazione completa per
essere certe, nel caso il marito non le avesse toccate, dellavvenuto tradimento. In
Italia i calendari cinquecenteschi si chiamavano lunari e potevano sia contenere le fasi
della luna nellanno in corso, come quello di Lucca per il 1565, sia proporre le date
di quella nuova e piena per alcuni anni, come nei numerosi testi editi a Venezia tra il
1491 e la meta del Cinquecento. Il calendario lunare, contrariamente a quello basato sulla
divisione dell'anno in dodici parti, fa riferimento a moti astrali chiaramente
identificabili, all'osservazione dei fenomeni celesti: per questo era alla portata di
tutti, come sottolineava con una battuta il matematico Giovanni Padovani nel 1576 per il
quale era un metro da usare " senza scienza di lettere, over intelligenza di calcoli".
LA LUNA NEI MITI E NELLE
CREDENZE E POPOLARI La
Luna non è solo quel bellissimo oggetto celeste che, di notte, risveglia il lato più
romantico di ognuno di noi. Dietro questa visione cè molto di più, enormemente di
più. E stata una compagna per la Terra, probabilmente fin dalla sua nascita.
E stata testimone dellevoluzione delluomo. Ha assistito ad ogni suo
successo ed insuccesso. E stata temuta, amata, odiata, venerata. Fenomeni come le
eclissi lunari hanno rappresentato momenti di terrore, paura, eccitazione. Non è un
mistero che i popoli antichi vedessero le eclissi come segni nefasti. Dobbiamo infatti ricordare come le civiltà antiche
avessero un profondo rapporto con tutto ciò che avveniva nel cielo. Dal cielo si dovevano
saper trarre i segni fondamentali che potevano garantire la sopravvivenza delle varie
comunità, segni che riguardavano il procedere delle stagioni, le variazioni atmosferiche,
il volere delle divinità. In pratica tutti gli avvenimenti celesti dovevano avere una
controparte in quelli terrestri. Un qualsiasi evento astronomico non era senza conseguenze
per i destini della comunità. Quindi, poiché la vita sulla Terra dipendeva (come oggi)
dal Sole e dalla Luna, la sparizione di una di essa, era considerato un turbamento
dell'ordine cosmico.
Di solito le eclissi venivano
viste come se la Luna fosse mangiata da vari tipi di creature mostruose. In Cina si
trattava di un cane celeste, presso gli Indios del Sudamerica un uccello con le ali
spiegate, in America un dragone. In India la Luna veniva inghiottita da Rahu, uno dei
demoni che lottarono con gli dei per possedere la dea Laksmi, l'equivalente della nostra
Venere, e un nettare divino come l'ambrosia. I demoni vinsero ma, proprio quando Rahu
stava bevendo l'ambrosia, il dio Narayana lo sorprese e gli tagliò la testa, che da
allora se ne va in giro per il cielo a tendere agguati al Sole ed alla Luna.
Presso i Buriati, nella Siberia orientale, a
est del lago Bajkal, era diffusa la credenza di un mostro chiamato Alkha, che inseguiva
continuamente e divorava il Sole e la Luna. Alla fine gli dei, esasperati per i ripetuti
oscuramenti del mondo, tagliarono Alkha in due. La metà inferiore cadde sulle terra, ma
quella superiore continuò a ossessionare i cieli: questo é il motivo per cui le eclissi
accadono ancora, di tanto in tanto. Per scongiurare il pericolo, i Buriati solevano
emettere forti strilli, scagliare pietre e più recentemente, sparare verso il cielo, per
mettere in fuga il mostro. Altri popoli tengono comportamenti simili. Per esempio gli
Indios Kalina del Surinam facevano un baccano d'inferno, battendo su ogni cosa capitasse a
tiro per allontanare i due contendenti, Sole e Luna che, pur essendo fratelli , talvolta
litigavano furiosamente.
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Gli Indios della Colombia afferravano le loro armi e intonavano inni di guerra, promettendo al Sole ed alla Luna di pentirsi delle proprie colpe e di impegnarsi duramente da lì in avanti nelle proprie mansioni, dimostrando tale volontà mettendosi a irrigare i campi di grano e lavorando a ritmi forsennati durante il fenomeno.
Nell'antico Egitto le eclissi avvenivano perché un maiale nero, il demone Set travestito, saltava sull'occhio di Horus, il dio del Sole. Per le antiche tribù norvegesi il mago Loki viene incatenato dagli dei. Per vendicarsi crea dei lupi giganteschi, i più grandi dei quali sono Mànagarmer. che causano le eclissi lunari inghiottendo la Luna, e Skoll, che causa quelle solari mangiandosi il Sole.
Presso molti popoli il
fenomeno era visto come l'unione tra due sposi. Così a Tahiti dove, molto romanticamente,
si pensava che , con il sopraggiungere dell'oscurità, il Sole e la Luna, non trovando la
strada, avessero creato le stelle per rischiarare il cammino. Tra i pellerossa canadesi,
se per i Tlingit il fenomeno avveniva quando la Luna andava a visitare il marito, per gli
Algonchini esso era dovuto al fatto che il Sole prendeva suo figlio tra le braccia.
D'altra parte, un mito tedesco vedeva le eclissi come il risultato della lite tra due
coniugi, considerando tra l'altro la Luna di genere maschile e il Sole femminile.
Naturalmente, accanto alle visioni mistiche,
cominciarono a svilupparsi anche spiegazioni fisiche, a partire da quella più importante,
cioè l'allineamento tra Terra Sole e Luna. Si ritiene che già nel Paleolitico Superiore
l'uomo fosse in grado di registrare abbastanza accuratamente le fasi lunari, e quindi di
avere una buona base di partenza per approfondire la questione.
Almeno questo sembra dimostrare il
ritrovamento di frammenti ossei animali recanti incisioni disposte in sequenza di 30
ritrovate in Africa, Francia, Ucraina e Spagna, tutte risalenti ad un periodo compreso fra
i 9000 e i 20000 anni fa. E' noto come il grande monumento megalitico di Stonehenge,
risalente a quasi 5000 anni fa, fosse uno straordinario calendario lunisolare, ovvero uno
strumento di orientamento e di allineamento con le direzioni di levata e tramonto del Sole
e della Luna in diversi momenti fondamentali.
Anche qui, fra
l'altro, sono presenti dei numeri che sembrano avere a che fare con i giorni del ciclo
lunare: vi sono 30 arcate nel ciclo di pietre anticamente componenti del cosiddetto
Cerchio di Sarsen e 30 e 29 fori nei due sistemi di cavità chiamati convenzionalmente
fori Z e fori Y (la media dei due numeri, 29,5, corrisponde al numero dei giorni del mese
sinodico lunare, l'intervallo tra due noviluni. I primi documenti contenenti registrazione
delle eclissi lunari sono dei Babilonesi ed é molti probabile che già nel secondo
millennio a. C., conoscessero il cosiddetto ciclo di saros, ovvero che le eclissi di luna
si ripetono ogni 18 anni e 11 giorni. Più o meno intorno al secondo secolo d.C.,
dall'altra parte dell'oceano, incominciava l'espansione della civiltà Maya. Gli astronomi
di quel popolo scoprirono che le eclissi potevano avvenire a intervalli di cinque o sei
mesi sinodici lunari. Anche negli antichi annali cinesi sono riportate eclissi già dal
2000 a. C.
L'apparato matematico descrittivo e predittivo
dei Babilonesi in campo astronomico passò ai Greci i quali coniarono il termine eclisse,
da ekleipsis, che significa difetto, venir meno. Tolomeo nell'Almagesto é la migliore
fonte a riguardo.
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Nel medioevo tali
fenomeni vennero registrati, soprattutto, nelle cronache monastiche italiane. Nel mondo
arabo, che ereditò l'immenso patrimonio culturale greco, l'osservazione delle eclissi era
importante per due ragioni: la necessità di verificare la precisione delle tavole di
eclissi esistenti (si ritiene che gli astronomi arabi fossero in grado di predire le
eclissi solari con un margine di errore di 40 minuti, quelle lunari con uno scarto ancora
minore), e la possibilità di determinare la differenza di longitudine sulla superficie
terrestre. Per questo scopo venivano utilizzate le eclissi lunari.
La sua influenza sulla vita delluomo, e
in generale sulla vita tutta, è innegabile. La Luna ha sempre avuto un ruolo determinante
nella credenza dei popoli: alla Luna si è attribuito il potere di influire sulla vita
vegetale. Per alcune popolazioni di interesse etnologico la Luna piena aiutava la crescita
delle alghe, di altre piante marine e di quelle piante che crescevano solo di notte. Per
questa ragione alcune tribù del Brasile la chiamavano Signora o Madre delle
piante. E' il suo calore che fa crescere le piante, si dice in uno degli
Yasht, complesso di inni sacri dello zoroastrismo persiano. Nell'antica Cina, si
credeva che sulla luna crescesse l'erba. Ancora oggi, in numerose regioni, i contadini
seminano con la luna nuova per garantire alle sementi una crescita armonica con la
crescita lunare; all'opposto preferiscono tagliare gli alberi e raccogliere le verdure
quando la luna è calante, in quanto temono di contrariare il ritmo cosmico troncando un
organismo vivo durante la luna crescente. E' noto il timore degli orticoltori nei
confronti della "luna rossa", cioè quella che inizia in aprile e finisce in
maggio. In quel periodo, i germogli sono molto delicati, e può ancora presentarsi una
gelata notturna. Se il cielo è terso, la terra, durante la notte, si raffredda in fretta,
provocando un abbassamento della temperatura fino alla gelata. Al contrario, se il cielo
è coperto, la luna rimane nascosta e la coltre delle nubi impedisce al suolo di
raffreddarsi eccessivamente, con effetti positivi per la vegetazione. Non sono né la luna
né la sua luce, quindi, a bruciare i germogli, ma il chiarore lunare indica un cielo
particolarmente terso e freddo. Ciò che la credenza popolare presenta come un rapporto di
causa ed effetto è spiegato dalla scienza come la doppia conseguenza di una stessa causa.
Tutte queste corrispondenze tra la luna e il tempo che passa e logora le cose fino alla
morte, tra la luna, la pioggia e la vegetazione, si ritrovano tra i pigmei. Presso questa
popolazione africana la festa della luna nuova si tiene proprio prima della stagione delle
piogge ed è riservata esclusivamente alle donne. Così molte attribuzioni della Luna
coincidono in gran parte con quelle della Terra e in primo luogo per quanto concerne la
funzione fertilizzatrice; infatti, come avviene nei Maori della Nuova Zelanda, molti
popoli associano Terra e Luna, considerandole anche create dalla stessa sostanza.
Tuttoggi, quando si semina, si raccoglie una coltivazione o si vendemmia, si fa
ancora attenzione se la Luna è calante o crescente. Diffusa era la credenza che l'azione
della Luna fosse esercitata a fondo sulla linfa delle piante dalle quali si estraevano
succhi per formare bevande inebrianti (nell'America centrale e meridionale la chicha è
considerata il sangue della Luna); ancora adesso l'alcol prodotto in zone del Kentucky è
detto moonshine, termine che i bianchi hanno preso in prestito dagli Indiani che
producevano e consumavano la chicha in onore della Luna, e tra la popolazione rurale è
importante sapere in che fase è la Luna per poter scegliere il momento per imbottigliare
il vino. La crescita e il calo della Luna, inoltre, è stato un fenomeno che ha colpito la
fantasia dei popoli di interesse etnologico, e a ciò si ricollegano numerosi miti simili
fra loro, noti in Africa settentrionale, tra i Cafrim, nelle isole Marchesi e Salomone.
