1. INTRODUZIONE

AL PROGETTO AMBIENTALE DI MORFOGENESI


"Le nuvole  si  muovono nel cielo dilatandosi  e  modificando all'infinito la loro immagine.
Le coste  rigenerano il loro profilo continuamente sotto l'impulso delle onde, delle correnti e delle maree, e questa lenta erosione, molto spesso, dà luogo a forme casuali  ma di incomparabile ed inusitata bellezza.
Tutto ciò è dovuto ad eventi  naturali, o meglio alla concomitanza casuale ed imprevedibile di più eventi.
Eppure, nonostante l'aleatorietà di queste sequenze, le nuvole hanno sempre la forma di nuvole, anche se spesso possono alludere ad altre forme, le rocce mantengono l'immagine di rocce.
La natura preserva la peculiarità, la riconoscibilità dei suoi singoli eventi ed elementi, anche se questi subiscono sequenze non controllabili, caotiche, di forze esterne.
Anzi, proprio questi eventi imprevedibili amplificano la riconoscibilità, la caratterizzazione formale degli elementi stessi."
(Celestino Soddu, "Città aleatorie")


 
Il nostro universo fisico non ha più come simbolo il moto regolare e periodico dei pianeti, base stessa della meccanica classica. E' invece un universo di instabilità e fluttuazioni, che sono all'origine dell'incredibile varietà e ricchezze di forme e strutture che vediamo intorno a noi. In particolare, la fisica del non-equilibrio, con la scoperta di nuove fondamentali proprietà della materia in condizioni lontane dall'equilibrio, e la teoria dei sistemi dinamici, che ha scoperto la prevalenza dell'instabilità (ossia del fatto che piccoli cambiamenti nelle condizioni iniziali possono determinare grandi amplificazioni degli effetti finali), sono le due discipline che sembra abbiano svolto un ruolo essenziale nel mutamento della nostra visione del mondo circostante.
Nella fisica classica, l'osservatore era fuori dal sistema; era colui che decideva, mentre il sistema stesso era sottoposto a leggi deterministiche; in altri termini, da un lato si aveva qualcuno che decideva, che era libero, e dall'altro i componenti di un sistema, fossero essi individui o organizzazioni, che dovevano rispettare qualunque piano del capo. (1).
I modelli di pensiero e le visioni del mondo tratte dalla fisica meccanica classica avevano introdotto la razionalità scientifica in tutte le attività umane; si credeva che la complessità di un fenomeno potesse essere ridotta alla semplicità dei suoi elementi costitutivi, applicando ovunque le relazioni di causa-effetto. Insomma si tentava di semplificare la realtà. Stiamo allontanandoci sempre più da questo modo di pensare, ovunque guardiamo, troviamo  evoluzione, diversificazione e instabilità. Lontano dall'equilibrio il sistema si adatta a  ciò che lo circonda in molti modi differenti o diciamo che più soluzioni sono plausibili per gli stessi valori parametrici. Solo il caso deciderà quale di queste soluzioni verrà realizzata. Il fatto che fra molte scelte una sola venga realizzata conferisce al sistema una dimensione storica, una sorta di memoria di un evento passato che ha avuto luogo in un momento critico che inciderà sulla sua ulteriore evoluzione. (2)
Negli ultimi anni abbiamo dunque assistito al passaggio da una concezione meccanicistica ad una cibernetica e decisamente più creativa, che ha investito tutti i campi dell'operare. Di conseguenza, anche la progettazione è divenuta un evento complesso, basato sul processo dinamico di trasformazione degli eventi.
Una volta scoperta questa possibilità di operare, essa diviene necessaria. I risultati che si ottengono nel controllo/progetto dell'ambiente, se si utilizza un approccio diretto al non-equilibrio, sono tali da rendere questo passaggio non reversibile. Diviene infatti immediatamente riduttivo e semplificante continuare ad operare solo ed esclusivamente in riferimento a stati di equilibrio. Così come avviene da qualche anno nei processi conoscitivi attuati in altre discipline, come ad esempio la chimica e la fisica, possiamo lavorare direttamente sulla morfogenesi delle forme naturali e artificiali. Possiamo studiare la dinamica evolutiva dell'idea formale con sistemi a sviluppo non prevedibile che descrivono e simulano una specifica logica progettuale. (3)
