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Le conseguenze

La strage di Portella della Ginestra commosse ed indignò gli italiani che parteciparono compatti allo sciopero generale promosso dalla Cgil, che può considerarsi l’ultimo atto politicamente unitario in un Paese ormai diviso in due blocchi contrapposti.

L’ispettore Ettore Messana inviava al Ministro degli Interni, Mario Scelba, il seguente telegramma: "Confidenti sicuri, di cui non è possibile rivelare i nomi, avevano avvertito che l’autore del delitto era stato Giuliano e la sua banda.

Non si può escludere, ma sinora, ripetesi, non è stato possibile raccogliere nulla al riguardo, che l’idea di un’azione criminosa contro i partiti di sinistra sia stata ispirata e rafforzata specialmente da qualche elemento isolato in strette inconfessabili relazioni con il bandito Giuliano".

Il maggiore Angrisani del gruppo carabinieri di Palermo, in una nota informativa giunta sul tavolo ancora di Scelba, confermava che "Azione terroristica si deve attribuire ad elementi reazionari in combutta con la mafia".

Il 2 Maggio, alla camera dei deputati si svolgeva un acceso dibattito.

L’onorevole Li Causi accusava della strage la mafia di San Giuseppe Iato, e dei paesi vicini.

Purtroppo le indagini furono compromesse dalla volontà di una parte delle forze di governo, ed in particolare dal ministro dell'interno, Mario Scelba, di escludere in partenza la pista della strage politica. Tutte le colpe furono addossate a Giuliano, malgrado il rapporto dei carabinieri indicasse come possibili mandanti, "elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali".

Seguirono un processo di primo grado a Viterbo, un processo d’appello a Roma, inoltre montagne di verbali e di istruttorie. 15 gli imputati assolti per assenza di prove, molti altri imputati, Giuliano compreso, non sono arrivati neppure ai processi o non hanno completato le fasi processuali, perché morti , spesso durante scontri con le forze dell’ordine o in altre circostanze.