Caratteristico è un mito bantu che collega l'astro con la stella del mattino e quella
della sera al ruolo di mogli: la Luna crescente sarebbe la moglie premurosa che accudisce
con amore al vecchio marito la Luna calante sarebbe la moglie malvagia. Questo
sdoppiamento delle caratteristiche della Luna, è presente anche tra gli Aztechi.
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Qui la luna veniva concepita sotto due
differenti immagini. La più significativa era Coyolxauhqui, "la signora dai
campanelli nuovi", sorella del grande dio Huitzilopochtli. Secondo la leggenda,
questi, ancora nel grembo della Madre Terra, aveva avvertito che le stelle e i pianeti
complottavano per distruggerlo, e così, quando emerse dal grembo, si preparò ad uccidere
tutti gli esseri che avrebbe incontrato. Ma insorse in un terribile errore: decapitò a
caso il primo essere che incontrò, accorgendosi solo dopo che si trattava della sorella,
la quale aveva udito intercedere in suo favore; colto dal rimorso, raccolse la testa e la
lanciò nel cielo, dove la signora dai campanelli d'oro splende tuttora, talvolta visibile
anche dopo il sorgere del Sole. L'altro aspetto della Luna era quello di Tlazolteolt, dea
dell'amore carnale; ma veniva chiamata anche Tlaelquani (mangiatrice di sozzura), la
divoratrice di sporcizia, cioè del male e dei peccati nome che le derivava dal fatto che,
nella terza delle sue quattro fasi, assorbiva tutti i mali commessi dagli uomini e ne
purificava l'anima se questo si confessava sinceramente con il sacerdote. Tale confessione
avveniva solo una volta nell'arco della vita e in genere dopo la cessazione dell'attività
sessuale, per non avere altre tentazioni. La dea assumeva quattro differenti sembianze
secondo le quattro fasi lunari: nella prima, era la Giovane Luna, un'adolescente
brillante, crudele, imprevedibile e piena di fascino; nella seconda, una giovane donna
sensuale di insaziabile amore carnale; nella terza, di breve durata, una sacerdotessa che
perdonava i peccati, proteggeva i matrimoni, portatrice di pace e fecondità nelle case;
lultima, un mostro, somigliante ad Ecate, che divorava gli amanti, si impossessava
delle ricchezze e privava lumanità di ogni suo bene. Queste continue
trasformazioni, oltre a rappresentare specifici attributi lunari, sembrano simboleggiare
ed esprimere la mutevolezza femminile, come se, gli uomini aztechi, temessero che un
giorno la donna si sarebbe ribellata ad una situazione di inferiorità in cui erano
costrette a vivere.
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Tale attribuzione alla Luna di
caratteristiche femminili, per i Maori, è nata dalla relazione tra il ciclo lunare e il
ciclo fisiologico femminile, infatti, chiamano le mestruazioni malattia della Luna. Da
questa osservazione si è passati ad un'altra attribuzione della Luna, quella di divinità
femminile che presiede alle nascite. Per gli assiri, la luna e la Grande Vacca sono
associate nei riti di fecondità. Un inno sumero chiama il dio-Luna "Toro vigile
dagli infaticabili piedi". Di contro, le popolazioni eschimesi considerano la Luna di
sesso maschile e che scenda durante la notte dal cielo per unirsi con le loro donne. I
figli che nascerebbero da queste unione avrebbero caratteristiche di eroi lunari. Anche
per i miti australiani la Luna è un seduttore che abbandona la donna dopo averla resa
madre. In alcune tradizioni, le viene attribuita addirittura la capacità di rendere
incinte le imprudenti che, la sera, urinano girate verso di lei!
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Nello scintoismo, la religione ufficiale del antico Giappone, la luna ha scarso spazio, mentre nelle tradizioni popolari, di sapore fiabesco, abbondano le figure di animali. Così, secondo una credenza giunta dall'India attraverso il buddismo, la lepre compare spesso come abitatrice della luna; e animale lunare è anche nelle tradizioni cinesi. Quanto ai giapponesi l'hanno presto fatta propria, assimilandola alla lepre bianca. Nella maggior parte dei codici simbolici messicani, la luna è rappresentata da una sorta di recipiente a forma di mezzaluna, in fondo alla quale spicca la figura di un coniglio.
Sebbene sia ritenuta in molti
casi un sole decaduto e nostante abbian realtà minore incidenza sui fenomeni terrestri,
la tradizione attribuisce alla luna influssi e poteri ben più vasti rispetto a quelli del
sole. I suoi grandi poteri le derivano in primo luogo dal fatto di essere signora
del tempo. Lo è solo in un senso, dato che scandisce il ritmo dei mesi, mentre il
sole presiede al succedersi dei giorni e degli anni. Il suo tempo non è vivo, non è il
tempo che passa, il tempo che logora gli esseri umani. La luna che cresce, decresce e
scompare tre giorni per poi ricomparire, fragile e sottile, è invece il simbolo del tempo
concreto, vivo, che passa e parla ai sensi: un tempo che è possibile afferrare
immediatamente, intuitivamente. E' la signora del tempo, del divenire e del destino. Una
tradizione babilonese sostiene che la creazione dell'uomo è avvenuta durante la luna
nuova. La coincidenza tra nascita e luna nuova è garanzia che la creatura continuerà a
crescere.
La luna regna sulle acque del cielo: ancora
oggi molti credono che con la luna nuova cominci o smetta di piovere. Ma quando la luna
compare, compare su tutta la terra, ed è difficile credere che le piogge comincino
e cessino contemporaneamente in tutto il pianeta. La luna regna anche sulle acque
terrestri: gli uomini hanno notato molto presto che il mare si alza e si abbassa seguendo
il ritmo lunare, e una volta tanto le scienze non hanno potuto smentire questa
osservazione anche se basata sull'analogia. Le maree sono dovute alle forze di attrazione
combinate della luna e del sole, anche se quest'ultimo vi contribuisce solo per un terzo.
Così la luna è anche nelle acque. Lo dicono mille leggende. Le
più belle leggende Molto
tempo prima della moderna scienza lunare e al di fuori di essa, si è tentato di spiegare in modo più o meno fantastico l'origine delle
macchie esistenti sulla faccia visibile della Luna. Quasi dovunque, in Europa, si
conoscono dei racconti nei quali compare un uomo che, per aver violato una serie di
comandamenti religiosi o per aver rubato, è costretto a vivere sulla Luna, riempiendola
con il suo corpo di macchie difformi. Una leggenda molto simile si ritrova in Nuova
Zelanda. Qui si tratta di una donna, Rona, che è rapita dalla Luna assieme al ramo
dalbero al quale si è aggrappata per non lasciare la Terra. In Cina, l'albero è
un'acacia, sulla quale sta seduto un uomo che bada alla sua potatura. A Giava è invece un
bracconiere intento a porre lacci per gli uccelli che si posano sempre tra i rami di una
quercia. In Siberia le leggende sono imperniate attorno ad una ragazza rapita dalla Luna
per aver mancato di rispetto alla suocera. Per lo spavento la ragazza si aggrappa ad un
salice ed ecco che da quel giorno la si vede sulla Luna con il suo alberello. Secondo una
vecchia tradizione annamita, l'uomo sulla Luna è un bugiardo ed un pasticcione che,
poiché faceva il boscaiolo, porta sempre sulle spalle, anche lassù, un'ascia e un ramo
d'albero. In tutti questi casi, dunque, le macchie lunari non sono altro che le foglie
degli alberi di cui si parla in queste leggende. Nell'Edda di Snorri, la celebre saga
islandese, la Luna rapisce due ragazzi che tornano da un pozzo dove sono andati a rubare
due secchi d'acqua e, secondo una leggenda svedese che si ispira direttamente a questo
episodio, lacqua avrebbe dovuto servire a spegnere la Luna... Unaltra idea
concerne le macchie lunari e molto diffusa nel mondo è quella che vede un tessitore od
una tessitrice seduti sulla Luna. Nelle Ardenne si racconta che una giovane donna che
lavorava in filanda, innamorata smodatamente della danza, fu rapita dalla Luna in seguito
ad una maledizione. A Sumatra è un uomo che tesse la sua tela sulla Luna; ma ogni mese un
topo viene a distruggerne il lavoro. Gli Algonchini invece raccontano che si tratta di una
donna che tesse un diadema; ma un gatto, lì vicino, ne strappa il tessuto una volta al
mese affinché non sia mai terminato. (Se cio avvenisse, arriverebbe la fine del mondo).
In Cina la divinità lunare tesse i fili che uniscono le famiglie. In certi casi però la
speculazione mitica è andata ancora più lontano, come per esempio quella egizia, secondo
la quale la divinità lunare Neith tesse un velo cosmico che nessun mortale ha mai
toccato. In questo modo, attraverso lidentità del filare e del tessere il proprio
destino, la Luna ha finito per diventare la dea del Destino, come ce la rappresentano
Sofocle o Catullo, o ancora come ce lo confermano tutte le tradizioni popolari del Nord.
Nelle più belle leggende lunari si ritrovano i significati mitici cui abbiamo
accennato e il lettore può afferrare meglio l'aura magica che circonda la Luna.
LA LUNA NELLA LETTERATURA In confronto al Sole, agli altri pianeti e alle stelle, il nostro satellite è così vicino e apparentemente a portata di mano, che non c'è nulla di strano se gli uomini hanno sempre sognato di andarci. E se oggi ci sono riusciti, in parte ciò è dovuto forse al fatto che molti poeti, scrittori, filosofi, studiosi, hanno tracciato, fin dai tempi più antichi, una via di fantasticherie avvincenti. Ludovico Ariosto(1474 - 1533) Gli uomini e la luna
Nel tempo ch'era nuovo il mondo ancora e che inesperta era la gente prima e non eran le astuzie che sono ora, a piè d'un alto monte, la cui cima parea toccassi il cielo , un popul, quale non so mostrar, vivea ne la val ima; che più volte osservando la inequale luna, or con corna or senza ,or piena, or scema, girar il ciel al corso naturale, e credendo poter da la suprema parte del monte giungervi , e vederla come si accresca e come in se si prema ; |
chi con canestro e chi con sacco per la montagna cominciar correr in sù, ingordi tutti a gara di volerla. Vedendo poi di non esser giunti più vicini a lei, cadeano a terra lassi, bramando in van d'esser rimasi giù. Quei ch'alti li vedean dai poggi bassi, credendo che toccassero la luna, dietro venian con frettolosi passi. Questo monte è la ruota di Fortuna, ne la cui cima il volgo ignaro pensa ch'ogni quiete sia, nè ve nè alcuna. |
In questa dimensione si rivela
illusoria la speranza che gloria ed onori possano appagare l'uomo, come ci dice il poeta
in un'altra breve favola dove, con un pessimismo al solito temperato da una bonaria ironia
si racconta un altro aspetto della follia umana: la corsa degli uomini per "conquistare"
la luna (Satira III, vv. 208-51).
