La goccia
Il primo passo verso la progettazione consiste nel riuscire ad andare oltre, a superare un iniziale stato di equilibrio che impedisce più di qualsiasi altro elemento una dinamica produttiva ed evolutiva fertile, ovvero non solo apportatrice della complessità, prima nemica dell’omologazione, come elemento distintivo dello scenario finale, ma anche e soprattutto generativa di tutta una serie di scelte contingenti ed arbitrarie che se assecondate, portano ad una produzione potenzialmente infinita di scenari possibili, in antitesi con ogni sorta di "assiomaticità nell’approccio logico al progetto, ed una perdita teorica della complessità intesa come risonanza, compresenza simultanea di logiche differenti" (C.Soddu – E.Colabella, "Il progetto ambientale di morfogenesi. Codici genetici dell’artificiale). Progettare, in realtà, significa immergersi in una logica morfogenetica, che è l’esatto opposto di uno stato di equilibrio, si tratta, infatti, di "controllare, ma anche assecondare la dinamica evolutiva di un’idea" (C.Soddu – E. Colabella, op.cit.).
Ma come avviene la rottura di questo sterile equilibrio? Deve esserci un elemento scatenante di spinta o di rottura che stimoli il passaggio da un sistema improduttivo statico ad uno dinamico evolutivo; tale elemento fondamentale potrà essere qualsiasi cosa, "purchè capace di stimolare la formalizzazione delle richieste" (C.Soddu – E.Colabella, op. cit.) e prenderà il nome di catalizzatore in quanto capace di richiamare a sé le prime ipotesi di organizzazione, fungendo da innesco, da motore e scomparendo come componente del risultato: immaginando di identificare il catalizzatore in un coccodrillo, non sarà prevedibile come esito formale del nostro progetto un qualcosa di rassomigliante ad esso ( C.Soddu), sarà però consequenziale trattandosi di un sistema di azione dinamico e quindi impensabile senza il fattore temporale, che l’effettuare scelte contingenti e conseguentemente irreversibili "caratterizzerà univocamente e necessariamente l’individuo" durante questo tempo progettuale, acquistando in riconoscibilità.
"Il passo successivo all’innesco del progetto è quindi quello dell’attivazione della propria logica progettuale" ( C.Soddu – E.Colabella, op. cit.) che sia in grado di controllare l’evoluzione di tutto il sistema verso un obiettivo, con il problema che tale obiettivo non lo conosciamo a priori, tale logica formale è il paradigma indiziario ovvero un’ipotesi soggettiva di organizzazione non solo degli elementi/richieste esistenti, ma soprattutto di quelli a venire, ancora sconosciuti ed imperscrutabili. E’ quindi una scommessa, una sfida (C.Soddu – E.Colabella, op. cit.). Perciò progettare significa sì controllare un processo in evoluzione, ma nello stesso tempo essere aperti a cogliere le nuove domande che nascono dalle scelte compiute guadagnando in tal modo sia in qualità che in complessità , per cui inizialmente sarà necessario ipotizzare alcune qualità dell’esito possibile in assonanza all’ immaginario soggettivo di riferimento che è comunque in continua evoluzione, rispondendo successivamente a tutta una nuova serie di domande che si incontrano in itenere, per cui questo continuo interscambio tra mondo reale e virtuale creato dal progettista porterà sia a rappresentare la "pluralità dei mondi possibili" sia una "rappresentazione concreta della dinamica evolutiva dell’idea progettuale attraverso il continuo incremento di complessità dei mondi virtuali rappresentati" (C.Soddu – E.Colabella, op.cit.). Se dunque il paradigma indiziario è un’ipotesi organizzativa servono successivamente delle adduzioni ovvero delle regole procedurali che per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Questa serie di disegni è ciò che non si dovrebbe mai fare nel caso in cui si voglia progettare un oggetto dotato di proprio DNA; ed è ciò che io ho fatto in uno dei primi incontri con i prof. Colabella e Soddu, mi è stato detto che ciò che avevo percorso era una scorciatoia, avevo saltato tutto quel percorso progettuale soggettivo, di cui sopra, che mi avrebbe portato ad una serie di scenari riconoscibili come appartenenti ad una stessa specie, "perché ogni oggetto generato, pur se imprevedibile ed unico, ha un livello di qualità prevedibile, in quanto dipende non dalle singole forme utilizzate, ma dal come queste sono state generate e da come si sono evolute, dal primo imput fortemente soggettivo, verso la complessità. Ma la qualità dipende anche da quanto lunga e tortuosa è stata la loro storia virtuale." (C.Soddu – E.Colabella, op. cit.); saltando in toto questo percorso ho ignorato di dare al mio oggetto il mio carattere di progettista, ottenendo semplicemente dei modelli di scarpe assolutamente avulsi l’uno dall’altro. "In pratica, gli strumenti di controllo propri di un paradigma indiziario dovrebbero limitarsi al controllo di come procedere, come aggregare eventi, come trasformare possibilità e forme e non avere insite strutture che contengono già una risposta organizzata. Tutte le risposte prestrutturate inducono a cortocircuitare il processo, a semplificare il procedimento. E questa contrazione non è per il progettista, un vantaggio. Rischia di collocarlo, nuovamente, nella palude dell’equilibrio, del tutto già risolto (…)". (C.Soddu – E.Colabella, op. cit.)