"Il paradigma indiziario è un’ipotesi soggettiva di organizzazione non solo degli elementi/richieste esistenti, ma soprattutto di quelli a venire, ancora sconosciuti e imperscrutabili. E’ quindi una scommessa una sfida. (…)In pratica, gli strumenti di controllo propri di un paradigma indiziario, dovrebbero limitarsi al controllo di come procedere, come aggregare eventi, come trasformare possibilità e forme e non avere insite strutture che contengono già una risposta organizzata." ( C.Soddu-E.Colabella: "Il progetto ambientale di morfogenesi")

  

 

 

Avere scelto arbitrariamente l’immagine di un ponte a tre direzioni (triponte) dipende dal fatto che l’idea di appoggiare tre punti al terreno l’associo al dinamismo e questo perché, contrariamente a tutto ciò che è artificiale, l’essere umano appoggia tre punti al terreno quando è in movimento tant’è vero che camminando e correndo, come viene insegnato anche nel mondo sportivo, uno dei due piedi viene appoggiato completamente mentre il secondo è sempre appoggiato in punte dandosi il cambio col compagno man mano che si procede nel movimento, quindi i due punti di appoggio sono sempre accompagnati dal terzo punto, ciò che non avviene solitamente agli oggetti artificaiali che poggiano, il trepiedi è il minimo che un oggetto possa avere sotto di sé per essere in posizione di equilibrio, i mezzi a due ruote sono in dinamismo quando sono su due ruote e nel momento in cui si poggia il terzo punto significa essersi fermati, indica una situazione statica, se si pensa al cavalletto di biciclette e motociclette o addirittura alla gamba di chi si trova in sella che nel momento in cui ci si ferma deve potersi appoggiare per mantenere l’equilibrio e non cadere. Però questo dinamismo è su una linea orizzontale e come già ho accennato a me interessa che dagli imput ricevuti in questo muoversi ripartano effetti sulla verticalità ovvero lungo quella direzione che io arbitrariamente associo, in questo caso specifico, al rapporto oggetto-fruitore e nella fattispecie scarpa-indossatore. Per questo motivo il secondo catalizzatore mi dà delle regole affinchè si evidenzi questo rapporto, così l’appiglio del rampicante incomincia ad essere il corpo sul quale la scarpa va indossata, in modo da cominciare a costruire l’insieme della scarpa sul corpo stesso di chi la indossa ma con l’aumentare della complessità si improvvisa come appiglio tutto ciò che in qualche modo lascia questa possibilità, così entra nel gioco anche la struttura stessa artificiale secondo il concetto che ovunque il rampicante trovi dove attaccarsi esso si attaccherà senza regole precise, bensì secondo una contingenza, una "scelta", e tutto questo conduce ad un sistema di cambi di direzione, di evoluzioni, di nodi di snodi di grovigli, che non permetterebbe l’esaurirsi dell’evoluzione. Vengono individuati in questo paradigma organizzativo tre ambiti di progettazione che gerarchicamente individuo in: la parte centrale portatrice del carattere orizzontale: parte di separazione tra corpo e terra, tra sopra e sotto, tra interno ed esterno e allo stesso tempo tramite d’unione di questi elementi; la parte di appoggio individuata nei tre punti che significa ancoraggio e movimento, quindi la staticità e la dinamicità; l’elemento fisicamente morfogenetico che trova appiglio nella crescita verticale e orizzontale e che in questo intreccio diventa fautore del divenire corpo unico, senza protagonisti, tra corpo e fruitore; infine fondamentale è l’elemento umano portatore del carattere di verticalità che diventa indispensabile per la costruzione del sandalo sia fisica che simbolica, ma non da protagonista, bensì in un rapporto assolutamente paritario: nell’unirsi, entrambi, assumono un nuovo significato e diventano una cosa sola.