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Ci voleva la fantasia di un poeta come l'Ariosto per lanciare il suo eroe, in veste quasi di astronauta, alla conquista del pianeta d'argento. |
E ancora nell
Orlando Furioso, il viaggio di Astolfo sulla Luna, canto XXXIV, ottave 75-78, rappresenta
il perpetuo cercare degli uomini che non approda mai ad una conquista stabile realizzata
una volta per sempre, ma che vive della sua stessa ricerca, del suo affannarsi e sperare,
e in questo trova, nello stesso tempo, il suo appagamento e la sua infelicità.
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La vita della Luna di Galileo Galilei (1564 - 1642) Simplicio. "Perché noi chiaramente veggiamo
e tocchiamo con mano, che tutte le generazioni, mutazioni etc. che si fanno in Terra,
tutte, o mediatamente o immediatamente, sono indirizzate all'uso, al comodo ed al
benefizio dell'uomo: per comodo de gli uomini nascono i cavalli, per nutrimento dè
cavalli produce la Terra il fieno, e le nugole l'adacquano; per comodo e nutrimento degli
uomini nascono le erbe, le biade, i frutti, le fiere,gli uccelli, i pesci; ed insomma, se
anderemo diligentemente esaminando e risolvendo tutte queste cose troveremo il fine al
quale tutte sono indirizzate esser il bisogno, l'utile, il comodo e il diletto degli
uomini. Or di
quale uso potrebber esser mai al genere umano le generazioni che si facessero nella Luna o
in altro pianeta? Se già voi non voleste dire che nella Luna ancora fussero gli uomini,
che godesser de i suoi frutti: pensiero, o favoloso o empio".
Sagredo. "Che nella Luna o in altro pianeta si generino o erbe o piante o animali simili ai nostri, o vi si facciano pioggie, venti, tuoni, come intorno alla Terra, io non lo so e non lo credo, e molto meno che ella sia abitata da uomini: ma non intendo già come tuttavoltachè non vi si generino cose simili alle nostre, si deva di necessità concludere che niuna alterazione vi si faccia, nè vi possano essere altre cose che si mutino, si generino e si dissolvano, non solamente diverse dalle nostre, ma lontanissime dalla nostra immaginazione, ed insomma del tutto a noi inescogitabili. E sì come io sono sicuro che a uno nato e nutrito in una selva immensa, tra fiere ed uccelli, e che non avesse cognizione alcuna dell'elemento dell'acqua, mai non gli potrebbe cadere nellimmaginazione essere in natura un altro mondo diverso dalla terra, pieno di animali, li quali senza gambe e senza ale velocemenete camminano, e non sopra la superficie solamente, come le fiere sopra la terra, ma per entro tutta la profondità, e non solamente camminano, ma dovunque piace loro immobilmente si fermano, cosa che non possono fare gli uccelli per aria, e che quivi di piu abitano ancora uomini e vi fabbricano palazzi e città, ed hanno tanta comodità nel viaggiare, che senza niuna fatica vanno con tutta la famiglia e con la casa e con le città intere in lontanissimi paesi; si come, dico, io sono sicuro che un tale, ancorchè di perspicacissima immaginazione, non si potrebbe già mai figurare i pesci, l'oceano, le navi, le flotte e le armate di mare; così, e molto più, può accadere che nella Luna, per tanto intervallo remota da noi, e di materia per avventura molto diversa dalla Terra, sieno sustanze, e si facciano operazioni non solamente lontane, ma del tutto fuori d'ogni nostra immaginazione, come quelle che non abbiano similitudine alcuna con le nostre, e perciò del tutto inescogitabili, avvenga che quello che noi ci immaginiamo bisogna che sia o una delle cose già vedute, o un composto di cose o di parti delle cose altra volta vedute; che tali sono le Sfingi, le Sirene, le Chimere, i Centauri".
Da questo dialogo si scorgono due differenti modi di pensare: Simplicio sostiene la tesi dei paripatetici, che luniverso sia tutto in funzione delluomo e ogni cosa trovi la sua giustificazione nel fatto di essere utile alla vita umana; Galileo ammira invece la grandiosità delluniverso commisurandone il valore, non più al vantaggio immediato delluomo ma alla grandiosità infinita della sua vita, che rivela la potenza della mente creatrice di Dio.
"E sì come io son sicuro..." : il riferimento di Galileo alla luna cerca di far intuire al lettore la grandezza degli spazi infiniti del cosmo e la possibile presenza di vite molteplici e infinite, fuori dogni nostra immaginazione. STORIA COMICA. Viaggio meraviglioso nella Luna e nel Sole (1646) sole di Cyrano De Bergerac
(Composizione
del 1880 dell'astronomo francese Camille Flammarion in cui si illustra il paradosso di un
firmamento limitato. Infatti, se è limitato, che ci sarà mai oltre il suo
confine estremo?) Scritta
probabilmente fra il 1643 e il 1651, lavventura immaginaria del filosofo francese
nelle regioni cosmiche si colloca al centro di un curioso crocevia in cui vengono a
confluire la dimensione utopica e linteresse etnografico, il racconto picaresco e le
suggestioni magiche. La storia inizia in una notte di plenilunio. Quattro amici rientrano
a casa, gli occhi immersi "nella grande boccia di zafferano che brilla in
cielo", azzardano, in tono scherzoso, le più diverse congetture sulla natura lunare.
Cyrano, che nella finzione narrativa parla in prima persona, sostiene che la luna sia un
mondo "al quale il nostro serve da luna". Seguirà la sua decisione di
salire sulla luna e quindi i preparativi per il viaggio.
Andare sulla Luna è stato il sogno di molti uomini: scienziati, ma anche sognatori e poeti. Anzi questi ultimi, facendo appello alla loro fantasia, hanno sempre inventato qualche mezzo meraviglioso per sollevarsi in cielo e, una volta lassù, balzare sulla Luna. Cyrano de Bergerac immagina che la rugiada, così delicata da evaporare al primo raggio di Sole, possa servire, chiusa in una cintura di fiale, per far perdere ad un uomo il proprio peso e sollevarlo dolcemente lassù, nel cielo, verso la meta agognata.
Luomo del Seicento vive, in un orizzonte nuovo i cui confini non sono più quelli del ristretto sistema tolemaico. Le scoperte della scienza lo hanno scardinato dalla sua posizione eccezionale nel creato, ribaltando le antiche gerarchie e sconvolgendo irreparabilmente, insieme allordine cosmologico, la fisionomia di quelledificio sociale allinterno del quale aveva coltivato i suoi valori e le sue certezze. Non solo la terra non è più al centro delluniverso, ma luniverso stesso sembra non aver più alcun centro, né alcun limite. Luomo viene così a trovarsi in balia dellinfinito. In questo labirinto, percorso da oscure corrispondenze, la realtà rischia di sfuggire ad ogni ragionevole progetto di controllo. Mentre la strada dellarmonia e dellequilibrio, che caratterizzava le aspirazioni rinascimentali, non sembra più percorribile, mentre quella della scienza non sembra ancora sufficientemente delineata, luomo, che sino ad allora si era creduto al centro della creazione, cui Dio aveva sottoposto la natura e tutto il vivente affinché su tutto potesse esercitare il suo dominio, diventa, in questo nuovo spazio cosmico onnicentrico, un pulviscolo, un nulla perso in unimmensità indifferente e impassibile che lo ignora.." Nel silenzio eterno degli spazi infiniti", la stessa fede tende a perdere i suoi caratteri di certezza, per diventare una scommessa su cui è conveniente puntare" (Pascal).
Il Viaggio negli stati e
negli imperi della Luna e del Sole non è soltanto un viaggio nello spazio, ma anche
un viaggio nel tempo, unavventura infinita attraverso i testi del passato e del
presente, testi che trovano voce nei diversi, stravaganti incontri di cui è tessuta tutta
la trama narrativa. Tutto il viaggio è, in ogni caso, esplicita ripresa di un mito che,
per luomo, sembra avere il valore di un archetipo racchiuso da sempre nella sua
fantasia, dal mito di Icaro e della sua metamorfosi in volatile al viaggio di Astolfo
sulla Luna di Ariosto.
Alla luna di Giacomo Leopardi (1798 - 1837)
O graziosa luna, io mi rammento che, or volgel'anno, sovra questo colle io venia pien d'angoscia a rimirarti: e tu pendevi allor su quella selva siccome or fai, che tutta la rischiari. Ma nebuloso e tremulo dal pianto che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci il tuo volto apparia,travagliosa |
era mia vita: ed è, nè cangia stile, o mia diletta luna. E pur mi giova la ricordanza, e il noverar l'etate del mio dolore. Oh come grato occorrea nel tempo giovanil, quando ancor lungo la speme e breve ha la memoria il corso, il rimembrar delle passate cose, ancor che triste, l'affanno e che duri! |
Tale opera di Leopardi è improntata sul tema importantissimo della ricordanza. La dolcezza del ricordo persiste anche quando la vita presente è triste e il ricordo stesso è causa di dolore. Il riferimento alla luna è fondamentale perchè rappresenta la reminiscenza classica e in un certo senso la rappresentante di tutte quelle cose familiari, mute, generatrici del dolore e del sognare, alle quali sono rimasti legati i ricordi. "De la terre à la lune" (1865) di JULES VERNE
"Dalla terra alla luna" anticipa le imprese spaziali della seconda metà del nostro secolo. Naturalmente Verne non poteva immaginare che si sarebbe trovato il modo di sparare una capsula spaziale senza ricorrere a "cannonissimi". Eccetto il mezzo di propulsione, tutto quanto Verne presenta nel suo romanzo, luomo lo ha vissuto: la capsula spaziale, il giro della luna con la visione della faccia nascosta, il ritorno della capsula con la caduta nell Oceano.
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J.Verne - Dalla terra alla luna - Ediciones Topela - Barcellona - 1979
Alla
nuova luna di
Salvatore Quasimodo (da
LA TERRA IMPAREGGIABILE, 1958) In
principio Dio creò il cielo
e la terra, poi nel suo giorno esatto mise luminari in cielo e al settimo giorno si riposò. Dopo miliardi di anni l'uomo, fatto a sua immagine e somiglianza, senza mai riposare con la sua intelligenza laica, senza timore, nel cielo sereno d'una notte d'ottobre mise altri luminari uguali a quelli che giravano dalla creazione del mondo. Amen. La poesia fu ispirata a Quasimodo dal lancio del primo
satellite artificiale, lo Sputnik, nel 1957. Se lopera, a prima vista, può sembrare
una preghiera che esalta lardire delluomo (Amen) e la sua intelligenza laica,
a molti suona invece come una condanna per i continui tentativi delluomo di violare
larmonia e la bellezza degli spazi infiniti.
