Untitled - Naturale ed Artificiale

"Progettare il naturale. Se il naturale viene considerato come contrapposto all'artificiale, questo progetto è quasi una contraddizione in termini. Il naturale non potrebbe essere progettato, perché il progettare presuppone l'artificio, l'artefatto, la trasformazione operata dell'uomo sulla natura in modo da dominarla, da modificarla in funzione delle sue esigenze. Da un altro punto di vista, se riduciamo il significato di naturale al concetto di verde, e come tale ad un elemento connesso ai nostri bisogni, progettare il naturale diviene sinonimo di decidere come arare il campo, o, ad un livello più sofisticato, si esplicita nell'arte dei giardini, quindi in un classico progetto di ambiente artificiale nel quale viene utilizzato il 'materiale' naturale. Ancora oggi, per molti progettisti esiste questa struttura alternativa di possibili approcci, ed il naturale, o viene visto come antagonista del proprio fare progettuale, o viene identificato come 'materiale' per la costruzione di ambienti categoricamente artificiali. Se tutto ciò è stato vero sino a pochi anni fa, attualmente si affronta il problema in modo diverso, a partire dalla progettazione genetica i cui risultati si collocano a cavallo ed artificio. .... .... Ciò ha portato a considerare possibile, prima sperimentalmente e poi anche operativamente, un approccio che esclude l'esistenza a priori della dicotomia fra naturale e artificiale. I due mondi possono non essere contrapposti ; anzi, appaiono come sfaccettature della stessa dinamica evolutiva, in definitiva affrontabile utilizzando una stessa logica operativa. Consideriamo i due sistemi, il naturale e l'artificiale, ed i relativi processi evolutivi. Ognuno di questi mondi persegue, nella propria evoluzione, una finalità comune : l'aumento di complessità. Gli ambienti naturali acquistano complessità attraverso l'evoluzione genetica; le specie naturali si evolvono accumulando potenzialità sempre maggiori di autocontrollo e di adattabilità al contesto in cui vivono. Le città crescono nel tempo acquisendo complessità formale e funzionale, gli stessi progetti di architettura, nel loro evolversi acquistano capacità di risposta multipla alle esigenze ed ai bisogni. Nell'oggetto industriale la serie di versioni successive attiva trasformazioni sequenze morfogenetiche del tutto simili, concettualmente, all'evoluzione delle specie naturali. Queste evoluzioni avvengono attraverso sequenze ripetute iterativamente di momenti di biforcazione, di scelte soggettive / casuali i cui risultati non sono definitivi, ma vengono immediatamente riproposti, nel ciclo successivo, come base per richieste ulteriori, per nuovi aumenti di capacità di risposta, di complessità. Se l'artificiale si evolve attraverso scelte soggettive ed il naturale attraverso scelte casuali, ciò non definisce uno spartiacque, in quanto sia la soggettività che la casualità interessano l'evoluzione in quanto producono un cambiamento che, nei cicli successivi, potrà rivelarsi opportuno alla soluzione dei bisogni dei singoli individui. Se pensiamo che il gesto soggettivo di un progettista sia più consapevole e pertinente di un accadimento casuale, ciò non cambia assolutamente la logica, ne cambia solamente i tempi di applicazione. Un progetto si realizza (ed acquista complessità) in tempi molto minori dell'evoluzione di una città, ma quest'ultima è molto più veloce dell'evoluzione di una specie naturale. Ciò che differenzia i processi evolutivi della natura e quelli dell'artificiale, e che appariva sino a questi ultimi anni come una differenza difficilmente superabile può trasformarsi (con gli attuali strumenti di elaborazione / simulazione a disposizione) in una semplice diversità di modalità operative. Nell'artificiale il processo evolutivo tende a ridurre i cicli ed aumentarne la complessità, agendo parallelamente e simultaneamente su svariati fronti (pensiamo alla complessità interdisciplinare di un progetto di edificio, o alla variazione di modelli di un'auto che consideri simultaneamente tutti gli aspetti di urna qualità totale), mentre nel naturale l'aumento di complessità nasce, al contrario, dalla ripetizione per periodi di tempo normalmente troppo lunghi, anche per milioni di anni, di cicli di formalizzazione che sono invece strutturalmente abbastanza semplici e legati al caso come può essere verificato dalle tracce dell'evoluzione da forme di vita semplici a modelli complessi. Il processo dinamico che ne sta alla base è comunque identico, ed il risultato è sempre un aumento di complessità. Il naturale si differenzia perché tende ad amplificare l'aspetto seriale, la ripetizione infinita, l'artificiale perché tende a ridurre il numero dei cicli ed operare parallelamente su vari piani. Se ci forniamo di strumenti che possono riproporre continuativamente e velocemente lo stesso procedimento logico di scelta in un ciclo che si ripete, il muro di contrapposizione tra progetto e natura comincia ad incrinarsi, se non a sfaldarsi del tutto ed a scomparire complessivamente. Sicuramente lo strumento che accelera la distruzione di questo confine è l'elaboratore che, paradossalmente a una struttura operativa che può simulare molto da vicino la natura: può operare per interazioni successive tendenzialmente sino all'infinito, di operazioni estremamente semplici. Rende quindi possibile organizzare, ed operare, delle sequenze progettali di tipo seriale, simili alla struttura dell'evoluzione di una specie naturale." (1)

Note :

  1. C. SODDU - E. COLABELLA, Il progetto ambientale di morfogenesi, Esculapio, 1992.


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