4.5  PARCHI E GIARDINI


 
 Fig. 46: Giardini pensili di Babilonia.     
 
Celeberrimi furono i giardini di Ninive e di Babilonia, detti una delle meraviglie del mondo: erano sospesi su terrazze artificiali sostenuti da pilastri e volte. 
Sarebbero stati costruiti da Nabucodonosor II tra il 604 ed il 562 a.C.
 
  
 
"Boschi ove alberi generosi stillavano balsamo e resine profumate, altri da cui dondolavano lievi frutti bruniti, dalla scorza dorata, vere erano le favole delle Esperidi, se mai furono vere, qui soltanto..."  
(John Milton) 
 
Il giardino può essere definito come quella porzione privilegiata del paesaggio dove si incontrano natura ed artificio. Solitamente è costruito su di una struttura portante fatta di rapporti spaziali funzionali e precisi simbolismi. Ogni giardino rappresenta più o meno palesemente la metafora del Paradiso Terrestre con tutti i suoi corollari (l'axis mundi, il giardino delle delizie, etc..)
 
 
La concezione dell' "hortus conclusus", teorizzata dal Marziale di Alberto Magno, scaturisce dalla tensione verso una bellezza ideale di natura, specchio di superiore perfezione. Nel recinto degli alberi, scelti secondo significazioni di vita perenne (la vite), e intorno ad una fonte centrale che allude a sua volta ad un'altra vita, si distribuisce la gioiosa festa cromatica dei fiori, simbolo dell'Eden ritrovato.
 
     
 
 Fig. 47: Villa Lante, Bagnaia. 
 
 Fig. 48 : Giardino di Villa d'Este, Tivoli, incisione in rame, 1573 
 
lI giardino del Rinascimento, costruito a ripiani su un terreno collinoso, secondo linee di grande solennità: villa e giardino formano un tutto unico, in cui il "costruito" predomina sul piantato, mentre le masse arboree e gli elementi decorativi mirano al grandioso. 
 
 
 
 Figg. 49-50: Parco di Bomarzo: la faccia del tempo - Spelunca Aevi 
 
 
Nel Cinquecento accanto all'ordine della città come teatro del mondo emerge in trasparenza il "bestiario alchemico" del "sacro bosco" di Bomarzo: l'artificialità urbana rivela le forme fantastiche della natura, erigendo mostri e figure iniziatiche - rappresentazione del "luogo" che la città rimuove come "sicurezza" contro l'altro, contro l'inferno - e sconvolgendo così gli equilibri dell'abitare, dell'essere. La geometria della casa si fa inclinata, ingannevole, folle. Il Parco cinquecentesco di Bomarzo rappresenta per noi l'esempio più riuscito di percorso di "scoperta", di meraviglia, di avventura (anche di paura); gli episodi si dispongono lungo il cammino come una storia fantastica. Ciò che accade lungo la via  contribuisce ad accrescere la tensione  del percorso. Il luogo è pieno di fascino e di intrigante sensualità, di citazioni misteriche, cultura mitologica e simboli iniziatici; ricordiamo che  il Sacro Bosco è stato creato dalla fantasia, dai sogni e dalla passione simbolica del duca Vicino Orsini tra il 1552 e il 1580.
 
 
 Figg. 51-52: Parco di Bomarzo: figura femminile con ali di pipistrello - la casa pendente   
 
"Tu che vieni in questo luogo, raccogliti e dimmi se simili meraviglie siano illusione o arte". (iscrizione, Bosco di Bomarzo)   

"Chi questo luogo percorre senza spalancare gli occhi non può guardare con stupore le sette meraviglie del mondo". (iscrizione, Bosco di Bomarzo)

 
 
  Figg. 53-54: Disegni di labirinti verdi unicursali di Vredeman De Vries (1583) 
 
In Francia il labirinto da giardino, detto "Maison Dédalus", ha forma prevalentemente circolare. Probabilmente il labirinto domestico simboleggiava il percorso che le dame dovevano compiere per stare vicine, moralmente, ai mariti partiti per le crociate. Una tipologia diffusa tra il 1550-1560 era quella del labirinto d'amore, formato da siepi disposte a cerchi concentrici. Al centro del labirinto vi era un chiosco che spesso era edificato attorno ad un albero, simboleggiante l'albero della vita; talvolta, soprattutto in occasione delle feste primaverili, il chiosco poteva essere adornato da ghirlande e frasche. Il labirinto d'amore aveva dunque una connotazione erotica, ma ricordava anche il giardino dell'Eden.
 