Giuseppe Ungaretti,
All'indomani dell'atterraggio dei primi astronauti sulla Luna ha detto: "Questa è una notte diversa da ogni altra notte del mondo". "Che cosa hanno fatto veramente questi uomini? Si può dire che hanno usato violenza alla natura ribellandosi legge che li legava alla Terra: ma si può dire allo stesso modo che hanno saputo trovare altre leggi nascoste in un più lontano segreto della natura, e che hanno saputo sfruttarle con la loro intelligenza per appagare il loro bisogno di conoscere. Da questo punto di vista questa impresa è certamente un fatto di poesia. Potremmo anzi arrivare a concludere che gli strumenti usati da questi uomini per questa loro avventura sono anch'essi strumenti di poesia: come il remo di Ulisse, come la vela della sua nave. Ogni uomo ha desiderato da sempre di conquistare la Luna. Basterà rileggere le pagine più antiche di ogni cultura, per trovare questo richiamo perenne. Affidato a mille voci diverse, dalla tragedia alla favola, manifestato nella malinconia o anche nel sorriso dell'invenzione: ma il richiamo cè, si ripete, ci ricorda continuamente la nostra condizione di creature costrette in un limite eppure sospinte al di là di quel limite. Fino a ieri soltanto, il poeta poteva, per tutti gli altri, passare questa frontiera sulle ali di Icaro o sulla groppa dellippogrifo... Oggi è stato raggiunto lirraggiungibile, ma la fantasia non si fermerà. La fantasia ha sempre preceduto la storia come una splendente avanguardia". Continuerà a precederla... Gli uomini continueranno a vedere la Luna così come appare dalla Terra, anche se la sua conoscenza fisica e scientifica potrà essere approfondita o modificata. Ma per gli effetti ottici che ha sulla Terra, la Luna rimarrà sempre per i poeti, e penso anche per l'uomo qualunque, la stessa Luna."
Fiabe di luna. Simboli lunari nella favola, nel mito, nella scienza.
E' la tesi che le fiabe, sono tutte ispirate al ciclo mensile della luna, ne narrano la vicenda, ne adottano il lessico. L'astro che illumina le notti, la luna crescente o calante, e soprattutto la luna cinerea dei noviluni, traspare attraverso i personaggi fiabeschi, e dà senso alle loro curiose storie. Presenza costante nelle favole di tutti i popoli, la luna appare sotto infiniti volti nella mitologia greca e, come annuncio di resurrezione, porta la novella cristiana: Ergo annuntiavit luna mysterium Christi (sant'Ambrogio). Ma anche le "favole scientifiche" adottano il puntuale e circolare stile lunare. "La luna è una vivida parte di noi situata nella lontananza ...Ella è una maniera del nostro pensiero, una forma della logica.". L'uomo civile non incontra mai la luna, salvo quando gli appare inattesa tra le sagome notturne dei palazzi. Una stranezza, specie se gli si presenta in fogge e positure insolite. Ha tutta l'aria di un arcaico pregiudizio, di un anacronistico dirigibile, di un dimenticato personaggio da un film muto. Come può sopportare un moderno il messaggio che non è mai cambiato da migliaia o da milioni di anni, la fonte di tanta superstizione o credulità ? La luna è ancora lì, capace di suscitare immagini senza fine. La luna è come la vita, che spunta dall'oscurità, cresce, fiorisce, declina, scompare nell'oscurità, e la vita sa di se stessa attraverso la luna, che sulla terra ancora deserta anticipava con le sue fasi le età dell'uomo. Quanta luce fa la luna. Tante trame fiabesche e mitologiche acquistano dalla luna un senso profondo e fatale.
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La luna dei poeti
Ora triste e melanconica, ora
invece lieta scanzonata, da secoli la Luna ha ispirato i poeti. Ed è cosa normale, se si
pensa all'importanza che la contemplazione della natura ha per ogni essere sensibile. Per
alcuni secoli questa contemplazione rimase però fine a sé stessa, dandoci una serie di
poemi in cui losservazione sembra prevalere sulla meditazione. Lentamente
lastrazione simbolica riesce poi a diventare uno degli elementi essenziali della
poesia e limmagine della Luna appare come simbolo più che come elemento
descrittivo. Anche qui la poesia segue la linea evolutiva della sensibilità che si affina
e la Luna non è più una dolce fanciulla o lamica dei grandi silenzi, ma la prima
meta dellinfinito-finito. Però non possiamo non concordare col professor A. J.
Sternfeld, dell'Accademia delle Scienze sovietica, quando scrive: "Si può
senzaltro affermare che limmaginazione creativa dei poeti ha avuto una
funzione di stimolo per la scienza nel campo del volo cosmico". In un certo senso sono loro che hanno
mantenuto vivo nel cuore di ogni essere l'amore per il nostro pallido satellite,
tramandando nei secoli un desiderio assetato di conquista. Forse se la Luna dei poeti non
fosse esistita, chissà, l'uomo si sarebbe stancato di sognare il viaggio impossibile. In
fondo quello che è importante è constatare che la scienza ha agito quasi come un
esecutrice, come se avesse ricevuto dai poeti il ruolo di risolvere il problema essenziale
dell'uomo: quello di fuggire all'angoscia della Terra per vivere infine nello spazio
accanto agli dei. Di seguito sono raccolte
alcune poesie che si riferiscono alla Luna: la loro scelta è puramente arbitraria e non
corrisponde a nessun preciso disegno storico od estetico, e ciascuno potrà aggiungerne
tantissime altre, anche più belle di quelle che qui han trovato posto, e più rispondenti
alle sue preferenze letterarie
PLENILUNIO SAFFO (Trad. S. Quasimodo) Gli astri intorno alla limpida Luna nascondono l'immagine lucente, quando piena più risplende, bianca sopra la terra.
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VERSI ALLA LUNA U. SABA
La Luna si è nascosta fra le nubi di madreperla dopo che in me, a vederla, vecchi fantasmi nacquero e follia. La Luna nel suo argento ha impresse sante immagini: la vergine Maria che il dolce figlio ha in grembo... La Luna non mi pare come l'occhio del Sole, l'accecante occhio che tutto vede, ma non dicerne e non ricorda; ella sa le presenti e le passate cose, e per quelle che saranno porta un finissimo intuito; ed anche ha un certo fare, austero e materno, ch'io la guardo come il bimbo, tolta del suo fallo la traccia, scruta furtivo la marmorea faccia |
della madre, la sua bocca che tace, un sorriso indicibile che toglie ogni sua pace. La Luna è uscita ignuda dalle nubi di madreperla. Affacciato a goderla, penso che innamorata sia d'un barbaro; penso una spiaggia ove al suo lume sbarcano quelli eroi sanguinosi che linfanzia del mio cuore, e del mondo, ha tanto amato; richiudo amareggiato da lei, che vergognosi sentimenti m'infligge di puerili eroiche imprese, di guerre a vendicar l'amico intese, di flotte naviganti a lumi spenti. |
Nel cercare
di cogliere le meraviglie dell'universo impariamo contemporaneamente a conoscere le
meraviglie dell'uomo. Quel volo sulla Luna, intrapreso come un viaggio verso
l'esterno, è stato anche un'esplorazione all'interno di noi stessi: e non in senso
poetico, ma reale e storico, perché il fatto di aver compiuto quel viaggio e di averlo
trasmesso per televisione ha trasformato, approfondito ed esteso la coscienza umana a un
grado e in un modo tale da segnare l'inizio di una nuova era spirituale. L'uomo è da
sempre stregato dalla Luna. "Sono circa quattro miliardi di anni che quel grazioso
satellite gira intorno alla Terra, come una splendida donna solitaria che tenta di
attirare lo sguardo su di sé. Finalmente ci è riuscita, ha catturato la nostra
attenzione e quindi anche noi stessi. E come sempre accade quando si risponde a una
tentazione simile, nasce una nuova vita, più ricca, più eccitante e più
appagante. L'uomo può vivere e realizzare nella propria vita un infinito
numero di destini, enormemente differenti, e quello che egli sceglie di incarnare non
sarà determinato da ultimo né dalla ragione né dal buon senso, ma da un insieme di
stimoli: "visioni che lo affascinano e lo trascinano ad andare oltre i suoi
limiti".
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La luna e la scienza moderna IPOTESI SULL'ORIGINE DELLA LUNA
La Luna costituisce un enigma per gli
astronomi: la sua massa pari a 1/81 di quella terrestre, è molto grande per un satellite
e la colloca in una posizione unica nel sistema solare. Solo Giove Saturno e Nettuno
possiedono satelliti di massa paragonabile, ma hanno, rispettivamente, una massa di 318,
95 e 17 volte superiore a quella della Terra. La sua formazione pone dunque un problema
particolare. Esistono quattro differenti ipotesi sull'origine della Luna.
La prima è quella della fissione. La
Terra, all'inizio della sua storia, ruotava con un periodo di 2,6 ore. Quando il ferro si
concentrò dal mantello nel nucleo, il momento d'inerzia della Terra diminuì e aumentò
la sua rotazione. Il suo corpo divenne instabile e la sua forma passò da quella di uno
sferoide schiacciato a quello di una pera. Ala fine il collo della pera si ruppe e si
formò la Luna. Ma tale ipotesi è oggi praticamente abbandonata perché non si riesce a
spiegare una simile velocità di rotazione, la differente composizione dei due mondi e
perché l'orbita della Luna non sia posta sul piano equatoriale terrestre e sia invece
inclinata di cinque gradi rispetto ad esso.
La seconda è quella della cattura. La Luna era un oggetto che andava liberamente alla deriva nello spazio. Quando incontrò il campo gravitazionale terrestre fu imprigionata da questo e costretta a ruotare su un orbita chiusa. L'energia in più che essa aveva si sarebbe dissipata nell'attrito di marea e nella collisione con i detriti che in quell'epoca orbitavano attorno alla Terra.
la terza si basa sulla
teoria secondo la quale la luna si sia formata dall'aggregazione di detriti presenti
intorno ad un'orbita terrestre, composti da materiale diverso, il che spiega il fatto che
la Luna orbiti vicino al piano dell'eclittica. Ma il problema posto da tutte e tre le
teorie è la probabilità assai bassa che simili eventi possano verificarsi.
L'ultima, che è anche
quella formulata più recentemente e che, come ha affermato un astronomo, <<non
richiede nessuna magia, nessun sostegno particolare, nessun ulteriore manipolazione e
nessun deux ex machina>>, e per questo forse la più verosimile necessitando solo di
un minimo di ipotesi, è la teoria detta "dell'impatto gigante". In pratica
dovrebbe essere successo questo: 4,5 miliardi di anni fa la proto-Terra venne in
collisione con un oggetto celeste delle dimensioni di Marte. L'urto, avvenuto di striscio,
fece vaporizzare e frantumare la superficie del planetoide e quella della Terra, che si
stava solidificando per formare una crosta terrestre. Da entrambi i corpi schizzò via del
materiale superficiale che si mise ad orbitare attorno alla Terra, formando un disco che
si aggregò in piccoli satelliti che poi diedero vita alla Luna che conosciamo. Questa
ipotesi spiegherebbe il perché della differenza chimica tra la Terra e la Luna, la
scarsità di ferro e di elementi volatili sul satellite. La critica più grande a questa
soluzione viene dal pensare ad un impatto tra la Terra ed un oggetto delle dimensioni di
Marte, ma l'insolito sistema Terra-Luna esige qualche spiegazione strana e comunque si
hanno prove di impatti del genere nel sistema solare.
