5.4  CENTRO


"A Eudossia, che si estende in alto e in basso, con vicoli tortuosi, scale, angiporti, catapecchie, si conserva un tappeto in cui tu puoi contemplare la vera forma della città. A prima vista nulla sembra assomigliare meno ad Eudossia che il disegno del tappeto, ordinato in figure simmetriche che ripetono i loro motivi lungo linee rette e circolari, (...), ma se ti fermi ad osservarlo con attenzione, ti persuadi che ad ogni luogo del tappeto corrisponde un luogo della città e che tutte le cose contenute nella città sono comprese nel disegno, disposte secondo i loro veri rapporti, quali sfuggono al tuo occhio distratto dall'andirivieni, dal brulichio, dal pigia-pigia.(...) il tappeto prova che c'è un punto dal quale la città mostra le sue vere proporzioni, lo schema geometrico implicito in ogni suo minimo dettaglio." 
(Italo Calvino "Le città invisibili") 
 
 

Il mondo arcaico concepisce il mondo circostante come un micro-cosmo, al limite del quale comincia l'ambito dell'ignoto, del non formato.
Ogni microcosmo, ogni regione abitata, ha ciò che si potrebbe chiamare un "centro", ovvero un luogo sacro per eccellenza, dove, come osserva Eliade, si manifesta in modo totale il sacro. Per ciascuno di questi microcosmi è pertanto fondamentale la "creazione" del centro, il luogo in cui si manifesta un inserimento del sacro nello spazio profano, anzi, soprattutto nelle civiltà orientali, possono esistere un numero illimitato di "centri", localizzati anche nella stessa regione: ognuno è considerato e definito come il "Centro del Mondo", senza che questa pluralità crei alcuna contraddizione.
L'insieme di miti-simboli-rituali che ruotano attorno al simbolo del "centro" presenta, tuttavia, una contraddizione carica di significati profondi: una parte di essi insiste sulla difficoltà (è imposto sempre un cammino disseminato di sacrifici, fatiche e ostacoli), e quindi poi sul merito, giungere al centro; un'altra parte mette in evidenza la possibilità e la facilità di entrare in esso.
Difficoltà di arrivare a un centro, centro accessibile: balza all'occhio immediatamente come questa affermazione bene si conformi al concetto di labirinto. Infatti proprio nel centro - rottura di livello per eccellenza, spesso simboleggiata dalla scala - hanno luogo i riti di "ascensione", ovvero l'iniziazione del neofita. Così il labirinto, proprio per la presenza del centro, ha assunto anche questa valenza iniziatica di percorso/progressione - che avviene sempre per gradi, il numero dei quali ha un valore decisamente magico - verso l'acquisizione del sapere, verso il "mysterium tremendum".
Ma che cosa è racchiuso nel centro? Sempre un quid numinoso, talora un mistero impronunciabile, un "arrheton"; la divinità, o anche il Mostro (ad esempio il Minotauro). Comunque nel centro si trova sempre ciò che si vuole trovare: "nosce te ipsum", ovvero: l'ultima conoscenza è quella del sé, la comprensione completa del proprio io; il "deus absconditus" o Mostro, cioè se stessi - "1'homme, monstre incomprehensible", come dice Pascal.
Il centro, cioè la fine del viaggio, si configura come il "luogo" che fornisce la spinta e la motivazione principale del partire; è il solo punto dove l’uomo si sofferma e prende posizione come essere razionale nello spazio, presuppone quindi anche una sosta, un momento di riflessione, di meditazione. Può essere raffigurato come un "interno" in contrasto con l’"esterno" che lo circonda; ad esso ben si adatta l’idea di una forma rotonda : il cerchio - il significante geometrico del centro - ha condizionato dottrine teologiche, cosmologiche, psicologiche, utopistiche, urbanistiche e geografiche, diventando così una delle radici della tradizione del pensiero occidentale. I caratteri di chiusura e di centralizzazione contribuiscono a formare un concetto esistenziale più concreto, quello di "meta" (elemento primario dello spazio esistenziale). Il centro si pone come il termine di un percorso, sia esso interiore/spirituale o reale/materiale; è cioè punto di arrivo e nel contempo "luogo" di conferma, per il viaggiatore, della sua propria identità. Conferma che si manifesta nel momento stesso in cui riesce ad arrivare alla meta del viaggio, cosicché la "fine" del viaggio diviene il "fine" del viaggio stesso. Perciò questo "luogo" - accezione spaziale del centro - e questo "momento" - accezione temporale della fine - sovrapponendosi, costituiscono l'elemento essenziale attraverso cui prendere coscienza della conoscenza della realtà ambientale: spazio vissuto, quindi "consumato" e pertanto acquisito alla propria psiche. In sostanza diviene centro ogni luogo geograficamente concretato nella realtà del vissuto. Arrivare significa allora giungere ad un centro che rappresenta la momentanea creazione di un "ordine" del mondo, che traccia un netto confine fra luoghi contenuti/posseduti e le categorie dell'estraneità.
Oltre che come "mete", i centri possono configurarsi anche come punti di partenza verso la scoperta di nuovi ambienti.
E’ significativo il fatto che spesso il centro spesso venga immaginato e concepito proprio come un luogo geografico: la vetta di una montagna, il punto di arrivo di una peregrinazione in pianura, oppure una caverna o un luogo sotterraneo.
 

 
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