Il paradigma indiziario, però, non può e non deve costituire un modello chiuso e definitivo, altrimenti la nostra esperienza progettuale in progress non avrebbe più modo di essere attuata. Noi dobbiamo produrre modelli aperti in grado di essere contemporaneamente i terminali di uno step di evoluzione ed il punto di partenza dello step successivo. Ogni paradigma deve contenere sia la risposta alle richieste precedenti ad esso, che le richieste per i paradigmi che lo seguiranno. Utilizzando un SECONDO CATALIZZATORE possiamo incrementare la complessità del primo paradigma con nuove relazioni e connessioni fra gli eventi di progetto, lasciando, però, la strada aperta ad altre possibili interpretazioni del:
PARADIGMA ORGANIZZATIVO.

"Ma è realmente questa la modalità che il progetto, nel suo farsi, utilizza per incrementare la propria complessità?
La reale crescita di complessità del progetto è funzione dell’acquisizione della capacità di autoriorganizzazione continua; ma questa capacità comporta la necessità di sostituire più volte, lungo la strada progettuale, un modello con un altro. E deriva anche dall’aver rispettato una regola fondamentale dell’evoluzione: ogni nuovo modello/paradigma adottato dovrà essere più disponibile ed aperto del precedente, e capace simultaneamente di rispondere (e ricordare) tutte le domande pregresse che il modello antecedente riusciva a soddisfare (quindi aumento della capacità di risposta di flessibilità ed adattività)....
...Ogni scelta, se la consideriamo come ulteriore passo verso la complessità, attraversa 3 distinti campi di pertinenza: uno relativo alle richieste di prestazione su necessità funzionali contingenti, uno che concerne la casualità e la soggettività, e l’ultimo che tendenzialmente incrementa la formazione di ordine".                                                          (C. Soddu, E. Colabella 1992)