LA LUNA E L'ORIGINE DELLA VITA
A noi tutti è familiare il ritmo delle stagioni, la cui successione è dovuta al fatto che l'equatore forma un angolo rispetto al piano dell'orbita terrestre intorno al Sole. Questa inclinazione di 23° 27' è anche causa dell'esistenza di regioni, all'interno dei circoli polari artico e antartico, nelle quali i giorni e le notti durano all'incirca sei mesi. La distribuzione della quantità di calore solare che giunge al suolo dipende dall'inclinazione dell'asse terrestre, che è dunque un elemento fondamentale per la comprensione del clima. Nel 120 a.C. Ipparco scoprì che l'asse di rotazione della Terra non è fissa, ma in realtà descrive un cono nello spazio, con periodo di circa 26000 anni. Questo moto, chiamato precessione degli equinozi, è dovuto al rigonfiamento equatoriale terrestre e alla forza gravitazionale esercitata dalla Luna e dal Sole. Una delle conseguenze di questo fenomeno è che l'asse di rotazione della Terra non punta sempre verso la stella polare, ma descrive un ampio cerchio sulla volta celeste. Tale moto di precessione influenza il clima della Terra. In effetti l'orbita terrestre non è circolare, ma approssimativamente ellittica, come dimostrò Keplero nel 1609, e il Sole occupa uno dei fuochi dell'ellisse. L'eccentricità dell'ellisse è piccola ma sufficiente a far variare la quantità di calore che arriva al suolo fra il perielio, cioè il punto dell'orbita in cui la Terra è più vicina al Sole, e l'afelio, dove la distanza è massima. La precessione degli equinozi modifica dunque l'andamento dell'insolazione in un dato luogo della Terra nel corso dell'anno. In realtà mutamenti climatici molto più rilevanti sembrane essere prodotti da variazioni di eccentricità dell'orbita e dell'inclinazione dell'asse terrestre.
Secondo Keplero, la Terra descriveva un ellisse immutabile. Newton rivoluzionò questa interpretazione dimostrando che le masse degli altri pianeti perturbano l'orbita terrestre, che è dunque ellittica in prima approssimazione: né la sua eccentricità né l'inclinazione dell'asse sono fisse. Le Verrier calcolò per primo le variazioni a lunghissimo termine, chiamate variazioni secolari, dell'eccentricità dell'orbita terrestre, rifacendosi a lavori compiuti da Laplace poco prima della rivoluzione francese. In seguito, grazie a Le Verrier, l'astronomo croato Milankovic ipotizzò nel 1941 che le grandi glaciazioni avvenute nel Quaternario fossero il risultato di variazioni di insolazione alle alte latitudini indotte dalle variazioni secolari dell'orbita e dell'orientamento della Terra. Oggi si è calcolato che il cambiamento dell'inclinazione dell'asse terrestre dovuto all'influenza delle perturbazioni degli altri pianeti, nell'arco di un milione di anni, è di soli + 1,3 gradi rispetto al valore medio di 23,3 gradi. Non si tratta peraltro di una quantità trascurabile, in quanto provoca variazioni di quasi il 20% dell'insolazione estiva a 65 gradi di latitudine nord. La quantità di calore in più ricevuta durante l'estate dalle zone di alta latitudine è un dato importante per lo studio dei climi, dato che è proprio questo calore a causare la fusione dei ghiacci accumulati durante l'inverno e ad impedire l'aumento oltre un certo limite della superficie occupata dalle calotte polari. Ma cosa centra la Luna in tutto questo discorso? La risposta è fondamentale, non solo per gli aspetti fisici che induce, ma anche per tutte le implicazioni che da questi derivano.
L'attrazione gravitazionale esercitata sul
rigonfiamento terrestre, infatti, è dovuta per due terzi alla Luna e per un terzo al
Sole. Ciò fa intuire quale importanza ha la Luna sulla dinamica della Terra. Partendo da
questi presupposti Jacques Laskar, nel 1989, studiò i mutamenti di orientamento della
Terra dovuti alle sue variazioni orbitali simulando un modello nel quale la Luna veniva
soppressa. In tale modello si era osservato il comportamento dell'asse terrestre in un
periodo di un milione di anni. Il risultato fu che le variazioni nella inclinazione
dell'asse terrestre risultavano dell'ordine di +15 gradi il che provocava mutamenti di
insolazione a latitudini di 65° nord notevoli. Se in passato, secondo la teoria di
Milankovic, le glaciazioni avvennero per un aumento di insolazione alle alte latitudini
generato da inclinazioni dell'asse decisamente minori rispetto a quelle trovate da Laskar
nel suo modello, è molto probabile che mutamenti di queste entità potrebbero creare
cambiamenti di temperatura ancora più estremi.
La Luna esercita sulla Terra una forza di
attrazione di cui posiamo vedere quotidianamente gli effetti nel fenomeno delle maree.
Poiché il periodo di rotazione della Terra (un giorno) è più piccolo di quello di
rivoluzione della Luna attorno alla Terra (28 giorni), le maree si spostano sulla
superficie terrestre provocando dissipazione di energia. Ciò che ne risulta è un
rallentamento della rotazione terrestre, con la conseguenza che la durata del giorno
aumenta di 0,002 secondi per secolo e la Luna si allontana di 3,5 cm l'anno. In assenza
della Luna il giorno durerebbe 15 ore a causa della maggiore rotazione della Terra e in
questa condizioni l'inclinazione dell'asse terrestre avrebbe un andamento caotico andando
da 0° a quasi 90° anche se in intervalli di tempo superiore ai 18 milioni di anni. A
queste conclusioni si arriva anche partendo dall'ipotesi che la durata del giorno, sempre
in assenza di Luna, vari tra le 12 e le 48 ore. Senza il nostro satellite, la Terra
mostrerebbe variazioni di orientamento tali che il clima sulla sua superficie sarebbe
radicalmente modificato. Con una inclinazione di quasi 90 gradi, il nostro pianeta sarebbe
coricato sull'orbita come Urano, il che vuol dire che l'intero pianeta sarebbe soggetto a
notti e giorni della durata di sei mesi, inoltre il Sole all'altezza dei poli sarebbe per
lungo tempo vicino allo zenit e con ogni probabilità simili condizioni di insolazione
darebbero origine a modificazioni rilevanti dell'atmosfera terrestre. La scarsa entità
delle variazioni di inclinazione dell'asse terrestre è determinante per assicurare la
relativa regolarità climatica di cui la Terra beneficia da milioni di anni e che ha
permesso l'evoluzione della vita organizzata come noi la conosciamo. Tutti i calcoli, le
simulazioni e le conclusioni riportate dimostrano come questa regolarità climatica
dipenda dalle conseguenze che la presenza della Luna genera sul nostro pianeta.
Le conoscenze che abbiamo oggi ci hanno portato a formulare questa ipotesi, forse in futuro conoscenze migliori sulla dinamica del sistema Terra-Luna e delle conseguenze da esso prodotto sul nostro pianeta porteranno a conclusioni più precise e forse diverse. Ciò che è innegabile è come la vita sulla Terra e soprattutto la sua evoluzione, che ha portato allo sviluppo della specie umana, sia stata permessa dal nostro satellite. Questa affermazione ha conseguenze enormi.
Il 12 ottobre 1992 la NASA ha dato via al progetto SETI, cioè la ricerca di vita intelligente nel cosmo. Tale ricerca si basa sull' "ascoltare" per 20 ore ciascuna, per i successivi dieci anni, 800 stelle di tipo solare poste a meno di 80 anni luce dalla Terra. Ma tale ricerca si fonda su un assunto fondamentale: la situazione della Terra intorno al Sole non deve essere un fatto straordinario, ma anzi deve essersi ripetuto più volte, in molteplici forme, all'interno della nostra galassia ed è quindi probabile che in un dato sistema planetario esista un pianeta posto nella cosiddetta zona di abitabilità dove si potrebbero ricreare le condizioni per lo sviluppo di vita organizzata come noi la conosciamo. I calcoli di Jacques Laskar, però, dimostrano che le cose non stanno affatto in questo modo e che l'evoluzione della vita sulla Terra è strettamente legato ad un evento altamente improbabile nei modelli di formazione di un sistema solare: il fatto che uno dei pianeti situato nella zona di abitabilità riesca a stabilizzare in maniera sufficiente le variazioni di insolazione a lungo termine grazie ad un satellite di grande massa come la Luna. Ovviamente potranno verificarsi altre situazioni particolari tali da garantire la stabilità climatica del pianeta in questione, ma è importante far notare che questa situazione è tutt'altro che comune. Tale improbabilità ci spinge a fare questa riflessione: è possibile che, almeno nella nostra galassia, esista solo un pianeta abitato cioè la Terra, e che tutti gli sforzi fatti per trovare altri esseri intelligenti sia inutile. Oggi l'uomo si ritrova nelle condizioni dei grandi esploratori del passato che scoprendo nuove terre, spesso inabitate, vi portavano vita e civiltà. La nuova frontiera è il cosmo o per dirla come una nota serie di telefilm "spazio ultima frontiera". Una di queste "nuove terre", di fatto è già stata esplorata, il passo successivo è semplicemente quello di portarci la vita in pianta stabile. E' giunto ormai il momento di avvalersi dell'imponente potenziale scientifico che il ritorno sul nostro satellite a titolo permanente potrebbe fornirci. "Per millenni gli esseri umani hanno guardato alla Luna sognando di raggiungerla; presto potremmo ritrovarci a scrutare il cielo dalla Luna stessa per affrontare lo studio dell'universo con modalità del tutto nuove."
LA LUNA COME OSSERVATORIO ASTRONOMICO
La luna potrebbe essere il luogo più adatto per studiare l'universo che ci circonda, questo grazie alle sue caratteristiche: poca atmosfera, assenza di fenomeni sismici dell'ordine di grandezza di quelli terrestri, scarsità di interferenze da parte delle onde luminose e radio (soprattutto sulla faccia nascosta del satellite), abbondanza di materie prime. Essa rappresenta anche una piattaforma naturale enorme sulla quale è possibile costruire strutture di notevoli dimensioni. Così telescopi a grande apertura e grandissime schiere di telescopi più piccoli collegati da sistemi elettronici (interferometri), migliorerebbero notevolmente la qualità delle osservazioni astronomiche. La costruzione di strutture nell'ambiente a gravità ridotta della Luna è più semplice di quanto avviene nell'ambiente a gravità nulla dell'orbita terrestre, come hanno dimostrato le missioni Apollo e quelle delle navette spaziali. L'assenza di gravità permetterebbe la costruzione di apparecchiature più grandi di quelle realizzabili sul Pianeta. I rivelatori astronomici hanno bisogno di temperature molto basse per essere raffreddati e nascondere così il rumore delle parti elettroniche. Sulla Luna, in corrispondenza dei poli esistono temperature molto simili capaci di produrre un raffreddamento passivo degli strumenti. La Luna è una fonte di materie prime, le quali potrebbero essere lavorate per ricavare alluminio, materiali ceramici e vetri super resistenti con una resistenza a trazione pari a quella dell'acciaio e con un basso coefficiente di dilatazione termico, questo grazie all'ambiente estremamente secco della sua superficie. Vetri di questo tipo potrebbero essere utilizzati sia per la costruzioni delle lenti, sia per la costruzione delle strutture stesse dei telescopi. Un motivo particolarmente valido per costruire un osservatorio lunare è la possibilità di poter studiare onde radio di bassa frequenza rilevabili solamente sulla parte nascosta del satellite.
Nel febbraio 1989 un gruppo
di studiosi ha progettato un interferometro, LOUISA, da realizzarsi sulla Luna la cui
risoluzione sarebbe in grado di individuare pianeti di tipo terrestre intorno ad altre
stelle e forse riuscire anche a determinarne la composizione atmosferica. Permetterebbe
di: avere immagini degli oggetti del nostro sistema solare dalla ricchezza di particolari
mai ottenuta, osservare direttamente le caratteristiche superficiali delle stelle utili a
dedurre la struttura interna e la loro evoluzione, analizzare la dinamica dei nuclei
galattici, osservare i dischi di accrescimento formati dalla materia che cade all'interno
dei buchi neri e sulla superficie delle stelle a neutroni, misurare il moto proprio dei
quasar e rivelare eventuali anisotropie dell'espansione dell'universo.
