"Una
forma, per essere adattiva, deve essere simbolica. Questo assunto deriva
anche dalla, seppur sottile, differenza tra piano estetico e piano simbolico.
Ambedue infatti utilizzano il linguaggio come canale operativo, ma mentre
il piano estetico è proprio di unâutilizzazione soggettiva della
forma, quello simbolico agisce dallâoggetto al soggetto. "
( Celestino Soddu, Enrica Colabella, op. cit., p. 30) |
Il contesto urbano/ambientale
che abbiamo scelto per la nostra sperimentazione è il parco Monte
Stella, nella zona nord-ovest di Milano. Nella scelta del luogo siamo state
guidate dalla ricerca di una situazione non risolta in cui fosse presente
una quantità di verde pubblico, affinché potessimo
valutare e organizzare il rapporto tra naturale e artificiale.
Volendo perciò
operare in vista di un esito formale conforme alla nostra idea di architettura,
fondamentale, nella simulazione del procedimento compositivo, è
stato il rapporto tra il divenire formale del progetto stesso e la carica
di soggettività rispondente ai nostri bisogni concettuali.
Abbiamo delineato due
insiemi simultanei di richieste e di obbiettivi differenti: obbiettivi
"di base" e obbiettivi "soggettivi" (quelli rispondenti alla nostra
necessità "culturale" di perseguire caratteri architettonici identificabili
in un "come"). Tale identificazione è
stata necessaria per innescare la condizione di "disequilibrio" e per introdurre
degli elementi di controllo qualitativo del progetto.
Dunque il nostro lavoro
di sperimentazione da un lato ha tenuto conto del nostro immaginario soggettivo
di riferimento, dall'altro della lettura soggettiva del "Genius Loci".
Inoltre abbiamo individuato
degli eventi che ci potessero aiutare nell'organizzazione della sequenza
generata dai nostri riferimenti culturali soggettivi.
In un secondo tempo
abbiamo effettuato delle adduzioni, vale a dire abbiamo addotto delle leggi
di trasformazione che cercassero di soddisfare gli obbiettivi che ci eravamo
precedentemente prefissate.
Il passaggio logico
successivo è stata l'introduzione di un catalizzatore che cominciasse
a strutturare le richieste del progetto e il cui compito fosse, non quello
di formalizzare gli elementi, bensì di individuarne le possibili
linee di evoluzione.
A questo punto abbiamo
proceduto alla costruzione del paradigma organizzativo, lo strumento che
ci ha permesso di controllare l'evoluzione progettuale in quanto ipotesi
soggettiva di organizzazione non solo degli elementi/richieste esistenti,
ma anche di quelli futuri, oggi ancora sconosciuti. Il paradigma integra
le due grandi categorie di relazioni che interconnettono lâarchitettura:
lâidentità formale di ogni singolo spazio, ed il "come" della sequenza
tra vari spazi "differenti".
L'ultimo passaggio
è consistito nella realizzazione di alcuni "scenari" virtuali che
sono stati sottoposti ad una "verifica": quelli che non hanno presentato
i corretti requisiti sono stati abbandonati, quelli plausibili sono stati
accettati.
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