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2000c

LA CRISI DELLA

CITTÀ TRADIZIONALE

"Progetto di città futura di Francisco Mujica del 1917."


Come introduzione a quella parte dell’immaginario di qualità che abbiamo definito essere "la città del 2000" ci è sembrato utile riportare un paragrafo del testo citato nella nota che fa un quadro sintetico della situazione attuale delle città e affronta il problema di quali possono essere le linee di sviluppo del futuro per migliorare la qualità della città.

Di una minima parte delle tematiche trattate qui di seguito non crediamo siano così influenti sulla qualità della città ma complessivamente pensiamo che le valutazioni fatte siano da tenere in considerazione nello sviluppo della nostra idea progettuale.

"Per chi non si occupa professionalmente dei problemi urbani l’immagine della città è forse ancora legata allo spazio ben circoscritto ed identificabile di un borgo medioevale o di centro ottocentesco con la sua corona più o meno ordinata di periferie industriali e residenziali. Oggi spazi urbani di questo rappresentano l’eccezione; all’estremo opposto si collocano - ancora come casi particolari ma in numero crescente - i più estesi agglomerati di cui non si riesce neppure a calcolare il numero di abitanti, come città del Messico o il Cairo; la situazione normale è ormai quella dei grandi sistemi urbani, più o meno complessi e organizzati, in mutamento continuo e senza confini definiti, che inglobano sempre più vaste aree, mescolando insediamenti e zone non costruite che non possono più considerarsi campagna, essendo ormai omologate ed integrate nel sistema. Se è difficile delimitare fisicamente la città, altrettanto difficile è delimitarla come spazio economico, centro di gravitazione di attività e di erogazione di servizi. Il modello funzionale tradizionale, di tipo gerarchico, viene infatti sostituito da un funzionamento a rete, di tipo aperto, fondato sulla competizione, cooperazione, integrazione tra centri. Ancora più rilevante è il cambiamento sotto il profilo sociale: si è omai rotto il "patto" tradizionale tra cittadini che si riconoscevano sia pure conflittualmente in una città e ne ottenevano protezione, sicurezza, opportunità di elevazione economica e sociale, qualità della vita. La città è il luogo in cui la vita è più pericolosa ; inoltre in una situazione di forte mobilità e di forti consumi molti centri urbani perdono la propria identità, riducendosi a punti di una enorme catena di "distributori" di prodotti, informazioni e messaggi culturali standardizzati : la popolazione che si riversa sui centri maggiori (pendolari, turisti, immigrati temporanei, etc.) diviene spesso dominante rispetto ai residenti. Lo spazio urbano, ed in particolare lo spazio pubblico, è di tutti e quindi di nessuno : è ridotto a bene di rapido consumo, oggetto di politiche del contingente che rischiano di prevalere in ogni settore rispetto alle scelte a lungo termine. Questo tipo di città omologata e massificata è certamente un prodotto difficile da vendere : in un sistema fortemente competitivo non è più sufficiente che essa offra una buona dotazione di servizi, in quanto la capacità attrattiva dipende anche dalla sua immagine, dalla sua storia, dalla qualità dei suoi spazi ; la politica di riqualificazione della città diviene quindi la prima arma di un buon marketing urbano. In altri termini le grandi scelte di assetto territoriale e gli interventi diffusi di miglioramento della qualità urbana, anche a piccola scala, non appartengono a due diversi livelli di intervento, ma sono strettamente connessi in una logica moderna di sviluppo, che deve coniugare immagine e sostanza di qualità urbana. Ma questo ancora non basta. Una città non è vendibile se è scarsamente accessibile, se è troppo inquinata, se il suo retroterra è disorganizzato sotto il profilo funzionale e ambientale. In una prospettiva sempre più esigente di controllo dell’equilibrio ecologico, la città diviene il primo campo di battaglia per le politiche di miglioramento ambientale, sia perché in essa vive la grande maggioranza delle popolazioni, sia perché con i suoi costumi, le scorie che produce e le attività incompatibili che espelle, essa costituisce la causa prima dei grandi processi di inquinamento e distruzione delle risorse naturali. Se in passato, nell’epoca dei grandi disegni di sviluppo, le politiche di salvaguardia dell’ambiente si ponevano come obiettivo prioritario la conservazione dei parchi naturali, la tutela delle acque, dei laghi, delle foreste, del paesaggio agricolo, e cioè in sintesi, la tutela del territorio non urbano, come riserva naturale non ancora compromessa, oggi da un lato tutto il territorio rientra nei circuiti urbani, dall’altro sono proprio gli spazi urbani che richiedono gli interventi più urgenti, e sono le grandi trasformazioni del tessuto urbano e industriale che offrono le maggiori opportunità per migliorare le condizioni ambientali complessive dei paesi più sviluppati. Il ruolo delle politiche ambientali è quindi sostanzialmente mutato : prima era in qualche misura laterale, parallelo rispetto agli interventi di sviluppo : poi è divenuto elemento di limitazione ; ora è una componente centrale della qualità del prodotto città"(AVV. "Progetto e governo della trasformazione").


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