La costruzione di un osservatorio sulla Luna
potrebbe contribuire all'espansione dell'astronomia nel campo delle onde gravitazionali e
dei neutrini.
DIFFICOLTÀ
La Terra possiede un campo magnetico che fa da scudo per le particelle cariche dei raggi cosmici e del vento solare. La Luna no. Ciò impone particolari accorgimenti per proteggere un operatore umano e i delicati strumenti elettronici dall'esposizione a radiazioni.
L'atmosfera del nostro pianeta rappresenta una barriera per le meteoriti che si disintegrano dando luogo al fenomeno delle stelle cadenti. La Luna è praticamente priva di atmosfera. Le missioni Apollo hanno dimostrato che in poco tempo le superfici esposte sul satellite si ritroverebbero letteralmente bucherellate con crateri di un diametro compreso tra uno e dieci micrometri provocati da particelle che viaggiano ad una velocità di alcune decine di chilometri al secondo. Si tratta quindi di proteggere le superfici delicate con cupole e tubi.
Sulla Luna durante il giorno lunare si raggiungono rapidamente temperature di 385 kelvin, durante la notte i 100. Un attenta scelta dei materiali compositi (come materiali a base di grafite-resine epossidiche), capaci di resistere all'espansione ed alla contrazione potrebbe rendere meno grave il problema degli sbalzi di temperatura Dalla Terra alla Luna
Davvero ci sono voluti trent'anni dal primo sbarco umano sulla Luna, per rendersi conto del significato delle attività spaziali?
Primo giorno dellera lunare: 20
luglio 1969. Il satellite della Terra non è più di nessuno: ora appartiene
alluomo. Lo dimostrano le impronte dei "moon boots" degli astronauti sulla
superficie; la bandiera degli Stati Uniti sancisce la presa di possesso di tutta
lumanità. E stata realizzata una missione che è andata ben oltre al di là
del sogno di Icaro. Poiché in assenza di atmosfera non vi è vento, per consentire che la
bandiera si spiegasse fu necessario ricorrere ad una seconda asticella per sorreggere il
lembo superiore.
"Siamo andati sulla Luna come gli
esploratori polari andavano sui ghiacci, con slitte trainate da cani. Quando vi torneremo,
sarà per installarvi delle strutture permanenti per colonie umane".
Lo scienziato tedesco Werner von Braun, che con
i suoi studi contribuì in maniera decisiva allo sviluppo e alla realizzazione dei
voli spaziali, certo pensava all'insediamento di colonie umane in tempi abbastanza
ravvicinati, seguendo la discesa di Armstrong sul suolo lunare.
Ritorno al futuro
"Per i prossimi diciotto anni - scriveva a metà degli anni '70 l'allora amministratore della NASA James Fletcher - abbiamo previsto programmi spaziali e possibilità realizzabili su scala nazionale, validi anche per stimolare la cooperazione internazionale nello spazio. Saranno in scala crescente, e i risultati che stimiamo raggiungere arricchiranno la vita umana, faranno avanzare la nostra tecnologia, sosterranno la nostra sicurezza. Sono tutti risultati del quali il popolo americano dovrà essere fiero. Ma prima di tutto dobbiamo porci una domanda: vorrà l'uomo tornare sulla Luna?". Con questo interrogativo già allora Fletcher si poneva il quesito dei costi, perché "le basi lunari, anche se realizzabili negli anni '90, non possono essere che il risultato della cooperazione fra Stati Uniti, Unione Sovietica e forse anche Europa. Il loro costo è troppo gravoso per una sola nazione".
Il ritorno al futuro, per andare oltre la Luna, riaffiora nelle parole di von Braun: "il nostro obiettivo ultimo non era andare sulla Luna e tornare indietro, ma andare oltre". L'esplorazione sarà a tappe: primo, installare in orbita geostazionaria intorno alla Terra la grande stazione spaziale Freedom, laboratorio scientifico-industriale e base di lancio per successive missioni sulla Luna; secondo, ritorno sulla Luna con basi permanenti; terzo, il viaggio su Marte. Vantaggi acquisiti
La spinta ai vantaggi
acquisiti è nata per consentire ad Armstrong di compiere "un piccolo passo per un
uomo" e si è rinsaldata con le tecnologie via via messe a punto, sfruttate nella
vita quotidiana. Bastino alcuni esempi. Dal veicolo lunare LRV, mezzo di trasporto degli
astronauti sulla Luna, deriva il complesso dispositivo di accelerazione, freno e sterzo
delle vetture che rendono indipendenti i disabili. Lenti speciali da sole, resistenti e
infrangibili, derivano dai rivestimenti impiegati per proteggere le superfici plastiche
degli equipaggiamenti spaziali, come ad esempio le visiere dei caschi. Tutta una serie di
utensili elettrici senza fili, come trapani e raccoglitori di polvere lunare, ha permesso
la realizzazione di diversi elettrodomestici. La tecnologia messa a punto per registrare
da terra le reazioni fisiologiche degli astronauti ha consentito il monitoraggio a
distanza di pazienti affetti da disturbi cardiovascolari. L'apparecchio realizzato per
consentire agli astronauti di comandare a distanza, con il semplice sguardo, leve e
comandi non raggiungibili è lo stesso utilizzato sulla Terra da handicappati o mutilati.
Vi è poi, derivato dalla bionica spaziale, il bastone a laser che assicura il cammino dei
non vedenti, o ancora quel "moon walker", macchina usata per l'esplorazione
lunare, che consente la capacità di locomozione a chi ne è privo. Dal sistema messo a
punto per cucinare i cibi degli astronauti senza interferenze con l'esterno, al rientro
sulla Terra durante la quarantena, nasce il forno a micro-onde. Che dire poi dei
"moon boots" usati dagli atleti, ideati con materiali che proteggono dagli urti
e riducono la fatica fisica? O ancora dello speciale tessuto messo a punto per le tute
spaziali - sottile, leggero, resistente al fuoco e alle intemperie - impiegato addirittura
per rivestimenti speciali nell'edilizia? Ponti, oleodotti, strutture costiere e marine
fruiscono di rivestimenti inorganici studiati per proteggere da ogni tipo di corrosione;
il sistema di controllo per il risparmio energetico dei missili e stato impiegato per
ridurre i consumi nei motori elettrici. E infine, ma la lista degli esempi sarebbe
lunghissima, le batterie nucleari, impiegate per generare elettricità e alimentare cosi
le stazioni automatiche di rilevamento installate sulla Luna, sono alla base delle
micropile di lunga durata per stimolatori cardiaci.
Medicina e tecniche biomediche,
trasporti, energia e ambiente, protezione civile, prodotti di consurno, sono tutti settori
che hanno tratto, e vanno traendo con ulteriori affinamenti, vantaggio dalla tecnologia
spaziale, il più delle volte arrivando a impieghi prima impensabili. Ma davvero il costo
delle spedizioni sulla Luna, prime imprese a instaurare l'interfaccia costruttiva
uomo-macchina nello spazio, è valso la candela per le ricadute applicative, tecnologiche
e scientifiche?
II costo sociale
Se gli Stati Uniti lanciassero un programma
Apollo oggigiorno, il costo sarebbe, secondo le stime degli esperti, di circa 250 miliardi
di dollari: una spesa impossibile da sostenere per un unico paese. Nel decennio 1962-1972,
il programma ha richiesto investimenti per circa 26 miliardi di dollari: c'e tuttora chi
sostiene che fu una spesa enorme a fronte di una vocazione di prestigio, soprattutto
rispetto a tante esigenze nel campo della salute, della scuola o del benessere sociale. C'e anche da domandarsi se voli non
abitati, una serie di sonde ad esempio, avrebbero dato gli stessi risultati, con minori
rischi e minore spesa, eliminando almeno quella relativa all'addestramento degli
astronauti. Ma la capacità e la razionalità dell'uomo sono comunque superiori ai
computers più potenti e, a fronte dell'evento non prevedibile o improvviso, l'uomo è
ancora superiore alla macchina, nonostante questa gli sia necessaria in diverse imprese.
E del resto la tecnologia spaziale ad aver permesso alla scienza di fare passi in
avanti, sia nel campo che le compete, sia in altri settori, dalla chimica alla fisica,
alla biologia.
Un osservatorio orbitante sulla Luna. Conoscere la Luna
Potremrno disporre oggi di tante informazioni sulla Luna, e quindi pensare a una base spaziale su questo pianeta, se URSS e USA si fossero limitati a esplorazioni meccaniche con sonde e satelliti? Dalle prime osservazioni di Galileo sulla superficie lunare, all'inizio del 1600, ci sono voluti secoli per arrivare all'individuazione delle tre strutture principali della Luna: i mari, gli altipiani, i crateri.
Addentrarsi nella comprensione, o ricostruzione, della storia della Terra vuol dire anche, per l'umanità, analizzare quei campioni di rocce lunari raccolti dagli astronauti, sia con il veicolo lunare, sia durante i vari allunaggi. Una lezione di gestione che forse indica la strada per la stazione spaziale e oltre. Con tutte le ricadute incentivanti per indagini approfondite nei vari settori del sapere.
Ci saranno forse speranze disattese, ma una grande conquista è stata fatta per l'umanità: esplorare lo spazio significa vivificare valori umani, perchè, come disse Eraclito, "ben molte cose sperimentare devono gli amici del sapere".
E grazie alle attività spaziali che molti progressi si sono compiuti in campo scientifico. Se le missioni urnane sulla Luna non hanno, forse, direttamente rappresentato scoperte rivoluzionarie lungo il cammino evolutivo della scienza, esse hanno certo consolidato tendenze e capacità realizzative per raggiungere nuovi traguardi. Astronomia e astrofisica, geodesia, sperimentazione in condizioni di microgravità, biomedicina e farmacologia, robotica, informatica, telecomunicazioni, televisione diretta e ad alta definizione, energia, trasporto spaziale, sono settori che vanno progredendo, nei quali l'indagine approfondita sfrutta ogni capacità teenologica ideata e realizzata per sviluppare le attività spaziali.
Quello che conta è che gli
scienziati raccolgano via via una quantità sempre maggiore di dati, che l'astronomia
mondiale abbia inventato una nuova metodologia, basata sulla sintesi delle osservazioni in
tutte le parti dello spettro elettromagnetico, dando vita a un approccio fisico dei
problemi, contro descrizioni fenomenologiche e un certo ernpirismo del passato.
