Stadi, circhi e anfiteatri nell'antichità classica erano luoghi urbani deputati a ospitare spettacoli sportivi o cruenti ; grandi architetture destinate ad accogliere un pubblico sempre più numeroso. Questi imponenti edifici percorrono con un ristretto repertorio morfologico tutta la storia dell'architettura e ripropongono anche oggi la forma ovale dell'anfiteatro o dell'arena come sagoma ottimale capace di definire il recinto architettonico dove il pubblico, disposto su fasce di gradoni digradanti o su scocche colorate e numerate assiste a spettacoli sportivi, a grandi concerti e a manifestazioni di massa. Le arene, gli anfiteatri e gli stadi antichi, si presentano nella storia della civiltà come architetture date, capaci di accogliere nuove attività e nuovi manufatti all'interno di forme strettamente legate alla memoria collettiva del luogo ; la loro vocazione è di porsi nella città e nel territorio come fatti urbani, monumenti, o meglio ancora, come elementi primari, cioè elementi capaci di accelerare il processo di urbanizzazione di una città. Giuseppe De Finetti nel suo studio Stadi. Esempi, Tendenze, Progetti. (Milano, 1933) sottolineava, proprio nella prefazione, il permanere di forme antiche in questo genere di costruzioni : " lo studio delle ragioni formali degli stadi moderni ci riconduce agli esempi dei due popoli mediterranei, i Greci ed i Romani, che in questo campo erano giunti alla creazione di architetture definitive ed esemplari, durate utili per secoli, tipiche per la loro armonia mirabile tra necessità e forma". Caratteristica comune a tutti i progetti è quella di pensare allo stadio come parte organica emergente del tessuto urbano e come struttura polifunzionale, parte di un complesso più ampio che si ponga come zona di servizi per la città. Oggigiorno gli stadi sono diventati mega-architetture, immense ed imponenti strutture capaci di mozzare il fiato e di incutere timore per l'enorme fuori scala con cui sono state concepite e realizzate ; strutture particolari capaci di ospitare grandi masse di persone e di offrire comfort e sicurezza, requisiti ormai indispensabili, resi obbligatori da una normativa che prevede standard sempre più severi e restrittivi.
Traendo spunto da tali riflessioni, il mio percorso ha come fine quello di pervenire ad un progetto di specie sperimentale, attraverso un approccio logico che rappresenti un modello plausibile in maniera evolutiva e non secondo una chiusura ed una rigidità del sistema.
Pertanto la mia proposta rappresenta un iter in progress e dunque non è finita : "... dobbiamo produrre in anticipo un modello che dovrà essere capace di rispondere alle richieste che ancora non si conoscono"; partendo da questa constatazione, l'obiettivo è stato quindi quello di ottenere una coesistenza tra soggettività, propria del mio essere, del mio mondo, del mio contesto, delle mie aspirazioni e dei mie sogni di progettista, e contingenze, bisogni, richieste a cui il progetto stesso deve rendere conto, cercando di rispondere ad una adattabilità e ad un incremento di complessità, controllati però internamente da questo cammino logico di scoperta e di avventura progettuale. In sintesi una sperimentazione che ha come opportunità progettuale lo "Stadio", che attui una adduzione da riferimenti, requisiti, riflessioni quali quelli riportati ma che si proponga di avere come risultato non un evento unico, incapace di modificarsi ed avente la presunzione di essere finito ed immodificabile, ma più eventi, più "Stadi", aventi in comune una riconoscibilità, un DNA, una "specie".