Infatti, mentre l'approccio razionale non riesce a controllare operativamente il mondo che cambia e i suoi fenomeni che si evolvono in continuazione, soprattutto se visti in un'ottica qualitativa (morfogenesi), operando con sistemi di sviluppo a carattere non prevedibile che simulano una specifica logica progettuale, possiamo analizzare tutte le forme ottenibili con gli stessi caratteri post-metafisici, ricostruendo così il codice genetico.
L'obiettivo degli anni '90 è ritrovare, trascendendo il contingente, il soggettivo ed il casuale, la dignità del progetto nella capacità di controllo logico-formale delle trasformazioni. Si opera progettualmente sul DNA della forma, lavorando sull'intercambiabilità degli individui/forma entro la medesima specie (la qualità deriva infatti dall'adattabilità). La progettazione è gestione del contingente e del casuale; la creatività consiste nel saper inserire la propria soggettività ed incoerenza come catalizzatore di processi evolutivi [...] non necessariamente previsti [...] rispetto ai quali occorre attivare la propria coerenza logica [...]. (4)
Il progetto di specie è l'attuazione di un controllo logico-formale, morfogenetico, sulle trasformazioni possibili della forma; con la definizione del codice genetico arriviamo a costruire un progetto di specie capace di produrre centinaia di individui unici ma appartenenti alla stessa specie.
La complessità è la forma stessa di una dinamica evolutiva, dipende cioè dal come si è evoluto il sistema/oggetto/progetto/ambiente che stiamo considerando.
La complessità deriva dalla storia, dalla trasformazione, anche se questi due aspetti sono necessari ma non sufficienti. Infatti il processo evolutivo deve attraversare momenti di transizione fra diversi regimi riproducendo con questa esperienza virtuale la struttura bipolare apprendimento/evoluzione propria del naturale. Questo perché sono necessari due tipi di crescita: l'accumulo degli eventi e dei riferimenti (dovuta al processo) ed il formarsi della riconoscibilità, dovuta alla crescita della capacità di autorganizzazione continua del sistema di fronte a ciò che cambia, anche bruscamente. (5).
E quanto più riusciremo a rendere complesso il nostro progetto dominandone la crescita e cambiando regime e paradigma, tanto più ne innalzeremo la qualità.
L'atteggiamento operativo adottato fa riferimento alle recenti acquisizioni della ricerca scientifica e a Thomas Khun; non è analitico, è un operare per paradigmi indiziari successivi, e per momenti di continuità (normali) e discontinuità (eccezionali).
Per progettare dobbiamo produrre un modello (intriso di soggettività); successivamente verifichiamo se questo modello risponde alle richieste e produce evoluzione; infine verifichiamo l'opportunità di proseguire il proliferare ciclico delle richieste e delle forme.
Per progettare è necessario, senza poterlo dedurre da alcunché, produrre un modello. In realtà questo modello è una summa tra i nostri desideri di oggetti del mondo reale intrisi di una forte soggettività emozionale e passionale amalgamati nel profondo del nostro mondo onirico. Successivamente verifichiamo se, e come, questo modello risponde alle richieste e produce evoluzione, riproponendo le risposte formalizzate come ulteriori domande non previste. Infine valutiamo l'opportunità di proseguire questo proliferare ciclico delle richieste e delle forme. (6)
La progettazione segue quindi un ciclo richiesta/risposta-formalizzata/richiesta in quanto ogni risposta formalizzata diviene una richiesta (ad un livello più sofisticato) nel ciclo successivo.
Il risultato di tale progettazione è costituito da un insieme di eventi complessi e formalizzati generati da obiettivi, richieste e riferimenti in continua evoluzione, inseriti in un contesto anch'esso soggetto a repentini mutamenti.
 


 
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