L’uomo ha sempre scandito
il suo tempo con i cicli e guardato alle stelle come punto di riferimento.
“…anche la mestruazione ha la durata del ciclo lunare. Questo fenomeno
fisiologico immetteva la donna in un universo ciclico condiviso dall’intero
cosmo: ciclico era il cambiamento delle stagioni, il passaggio degli astri
maggiori; cicliche erano le maree connesse con la luna, al pari della
donna, e le piene dei grandi fiumi; ciclici i venti e le grandi piogge;
così pure la vegetazione con i suoi frutti e la migrazione di molti
uccelli e il letargo di alcuni mammiferi” (29). “Il ritmo è la periodicità
percepita, si tratta della misura cui una tale periodicità deforma
in noi lo scorrere abituale del tempo… così ogni fenomeno periodico
percettibile dai nostri sensi si distacca dall’insieme dei fenomeni irregolari
…. per agire solo sui nostri sensi e li impressiona in una maniera del
tutto sproporzionata rispetto alla debolezza di ogni elemento agente…”
(30). I pitagorici pensavano che se
la vita lascia nel mondo delle forme delle tracce ritmate del proprio passaggio,
inversamente, sembra che certe periodicità d’ordine astronomico
abbiano indiscutibilmente azione sugli esseri viventi.