 
 Fig. 55: Johan van de Avelen,  labirinto d'amore 
nel parco del castello di Sorgvliet presso l'Aja,  metà secolo XVII   
 
 
Fig. 56: Pianta per il grande giardino  del castello di Luigi XIV a Versailles
disegnato da André Le Notre     
 
 Fig. 57:Labirinto di Choisy di Le Rouge, 
tratto dalla "Theorie du jardinage", 1709 
  
 
Nel 1500 il labirinto aveva una forma estremamente simmetrica e regolare; nel 1600, assecondando il gusto barocco del sontuoso e dello stravagante, diviene irregolare, asimmetrico e bizzarro. Il percorso labirintico viene curvato in linee sinuose, seguendo così la moda corrente che proponeva le forme del riccio e della voluta; lungo il tragitto si incontrano statue, vasi, panchine e fontane; al centro si vedono le cose più strane: pergole, tempietti, mostri, specchi... 
Il progetto di giardino formale, sperimentato da Le Notre a Vaux-le-Vicomte, e ampiamente realizzato a Versailles, rappresenta un'intervento sulla natura a scala territoriale, e la sua riduzione a pura astrazione geometrica e cartesiana di "cosa mentale".  
Le Notre insiste sugli effetti di prospettiva in senso orizzontale, che prolungano le visuali attraverso grandi distanze.   
Sono numerose le cascate e i giochi d'acqua; i prati si ornano di aiuole, parterre, che esprimono stilisticamente il piano. 
 
 
 
Il secolo dei Lumi segna un  ritorno al paesaggio arcadico, a quello greco-romano e alla mitologia. 
Si diffonde un nuovo mito di una bellezza di natura caratterizzata dall'irregolare  e dall'insolito. La violenza alla natura viene respinta in nome della qualità e della bellezza delle componenti naturali, che devono restare libere e non pregiudicate da una componente "picturesque".  
E' il giardino "romantico" per eccellenza, senza regole geometriche definite e di composizione, copia perfetta, anzi migliorata, della natura. 
La principale fonte di ispirazione del giardino paesaggista è la pittura del paesaggio romano, largamente presente nelle opere di Claude Lorraine e Nicolas Poussin.
 
 
  Fig. 58: Repton,  acquerello di sistemazione paesaggistica   
 
  Fig. 59: Parco settecentesco di Stourhead,  sistemazione di Hoare ispirata a Virgilio, illustrazione di Claude Lorraine 
   
 
 
 Fig. 60: Kyoto, giardino delDaitoku-ji, 
architettura zen, 1319   
  
 
 Fig. 61: "L'imperatore Babur dirige  
la costruzione di Bagh-i Vafa",  
miniatura persiana, XVI secolo
 
I giardini cinesi e giapponesi tendono a configurarsi come una sorta di "paesaggio concettualizzato" che si basa sulla dialettica di montagna ed acqua, ispirata dal pensiero taoista; l'opera dell'uomo tende a celarsi,perchè appaia come risultato di accidenti naturali imprevisti. All'interno di un sinuoso recinto, pietre scanalate di forme diverse e ruscelli, cascate, laghi orientano il percorso dei sentieri e la distribuzione d'alberi e fiori secondo un disegno che esalta la libertà creativa del giardiniere, pur nel rigoroso rispetto dei significati simbolici connessi alla qualità e alla combinazione degli elementi compositivi. La principale preoccupazione dei creatori di questi giardini era il perfetto bilancio fra le varie componenti da calibrare in una serie di relazioni filosofiche.
 
  
 
Il giardino islamico è caratterizzato da una recinzione severa, dall'abbondanza lussurreggiante della vegetazione e dalla ricchezza delle acque distribuite in canali, bacini, laghetti e scroscianti in cascate. I padiglioni e i chioschi sono disposti in sequenze ordinate , spesso digradanti in terrazze, da una rigorosa organizzazione architettonica. 
 
 
 
 Figg. 62-63: Parco Guell, progettato da Gaudì, 1900 circa; 
arcate sorrette da colonne inclinate; colone culminanti con vasi di fiori. 
 
Parco costruito da Antoni Gaudì fra il 1900 e il 1914. L'incontro tra il geniale progettista catalano e l'estroso industriale Eusebi Guell ha generato un complesso giardinistico estremamente affascinante e divertente. Su una pendice collinare alla periferia di Barcellona, Gaudì ha costruito una serie di percorsi, terrazze e grotte artificiali utilizzando tutto il suo migliore repertorio espressivo: l'uso disinvolto delle forme architettoniche, del mosaico policromo e di allusioni simboliche fanno del parco un intrigante unicum nella storia della paesaggistica mondiale.
 
 
 
Figg. 64-7: Parco di sculture di Villa Celle, Santomato di Pistoia;
artisti: Beverly Pepper, Michel Gerard, Inoue Bukichi, Alice Aycock.
 
 Figg. 68-70: Parco di sculture di Villa Celle, Santomato di Pistoia;
artisti: Alberto Burri, Robert Morris, Magdalena Abakanowicz.
 
Queste immagini documentano un parco caratterizzato originariamente da un impianto romantico che è stato "attualizzato": il parco di sculture di Villa Celle infatti può definirsi unico per la rappresentazione del rapporto culturale tra uomo e sito e per l'appassionata ricerca di un punto d'incontro fra arte e territorio. La presenza delle opere artistiche è studiata per le relative implicazioni sul luogo. 
 
 
 
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