Lo spazio-laboratorio a beneficio delle
attività terrestri, ha messo in moto migliaia di premesse tecnologiche applicate nelle
attività terrestri. Se le scienze dell'Universo, attraverso lo spazio, puntano su
frontiere quasi fantascientifiche del sapere, le tecnologie messe a punto per i sistemi
spaziali - dai satelliti meteorologici a quelli di telecomunicazioni e geodetici - hanno
avuto enormi ricadute in aeronautica, dalla maggior sicurezza degli aerei civili a
prestazioni più efficienti con costi ridotti, o ancora alla riduzione dell'impatto
ambientale. Va rilevato, inoltre, che la domanda continua ed enorme di innovazione per
realizzare i programmi spaziali non ha lasciato in disparte alcuna disciplina scientifica
o possibilità tecnologica. Pensiamo, ad esempio, alla crescente domanda di sistemi
microelettronici di dimensioni sempre più miniaturizzate: indispensabili nei satelliti e
nei veicoli spaziali, questi sistemi sono all'ordine del giorno nella vita quotidiana, dai
computer domestici ai video-giochi, o ancora ai sistemi medici computerizzati. Sono i
prodotti delle straordinarie equipes di ingegneri, tecnici, ricercatori che lavorano
gomito a gomito, di estrazione universitaria e industriale. Sapere e tecnologia non
possono marciare su binari divergenti. Dalle attivita spaziali derivano ricadute immediate
sul piano pratico. Ci sono i satelliti che con i loro dati sui cambiamenti della
superficie terrestre aiutano a migliorare i raccolti agricoli, pianificare il territono,
valutare lo stato di inquinamento delle acque; quelli attrezzati con una piattaforma di
monitoraggio orbitale compatibile con stazioni a terra in tutto il mondo, per raccogliere
segnali di emergenza da aerei o navi; quelli che hanno potenziato i sistemi di
telecomunicazioni; e infine nuovi sistemi di piattaforme collettive nello spazio per
superare il problema già esistente della congestione del traffico orbitale. Anche la
pesca con le reti, sembra strano, ha mezzi più idonei da quando, per la NASA, è stata
messa a punto una rete per proteggere gli astronauti da eventuali cadute. Occorreva una
fibra sottile, con resistenza doppia rispetto a quelle esistenti sul mercato, per far
fronte alle alte temperature e al deterioramento causato dai raggi ultravioletti.
L'industria ha trovato un materiale simile ai poliestere e la tecnologia per realizzarlo
si è trasferita sulle reti innovative per la pesca, con un diarnetro del 30 per cento
più sottile di quello delle normali reti di nylon, il che implica minore resistenza
idrodinamica e quindi maggiore flessibilità di movimento in profondità marine.
Che dire poi dei nuovi materiali, anch'essi nati per l'industria aerospaziale, ora intravisti come prevedibile metodologia di processo nelle condizioni ideali di un laboratorio spaziale, quelle della microgravità? E per le esigenze dell'industria aeronautica, militare e civile prima, e dei sistemi di trasporto spaziale poi, che i materiali si sono via via sviluppati e all'acciaio si sono sostituiti alluminio e titanio, a bassa densità ed elevata resistenza anche alle alte temperature, ma tuttavia non legati a caratteristiche di rigidezza necessarie per le strutture aerospaziali. Utilizzati in primo luogo dall'industria aerospaziale, passeranno poi agli impieghi sempre più allargati nell'industria dell'auto, nella produzione di materiali sportivi (mazze da golf, canne da pesca, telai di biciclette e così via) e persino nella robotica: sono i compositi avanzati, la cui resistenza può esercitarsi in un paio di direzioni prestabilite, a differenza dei metalli a resistenza isotropica, vale a dire rivolta in tutte le direzioni. Queste fibre di carbonio, kevlar, carburo di silicio o di boro - incapsulate in una matrice di resina termo-plastica atta a trasferire il carico da una fibra all'altra secondo uno specifico disegno incorporato nel materiale stesso - hanno il vantaggio di essere refrattarie alle vibrazioni e al calore, non si deformano in condizioni di temperature elevatissime, non sono intaccate dalla ruggine.
Fra le nuove fibre super-rinforzanti il kevlar ha avuto la sua spinta nel settore con una resistenza alla trazione 5 volte superiore a quella dell'acciaio e grande resistenza al calore, caratteristiche che rimangono inalterate anche se esposto a corrosione, carburanti, acqua salata, e per di più di facile lavorazione. Queste strutture, grazie all'impiego del kevlar, hanno potuto ridurre il loro peso di qualche centinaio di chilogrammi: il che non è da poco, se solo si pensa che in un lancio ogni chilo in meno corrisponde a un risparmio di qualcosa come alcune decine di migliaia di dollari.
Che dire poi della tecnologia per provvedere allisolamento termico dei sisterni immessi nello spazio, proprio per il continuo passaggio dal sole all'ornbra al quale deve sottostare un veicolo spaziale che in orbita bassa compie il giro del globo in 90 minuti, con una esposizione a radiazioni solari e luce riflessa dalla Terra, sia nel visibile sia nell'infrarosso, che riscaldano la sua superficie fino a 150 °C, mentre la parte in ombra resta a 150 °C sotto zero? Nei sistemi di controllo termico - sia attivi, cioè impianti di condizionamento, sia passivi, cioè pigmenti che disperdono il calore, tessuti isolanti rivestiti da sottili strati d'oro o di alluminio e separati da altri materiali forgiati come reticelle a bassa conduzione - occorre proteggere dagli sbalzi di temperatura le apparecchiature elettroniche e l'uomo, quando il veicolo è abitato, nonchè eliminare la quantità di calore prodotta dagli impianti collocati a bordo. Nel laboratorio orbitale Columbus, il controllo termico attivo e passivo, prevede due circuiti. II primo, all'interno, alimentato ad acqua, che attraverso scambiatori cede gli eccessi di calore dalla zona abitata all'esterno; il secondo, all'esterno, alimentato a freon, sostanza che può ghiacciare a 90 °C sotto zero, di grande vantaggio per il condizionamento degli impianti esterni al modulo pressurizzato del veicolo spaziale. Quanto alla protezione da altissime temperature, che arrivano fino a + 1.400 °C al momento del rientro dall'atmosfera, per lo scudo termico di Hermes, la navicella spaziale europea, si pensa a un sistema diverso da quello adottato sullo Shuttle: si sostituisce alle mattonelle di silice puro un rivestimento di piastrelle in ceramica con uno strato isolante collocato fra le piastrelle e la struttura portante del veicolo spaziale.
Un primo passo nella rivoluzione industriale, che può trarre origine dallo spazio, lo si è fatto nel 1982, con lesperimento di elettroforesi sullo Shuttle Columbia, in condizioni di microgravità. E noto che tale processo in uso per la separazione di elementi componenti una sostanza attraverso la stimolazione elettrica al fine di analizzarli singolarmente, come ad esempio nel caso degli esami del sangue, sulla Terra è contrastato dalla forza di gravità. Per questo si ricorre ad esso solo per analisi mediche e non per la produzione di farmaci. Se in questo campo la farmacologia spaziale ha ancora molta strada da percorrere, soprattutto sotto il profilo della fattibilità su scala economico-industriale, esperienze imbarcate sullo Spacelab, nel 1983, hanno gia provato che certe proteine, come ad esempio la betaga-lattosidasi, il cui ruolo è essenziale nella genetica moderna, possono essere ottenute in monocristalli di grandi dimensioni, esenti da impurità. Risultato quasi impossibile sulla Terra dove - per disporre di proteine in forma cristallina al fine di poterne determinare le strutture chimiche - i fenomeni indotti dalla forza di gravità impediscono di ottenere monocristalli dalla maggior parte dei complessi proteici quali anticorpi, ormoni, sistemi recettori, substrati enzimatici e virus.
Riusciranno i risultati
sperimentali già ottenuti a trovare nuovi sbocchi, nel ritorno alla Luna e oltre? D'altra
parte, la microgravità promette importanti realizzazioni, teoriche e applicative.
Lassenza di gravità ha permesso ad esempio,a delle sfere minuscole fabbricate nello
spazio a partire dal polistirene, di avere un diametro di 10 micron (milionesimo di metro)
mentre, per contro, in un laboratorio terrestre a malapena si oltrepassano i due micron.
Si tratta di un prodotto impiegato per calibrare dei filtri, o ancora per misurare i pori
in un occhio colpito da glaucoma. Le enormi potenzialità che la quasi completa assenza di
peso mette a disposizione, non possono essere esaurientemente identificate, correttamente
definite e ottimamente utilizzate senza una capillare ed estesa sperimentazione. E solo
quando l'osservazione delle diverse scienze dei materiali, dei fluidi, della vita micro
gravitazionale sarà capita completamente, si potrà guardare alla redditività e ai
ritorni delle applicazioni.
La precisione imposta nella fabbricazione di
ogni oggetto lanciato nello spazio ricade sulla vita di ogni giorno. Sono gli orologi e le
piccole calcolatrici elettroniche; è il teflon, plastica messa a punto su richiesta dei
costruttori di razzi vettori, che riveste gli sci o le padelle per cucinare cibi senza
grassi. La tecnologia di fabbricazione per i serbatori dei razzi ha portato a perfezionare
contenitori ermetici e voluminosi per stoccaggio di liquidi e sostanze a rischio;
l'utilizzo su vasta scala dell'ossigeno liquido quale componente del combustibile per i
lanci spaziali ha dato notevole spinta alle tecniche criogeniche; i principi base per gli
atterraggi morbidi delle navicelle al rientro dallo spazio hanno sviluppato il trasporto
aereo di oggetti particolarmente pesanti. Gli stessi oblò delle navicelle, fabbricati in
vetro particolarmente solido, infrangibile e che non perde la sua trasparenza anche se
soggetto ad altissime temperature - quello messo a punto per le sonde interplanetarie, i
cui moduli di discesa affrontano temperature e pressioni elevatissime - hanno portato a un
prodotto usato oggi a Terra in speciali forni.
Un altro balzo da
gigante
Trent'anni di benefici originati dalle attività spaziali hanno migliorato la vita dell'uomo sulla Terra, agevolato il suo benessere, risollevato forse le misere condizioni di taluni paesi in via di sviluppo, facilitato lo scambio di informazioni, conoscenze, comunicazioni, con mezzi sempre più potenti che ci portano, in tempo reale, da un capo all'altro del globo. Ma il pianeta Terra, insegnano le attività spaziali, è soggetto a cambiamenti molto più di quanto si possa pensare. La faccia del mondo nel quale viviamo evolve in modo lento ma inesorabile, con movimenti non recepibili sulla scala di una vita breve quale è quella dell'uomo.
Trent'anni dalla discesa del primo uomo sulla Luna sembrano essere soprattutto l'occasione per riconoscere qual è la vera scienza che ci viene dallo spazio: la scienza della Terra.
"L'esplorazione dello spazio ha generate una rivoluzione nella comprensione della Terra." Scienziati spaziali hanno incominciato a preoccuparsi di atmosfera, oceani, vegetazione terrestre, con scoperte che via via hanno rivelato i guasti prodotti da attività umane.
Ancor più che trent'anni fa, l'uomo oggi può contare su tecnologie e conoscenze scientifiche tuttora da approfondire per salvare la Terra. Proteggere l'ambiente del nostro pianeta può anche voler dire perseguire progetti di colonizzazione e commercializzazione dello spazio. Purchè non si perda di vista la dimensione umana. Le giovani generazioni, possono immaginare l'origine della Luna, in uno scenario inquadrato anche dai calcolatori che ne fanno risalire l'origine a quattro miliardi e mezzo di anni fa. Possono anche rivivere emozioni che si erano affievolite. Proiettati verso nuove frontiere da conquistare, l'insegnamento vero non è solo la celebre frase "un piccolo passo per un uomo, un balzo da gigante per il genere umano", ma la presa di coscienza che "c'e una sola Terra, cosi sottile, cosi fragile". Verso l'Uomo Cosmico?
