TERZO OBIETTIVO:

 

RE-interpretare ed essere RE-interpretati 

 

"Il metodo progettistico della Bauhaus non è tuttavia il metodo per trovare la forma giusta, la gute Form: è stimolante dei processi psichici della coscienza la forma che non si dà come data, ma nel suo formarsi, cioè nel dinamismo psichico che la produce. Non meno imporatnte del problema della forma ( Gestalt ) è quello della formazione ( Gestaltung ). " ( G.C.Argan, op. cit.) 

 

 

 

Uscito dalle mani del progettista, o dalla sua testa, un oggetto continuerà la sua storia verrà introdotto in un preciso ambiente verrà indossato su particolari figure, manipolato da precise mani e via dicendo fino ad acquisire quella unicità che farà la differenza nel confronto coi suoi simili: "tali cose non sono semplicemente presenti accanto all’uomo, ma "sono strumenti che quotidianamente usiamo per fare qualcosa" (Heidegger). Mi sono già espressa riguardo l’infinito gioco di incontri che avviene tra individui di ogni specie e di come sia questo continuo incontro-scontro a dare l’avvio a tutto, a stimolare per inventare, per pensare, per conoscere, per crescere, per fare in modo che l’esperienza di ciascuno sia diversa da quella di ogni altro, ed è per questo motivo che ponendomi questo obiettivo ho voluto concentrarmi su un particolare oggetto per vedere come potesse un oggetto inanimato crearsi una storia personale. Come può un sandalo avere una storia che non sia legata solo all’usura della suola o alla forma che assume adattandosi al piede di chi di esso fruisce? Questo è stato il mio pensiero. Tentare di pensare ad una scarpa nei termini di un essere vitale mi ha spinto ad immaginarla non più così passiva come abitualmente appare, bensì mi stimolava nell’immaginarla quasi umana nella sua capacità di forgiarsi nel corso della sua esistenza di acquistare sempre più carattere e riconoscibilità nel corso degli incontri anche indiretti che avrebbe fatto; così come ad un bambino che nasce in un punto preciso della storia in quella casa in quella città con quei genitori si associa spesso già un futuro, ma in realtà la nascita è solo l’inizio, tutte queste componenti possono certamente dare delle indicazioni di massima ma daranno solo l’avvio, perché questa persona si forgerà nel rapporto con altre persone, negli incontri e nelle scelte che dovrà compiere. Lo stesso me lo sono riproposto per l’oggetto: l’oggetto viene per eccellenza associato all’essere inanimato, morto, questo quasi a dire che l’unica parte vitale di esso risalga al momento della creazione e forse ancora nell’atto della produzione, ma una volta fatto e creato invece di continuare a vivere diventa l’oggetto inanimato di cui sopra. Perché non pensare la progettazione come l’atto di nascita, come il principio? Solo il punto di partenza per una progettazione sempre in progess, nell’atto di scelta che fa il progettista quando decide di produrre il proprio disegno passa il testimone al fruitore-progettista per cui le strade si incrociano e si dividono in continuazione, data, inoltre, la possibilità di molto maggiore agli umani o agli animali, presi nell’individualità di ciascuno elemento, di rigenerazione e di rinnovamento per cui lo scambio tra oggetto e fruitore potrebbe non concludersi con un solo fruitore dal punto di vista dell’oggetto così come la vita di un fruitore non si conclude nell’interazione con un unico oggetto.