Le missioni
nel cosrno con esseri umani a bordo delle navicelle spaziali, e ancora di più quelle che
hanno portato allo sbarco di uomini sul pianeta Luna, hanno innescato ovviamente, oltre ai
problemi tecnologici di lancio e permanenza delle strutture nello spazio, quelli
riguardanti il nuovo ambiente nel quale l'uomo deve vivere: c'e il problema
dell'alimentazione nello spazio, quello dell'adattamento spaziale, o mal di spazio,
collegato anche a non pochi fattori psicologici e psichici. Tutti temi dell'area della
medicina spaziale, disciplina che naturalmente si è sviluppata soprattutto negli ultimi
decenni. Tali ricerche - riguardanti soprattutto indagini sugli effetti causati dalla
condizione di microgravità rispetto alle capacità di locomozione, equilibrio,
orientamento dell'uomo -hanno portato a simulare a Terra quanto può avvenire nello
spazio. Basti pensare alla deambulazione o alla corsa dell'uomo. Dai teleschermi che
riprendevano le immagini di Armstrong e Aldrin, il mondo li vide procedere a balzi, simili
a canguri o cavallette: uno spontaneo ricorso a un terzo meccanismo, dicono gli
scienziati, in quanto la gravità della Luna, pari a un sesto di quella sulla Terra, muta
l'incedere dell'uomo. Ci sono gli effetti della microgravità in campo cardiovascolare, in
quanto in condizioni di zero-g il sangue e i liquidi tissutali degli arti inferiori e
dell'addome si trovano in parte dislocati verso il torace e il capo: una ridistribuzione
che interferisce direttamente con l'attività cardiaca. C'e il mal di spazio, simile ai
mal di mare con fenomeni di sudorazione fredda, vomito, nausea; esso chiama in causa anche
fattori psichici e comunque - secondo i ricercatori - e provocato da stimoli che partono
soprattutto dall'apparato vestibolare, dai visceri addominali, dagli occhi, dal sistema
olfattivo e da quello neuro-psichico. Vivere in condizioni di microgravità ha condotto
anche a valutare l'influenza della resistenza organica dei sistemi immunitari umani. Studi
condotti a bordo del laboratorio spaziale Skylab-I, nel 1983, hanno ad esempio dimostrato
che in condizioni di microgravità i linfociti, le cellule del sistema immunitario, si
riproducono più lentamente. E mentre i virus sono meno attivi, poichè in microgravità
la loro patogenicità sembra ridursi del 25-30 per cento, i batteri diventano piu
aggressivi, in quanto nello spazio si moltiplicano a una velocità circa tre volte
maggiore rispetto al normale. Si è riscontrato inoltre che al loro rientro a Terra, gli
astronauti in genere sono piu predisposti alle infezioni. Tuttavia le imprese nello spazio
hanno dimostrato che l'essere umano è capace di sopravvivere in tale ambiente per tempi
prolungati. E la specie umana, potrebbe orientarsi, attraverso graduali aggiustamenti
"secondo le leggi naturali dell'evoluzione verso un nuovo tipo di uomo, l'Uomo
Cosmico". Tutte variazioni ipotizzabili, naturalmente, dalla statura (maggiore del
comune, perchè in assenza di gravità la colonna vertebrale perde le sue curvature
fisiologiche diventando rettilinea), al torace (più corto, poichè il diaframma si
solleverà in seguito all'alleggerimento dei visceri addominali), dal cuore (più piccolo
per ipotrofia muscolare) agli arti inferiori (più sottili, proprio per la dislocazione
dei liquidi verso le parti superiori del corpo) e al cervello che fortunatamente, secondo
le ipotetiche previsioni, "verosimilmente continuerà ad aumentare di volume, come è
avvenuto nell'evoluzione del genere umano, stimolato dalla necessità di un'informazione
mentale sempre più copiosa e intelligente e da una maggiore irrorazione, e quindi
nutrizione, in assenza di gravità".
Che cosa hanno insegnato le
missioni Apollo e quali aspettative da esse originate si sono avverate? "Abbiamo
scoperto che nello spazio esistono illimitati patrimoni di conoscenze scientifiche che
possono essere acquisiti. Abbiamo appreso che si possono progettare e far funzionare
veicoli spaziali in grado di assicurare servizi utili o addirittura vitali
allumanita. Abbiamo dimostrato che l'uomo riesce a volare nello spazio, a svolgervi
un lavoro proficuo, a esplorare un altro mondo e a ritornare incolume sulla Terra. In
ciascuna di queste tre categorie della scoperta spaziale vi sono profonde implicazioni per
il genere umano."
In un ambiente senza gravità, in teoria, tutte le superfici potrebbero essere utilizzate indipendentemente dal loro orientamento. Nei moduli della stazione ci saranno cornunque pavimenti, tetti e pareti. L'uomo si adatta a quasi tutto: ma 90 giorni nello spazio, tanti quanto nelle previsioni è lungo un turno di lavoro sulla stazione, anche se recentemente si è manifestata la tendenza a prolungarlo, non sono sufficienti per superare di colpo l'abitudine alla gravità terrestre. Così i moduli abitativi avranno un deciso aspetto terrestre. Ciò per almeno quattro ragioni.
Gli astronauti si adattano all'assenza di gravità ma portano con loro in orbita una certa "memoria" terrestre. Per esempio, anche se a zero-g il corpo assume una particolare forma, detta "postura neutrale del corpo", le persone preferiscono vivere secondo una "verticale locale"; in altre parole hanno bisogno di distinguere il sopra dal sotto. Esiste poi il problema dell'illuminazione. La forma del cranio, in particolare le orbite oculari con le sopracciglia, richiede un'illuminazione dallalto. Diversamente fisserernmo direttamente la sorgente luminosa e soffrirernmo di abbagliamento. Anche in mancanza di gravitaàl'illuminazione ci fornisce l'indicazione di un "sopra" e di un "sotto". L'assenza di peso poi non cambia il nostro modo di guardare, per esempio, gli schermi video e gli strumenti che vengono letti secondo un particolare orientamento. Altrettanto avviene con i quadranti degli strumenti e le tastiere. Ancora una volta le funzioni presuppongono un riferimento a sopra e sotto. Il quarto motivo per creare un riferimento a sopra e sotto è relativo alla circolazione dei flussi d'aria che devono scorrere dall'alto verso il basso. La direzione del flusso risponde anche a un'altra necessità degli astronauti: imita la gravità trasportando gli oggetti non fissati in una direzione prevista che, anche questa, implica il riferimento a sopra e sotto.
Alla fine del
luglio 1969, pochi giorni dopo che l'uomo aveva calpestato per la prima volta il suolo
lunare Wernher von Braun, uno dei principali artefici di quel successo, disse: "II
progetto Apollo per la Luna è paragonabile alle prime ricognizioni polari dell'inizio di
questo secolo, quando gli ardimentosi esploratori andavano sui ghiacci eterni con le
slitte trainate dai cani. Oggi nelle regioni polari sono state create basi permanenti
nelle quali gruppi di scienziati e tecnologi vivono e lavorano tranquillamente,
alternandosi in rapporto alle ricerche in corso e ai ritmi di lavoro. Per la Luna avverrà
la stessa cosa; vi torneremo in modo diverso dall'attuale e creeremo basi il più
possibile autosufficienti che serviranno per le osservazioni astrofisiche e planetologiche
e che potranno servire come stazione di partenza per imprese cosmiche a più vasto raggio.
Poi sarà la volta dell'esplorazione di Marte". I motivi sono molteplici, continua
von Braun, si può ricordare il fatto che ciò che può fare l'uomo non può farlo un
robot. Si possono invocare le ragioni e i grandi valori della ricerca scientifica e delle
acquisizioni tecnologiche, ma il motivo fondamentale risiede
nella nostra stessa natura di uomini, il cui spirito di avventura, il cui continuo
desiderio di nuove imprese, la cui spinta verso le sfide dell'ignoto sono inarrestabili.
L'uomo andrà sulla Luna, su Marte e ovunque nel cosmo gli sarà possibile, per il
sernplice motivo che la Luna, Marte e il cosmo esistono:"fatti non foste a viver come
bruti, ma per seguir virtute e conoscienza".
Base Luna: per Marte si
cambia
Negli Stati Uniti, molte organizzazioni mostrano attenzione per gli studi relativi a un avamposto lunare; vi sono interessate una decina fra aziende edd enti di ricerca, dalla Disney Engineering alla Bechtel, all'Edison Welding Institute, al Bureau of Mines, alla Stone and Webster, solo per citarne alcuni. I progetti per la base vengono riveduti, corretti, modificati, ridotti rispetto a versioni precedenti, ma sonolà, pronti per essre trasformati in realtà non appena si darà loro il via.
La prima base sulla
Luna, anzi un "avamposto lunare" da impiegare per fini scientifici e per costruire un "ponte fra i mondi" del
sistema solare, potrebbe essere realizzata con strutture gonfiabili che verrebbero
ricoperte di materiale del suolo selenico per l'isolamento termico e dalle radiazioni
cosmiche. Innanzi tutto per fini scientifici interessanti in sè (le applicazioni pratiche
derivano sempre dalle scoperte) e nobili e poi per scopi pratici.
Vediamo dunque un po i primi. Sul lato
nascosto della Luna, protetto dallinfluenza del vento solare, telescopi ottici e
radio consentiranno di fare osservazioni astronomiche in condizioni ottimali; la ridotta
gravità selenica si presterà a provare nuovi composti; lo stesso suolo lunare potrà
essere utilizzato, afini sperimentali, come matreiale di costruzione. In seguito,
l'edificazione di una base permanente meno precaria permetterebbe di estrarre le risorse
di cui il satellite è ricco: ferro, alluminio, titanio, magnesio e così via. Arrostendo
a 600° C le rocce lunari, si possono produrre, ovviamente in loco, grandi quantità di
elio-3 che potrebbero essere trasferite sulla Terra, allo stato gassoso, per alimentare i futuri reattori nucleari a
fusione. L 'elio-3 è un isotopo rarissimo sulla Terra ma si trova in relativa abbondanza
sulla superficie della Luna, depositatovi dal vento solare. Ma non solo elio-3. Certamente
anche sostanze da utilizzare sia sulla Terra, sia per viaggi diretti verso altri pianeti
del sistema solare, come l'ossigeno che verrebbe estratto dall'ilmenite,
dallanortite e dalla cromite, contenute nelle rocce seleniche, e che, liquefatto,
potrebbe essere utilizzato per la necessità della base lunare e come propellente per una
spedizione su Marte.
Sullorizzonte lunare sorge la Terra. La sequenza fotografica è stata ripresa nel maggio 1969.
Il problema principale per una base stabile, grande o piccola che sia, è quello della sopravvivenza in un ambiente privo di tutto e finora assolutamente negato alla presenza della vita in ogni sua forma. Anche in questo caso i progetti sono molti perchè la realizzazione di una colonia autosufficiente sulla Luna costituisce il test decisivo per la creazione di strutture analoghe sugli altri pianeti, primo fra tutti Marte. Sopravvivere però non basta; occorre anche vivere. Scriveva negli anni '70 il fisico americano Gerard K. O'Neill, autore di una proposta di colonizzazione dello spazio: "Se dobbiamo lavorare e vivere nello spazio di nostra scelta e goderci questa vita, dovremo chiedere di più: la soddisfazione dei vecchi desideri umani di benessere, buon cibo da mangiare e buon vino da bere, spazio per allungare le gambe, buoni posti per nuotare e abbronzarsi, varietà nei viaggi e nei divertimenti, e ogni comunità spaziale che voglia avere successo dovrà tenerne conto".